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Famiglia & Minori

Usura, anatomia di un dramma

Al Sud è legata alla criminalità organizzata, al Nord ai colletti bianchi e all’evasione fiscale. In esclusiva uno studio che fa luce su un fenomeno nazionale

di Mirella Pennisi

Quasi 62 mila miliardi di fatturato annuo. Almeno 500 mila imprenditori a rischio. Foggia al primo posto, ma è Milano a detenere il record della circolazione del mercato nero del denaro, e Potenza è la città dove il sistema bancario è più lontano e inaccessibile per i piccoli imprenditori. Ragusa, invece, la provincia dove la situazione socio-economica è più insopportabile. La vecchia cara sporca Italia è ormai un libro aperto e tutto questo lavoro è stato fatto solo per poter valutare con un minimo di scientificità un fenomeno di cui tutti parlano, ma che nessuno conosce: l?usura. «Abbiamo cercato un metodo scientifico capace leggere un fenomeno occulto e di coglierne i mutamenti, la dislocazione geografica, la dinamica invasiva». Il professor Maurizio Fiasco, sociologo e consulente della commissione Antimafia, è certo di averlo trovato. Si è mosso per quattro anni nel mare magnum delle statistiche delle questure, delle carte bancarie, delle osservazioni delle Camere di commercio, nei dati socio-economici di Regioni, Provincie e Comuni. E alla fine? «Abbiamo scelto 30 variabili. Non solo quelle che ritenevamo indicassero in modo più diretto il fenomeno, ma anche quelle su cui potevamo essere certi di avere numeri indiscutibili. Con questi abbiamo cercato di valutare il contesto nel quale si muove quella parte della società che in Italia è il tessuto economico principale, ma anche il più abbandonato e a rischio usura, ovvero l?impresa individuale (l?80 per cento delle aziende italiane)». Non basta parlare di denunce Dodici ?indicatori? criminologici, le denunce, gli arresti e le condanne per usura («i più diretti, ma non esaurienti come tutti sanno»), poi i denunciati per mafia, estorsione, truffa, gli attentati dinamitardi, gli incendi, i furti. Poi i dati riguardanti la vitalità economica di un determinato territorio: il valore aggiunto pro capite, le imprese decedute, gli ingressi, i fallimenti, i depositi bancari, l?evasione fiscale. Infine i dati finanziari, ovvero il credito legale, lo scoperto di conto corrente, i fidi, le sofferenze, gli assegni a vuoto, i protesti. «Tutti questi dati confrontati ci hanno dato la dimensione del mercato dell?usura, la distribuzione territoriale e la tipologia». Così su 91 province, 66 superano la media nazionale. Foggia al primo posto, è vero, e le prime dodici città sono del Sud, ma al tredicesimo c?è Lucca. Se poi guardiamo questa stessa classifica escludendo le variabili sulla criminalità organizzata, scopriamo che è Bologna la prima per l?usura del vicino di casa, o quella in colletto bianco, poi Ravenna, Sondrio, Udine. Foggia vola al 63esimo posto. E se è vero che Milano è al primo posto per il giro sporco del denaro, le variabili rivelano che non è di usura che parliamo ma di evasione fiscale. «Molte di queste cose le sapevamo», spiega Fiasco. «Ciò che abbiamo scoperto è che il popolo degli usurati è grande ma stabile, gli ingressi sono diminuiti dal 1995 dopo la grande dilatazione cominciata nel ?92. Nel ?96 cominciano a essere visibili i segnali di una diminuzione di affluenza e di un aumento delle uscite. Poche, certo, ma ci sono. In seguito alle attività del volontariato se ne contano alcune centinaia che si perdono nel mare degli indebitati». Le responsabilità delle banche La Banca d?Italia conta nel 1996 almeno 700 mila piccoli imprenditori ai quali è stato rifiutato il credito. Si può dedurre che questo sia il numero delle famiglie a rischio usura. «L?esigenza di ricorrere al polmone bancario è primaria per ogni impresa, così laddove questo polmone si chiude l?offerta illegale di denaro diventa vantaggiosa». A Bolzano il credito medio concesso alle imprese individuali è di 92 milioni annui, a Caserta 8, a Caltanisetta meno di 7. «La politica dell?azienda banca è distorta dove l?erogazione del credito ha servito la politica, le clientele e la criminalità a scapito delle imprese fuori dal gioco da valutare attraverso criteri economici». È un sistema che ha portato, per esempio, la Cassa di risparmio Calabria e Lucania alla perdita della proprietà. Il Banco di Napoli ha almeno 300 conti correnti di inquisiti per camorra. In questo caso la banca è causa indiretta dell?usura, ma ci sono situazioni in cui è causa diretta d?usura? «Sì nella concessione dello sconfinamento. La banca non concede un fido ma permette al di fuori di ogni regola di ?andare sotto?. Poi all?improvviso chiede al cliente di rientrare nel giro di 72 ore per esempio. E succede molto spesso». Quando parliamo di conto corrente, parliamo però di usura della famiglia, non più dell?impresa. «E la cosiddetta usura dei poveri che esiste ed è diffusa, anche se è ancora un segmento di mercato marginale. La cosa interessante è che la troviamo ovunque, a Modena, per esempio, nota provincia ricca. E questo ci dice della presenza di sacche di povertà estrema». Sulle quali è però molto difficile intervenire. Lo Stato si mostra indifferente «Quel popolo di usurati che abbiamo detto stabile numericamente parlando, è però in lenta e inesorabile discesa nella disperazione, si rende così sempre più difficile il salvataggio. Non muoiono soltanto le imprese, si rompono i legami familiari. Si arriva a soffrire la fame in forme che normalmente non immagineremmo…». La malattia si cronicizza e diventa incurabile, così l?unica speranza rimane le prevenzione. «No. Non possiamo mollare. Dobbiamo arrestare il flusso, e questo in fondo sta succedendo. Ma dobbiamo buttare giù le mura del ghetto. Ma quando leggo che la Commissione che deve analizzare le domande per il fondo di solidarietà (della legge contro l?Usura approvata nel 1995, ndr) ne ha prese fino ad ora in considerazione solo 62 e ne ha evase 4 o 5, mi rendo conto che il messaggio dello Stato è di assoluta indifferenza verso chi paga costi umani insopportabili». Ma non è solo colpa dello Stato. Esiste una Polizia che non indaga, una magistratura che non sa operare. Non soltanto un sistema finanziario ed economico esposto. «Per questo la ricerca non finisce qui. Abbiamo valutato la dimensione, la seconda parte cercherà di analizzare, attraverso lo studio di mille casi giudiziari, la risposta degli organi di giustizia. E la terza parte vaglierà le conoscenze accumulate dell?associazionismo che da solo in questi 6 anni ha lavorato per arginare il fenomeno». L’opinione Credito inaccessibile Sicuramente la legge sull?usura, pur in modo molto lento (manca ancora, infatti l?Albo dei mediatori, fermo da troppo tempo al Consiglio di Stato) si sta applicando e ha sicuramente portato un?attenzione delle famiglie sui tassi e sull?accesso al credito. Questo era uno degli obiettivi, visto che la legge sulla trasparenza bancaria non è applicata. Ma l?attenzione non basta se non è supportata dalla capacità di gestire il proprio bilancio familiare. Ci siamo resi conto in questi anni infatti, gestendo il sovraindebitamento di almeno 200 famiglie e scoprendo ?come? queste siano arrivate a una posizione tanto critica, che spesso le persone hanno le risorse ma non sanno come utilizzarle, non conoscono i meccanismi del credito, i propri diritti, lo spazio delle regole all?interno del quale possono muoversi. Da questa percezione le nostre proposte. Siamo partiti da Milano lanciando a giugno due proposte: la prima, nella quale abbiamo coinvolto anche l?associazione italiana dei banchieri, è quella dell’istituzione di un luogo, istituzionale ma non statale, dove gestire l?indebitamento delle famiglie e delle piccolissime imprese. Negli Stati Uniti, ma anche in Europa, in Francia, in Germania, esistono delle commissioni rappresentative del mondo bancario e finanziario, delle imprese e dei consumatori, dove è possibile trattare sull?eccesso di indebitamento, rivendendo un piano di rientro adeguato per il reddito reale della famiglia. La seconda proposta riguarda la prevenzione, il nostro vero obiettivo. Stiamo infatti lavorando alla preparazione di ?consulenti familiari?, professionisti che possano insegnare alle famiglie l?uso proficuo delle proprie risorse.

Donata Monti, segretaria generale Adiconsum


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