Leggi & Norme

Sussidiarietà libera tutti

L’Autorità per il Terzo settore? «Il sistema italiano è sin troppo affollato di Authority.

di Edoardo Patriarca

«Noi lo leggiamo Vita, ci piace molto. Il Presidente la riceverà tra poco». Dall?anticamera della Camera, Massimo Isola smentisce con un sorriso il più comune tra i luoghi comuni democratici, quello sui commessi di Montecitorio. Ma chi l?ha detto che sono superpagati e svogliati? Dieci minuti dopo infatti, Luciano Violante ci invita a posare il paltò sul divano barocco del suo ampio ufficio. Cinquantanove anni, magistrato sino al ?79 quando è eletto deputato, Luciano Violante è presidente della Camera dal 10 maggio 1996. Negli ultimi tempi nessuno meglio di lui ha definito la sussidiarietà. In un recente convegno ha sostenuto che il cittadino «non chiede indicazioni ideologiche, ma spazi di autonomia reale e risposte concrete a problemi concreti». Ha detto anche: «Il vecchio Stato programmatore esigeva fedeltà; il nuovo Stato incentivante esige responsabilità. In questo modo si costituiscono le premesse per le due grandi libertà: la libertà di agire e la libertà dal bisogno». Qualche mese fa le furono consegnate un milione e 400 mila firme di cittadini che invocavano riforme all?insegna della sussidiarietà. Quanto sente importante questo mandato? Io ritengo che la sussidiarietà, sia orizzontale che verticale, debba diventare una caratteristica del moderno sistema democratico. Nel passato il sistema italiano aveva una struttura di carattere piramidale, con lo Stato – inteso come poteri centrali ed istituzioni politiche – al vertice e la società civile nei gradini inferiori. La società era dipendente ed irresponsabile; il potere pubblico era onnipotente, ma a sua volta irresponsabile. Ora la piramide, per un complesso di fattori, tra i quali la maggiore forza della società civile, si è sgretolata e siamo in una società orizzontale, a rete, nella quale ciascun soggetto – cittadino o istituzione – ha un carico equilibrato di diritto e di doveri, di facoltà e di responsabilità. Nel nostro tempo ciascuno deve avere la possibilità di organizzare la sua vita e il suo futuro in piena autonomia, ma, se non ce la fa deve intervenire il soggetto pubblico per aiutarlo a rimettersi in cammino. La sussidiarietà è dunque uno strumento che elimina l?idea di uno Stato programmatore e comincia a creare l?idea di uno Stato incentivante, che aiuta a farsi strada ma non impone la strada da percorrere. Come intende promuovere questo strumento in termini pratici? Innanzitutto cercando di far maturare la riflessione politica su questo tema in modo che la sussidiarietà possa essere introdotta nella prima parte della Costituzione. Poi, più concretamente, noi teniamo due volte l?anno una conferenza interistituzionale per verificare la qualità delle leggi tanto con chi le produce, quanto con chi le applica, quanto, ancora, con chi deve osservarle. Proprio a quest?ultimo scopo abbiamo invitato il Consiglio Nazionale dell?Economia e del lavoro (Cnel) a coinvolgere i responsabili del Terzo settore per avere anche il loro punto di vista su questa materia, considerandoli interlocutori privilegiati così come si è già fatto sul piano di concertazione. E comunque…. Comunque? Comunque c?è una sussidiarietà già realizzata. Per esempio la prima legge Bassanini stabilisce nell?articolo quattro che l?attribuzione di responsabilità pubbliche viene devoluta all?autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati, anche al fine di favorire l?assorbimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie e delle associazioni delle comunità. Quindi, il principio è già entrato nell?ordinamento giuridico. Credo che comunque sia giusto fissare il principio di sussidiarietà nella parte generale della Costituzione, per orientare il rapporto tra pubblico e privato. Cosa resta da fare, quindi? Credo che in un nuovo modello di democrazia, che sia competitiva con gli altri paesi non solo sul piano, assai importante, del prodotto interno lordo, ma anche per la quantità di libertà e di progresso civile, la sussidiarietà debba essere il grande strumento per realizzare questi obiettivi. La sussidiarietà consente di superare tanto il paradigma liberista, sempre in agguato, che schiaccia i più deboli, quanto le nostalgie per una solidarietà priva di responsabilità, buona a raccattare clientele politiche ma non a democratizzare la società. La sussidiarietà tiene insieme, in un giusto equilibrio, libertà e solidarietà. Ne è davvero convinto? Sì, anche perché nel nostro carattere nazionale c?è un gene di individualismo democratico, che è anche voglia di fare, creatività, desiderio di costruire senza impacci. Con la sussidiarietà ciascuno ha il suo spazio e il suo modo di realizzarsi. Naturalmente c?è più responsabilità; ma questa è una virtù della sussidiarietà non un suo vizio. Il prestito d?onore, i patti territoriali, i contratti d?area vanno tutti in questa direzione. Io Stato ti metto degli strumenti a disposizione, tu usali. Moltissime giovani imprese sono nate così, quindi ho l?impressione che al di là delle parole, la società e il sistema politico si stiano concretamente evolvendo verso la sussidiarietà. Eppure, nonostante i suoi convincimenti, i passi che ha ricordato, non si può non registrare un grande ritardo in un? Italia in cui i cittadini, più che protagonisti, continuano ad essere guardati come oggetti di tutela. Io sono convinto che la sinistra sta cancellando i residui di una visione eccessivamente statalista. Una visione, che occorre ricordarlo, nasceva in un Paese in preda alla miseria, alla povertà e che perciò chiedeva ai poteri pubblici interventi dirigisti, in grado di risolvere questa situazione. La ricostruzione dopo la guerra non si sarebbe mai fatta senza un forte soggetto pubblico. Si tratta adesso di adeguare questa impostazione, cosa che in parte è stata fatta, sebbene nelle culture complessive della sinistra ci sia ancora un certo sospetto perchè si confonde, credo, sussidiarietà e liberismo. Un errore da manuale. Peraltro nella destra c?è un grande equivoco quando si ritiene che sussidiarietà sia sinonimo di liberismo, mentre è il suo totale superamento. Entrambe le parti devono sciogliere i propri grumi: gli uni il sospetto irragionevole, gli altri il favore immeditato. La sussidiarietà non c?entra né con lo statalismo, né col liberismo. Si tratta piuttosto di una nuova visione dei rapporti cittadino-stato, cittadino-potere pubblico. A proposito del rapporto tra cittadini e Stato, il Terzo settore attende da due anni l?istituzione di un?Authority, prevista da una legge dello Stato, e necessaria al patto di fiducia che lega il cittadino che dona alle associazioni. Non posso intervenire nel merito della questione specifica ma un ragionamento è doveroso farlo. Mi sembra che il sistema italiano sia sin troppo affollato di Authority. Anche per questo ho chiesto alla Commissione affari costituzionali di condurre un?indagine conoscitiva, che sarà conclusa tra poco, sulle autorità già esistenti. Ma rimane il problema del Terzo settore, di un organismo di controllo e di indirizzo… È mia personale opinione che più di un?autorità, sia necessario definire quale sia lo statuto del Terzo settore, non per imbrigliare il Terzo settore ma per stabilire i diritti e i doveri di chi ci si muove. Perché nessuno è beatificato in partenza, le beatitudini si guadagnano nel corso della vita. Che vuole dire? Voglio dire che si tratta di vedere quali sono i criteri per stabilire se un attività appartiene davvero al Terzo settore; se davvero merita questa qualifica o è una pura, e peraltro legittima, attività di mercato. Perciò credo sia necessaria una riflessione sulle caratteristiche proprie del Terzo settore. Altrimenti si rimane nella vecchia logica dello strappare pezzi di benefici, anche giustificati, ma al di fuori di una logica di sistema. Una domanda all?uomo di sinistra. Crede che la sinistra abbia vissuto una maturazione rispetto a questi temi? Credo di sì. Pensi al volume delle liberalizzazioni, alle leggi Bassanini, all?alleggerimento del peso della pubblica amministrazione, dall?autocertificazione allo sportello unico. La rottura con l?esperienza e la tradizione comunista è stata profonda e sincera. Ma guarderei anche al sistema politico italiano e alla società italiana. All?inizio di questo decennio (1990) eravamo nel disastro più totale – una classe politica crollata sotto il peso dei processi per corruzione, debito pubblico alle stelle. Alla fine del decennio siamo entrati nella moneta unica europea, stiamo risanando il debito pubblico, abbiamo ridotto l?evasione fiscale, siamo in piena ripresa economica. L?Italia nel suo complesso è andata avanti. Ebbene? In questo decennio l?Italia ha dunque costruito. Si può e si deve costruire ancora. Ma mentre le biblioteche sono piene di analisi dei nostri vizi, bisogna forse risalire a Gioberti per trovare un libro dedicato alle nostre virtù. Voglio dire che è arrivato il momento di parlare bene di noi, anche per capire perché non siamo crollati sotto il peso di quei vizi; per capire come mai abbiamo ricostruito l?Italia in pochi anni dopo il disastro della guerra, abbiamo battuto i terrorismi, abbiamo trovato e condannato gli assassini di Falcone e di Borsellino; come mai abbiamo risanato la voragine del debito pubblico lasciataci dagli anni Ottanta, siamo la sesta potenza economica del mondo ed il quinto paese esportatore al mondo. Io parlo di noi, dell?Italia e degli italiani, non di questa o di quella forza politica. Le associazioni di solo volontariato erano 8000 nel 1990 ed oggi sono oltre 12000. Tutte le realtà associative presenti in Italia ammontano oggi a 25.000: abbiamo cioé un?associazione ogni 2200 abitanti. Il Terzo settore, infine, con i suoi 690.000 occupati, di cui 110.000 creati nel solo triennio 1996-98, con 9,5 milioni di cittadini associati, più del 16% dell?intera popolazione italiana, dimostra che la nostra società civile è creativa e merita fiducia. Il Terzo settore è nato come una pianta spontanea… Verissimo, e forse sta proprio qui la sua forza… È la sua forza, certo, ma probabilmente anche l?origine di una certa ambiguità, ambiguità almeno nella percezione che settori della politica hanno del Terzo settore. Non si capisce ancora se esso sia una manifestazione di un istinto liberista o di un istinto solidale della società. Probabilmente è una nuova cosa, che non sta né con gli uni né con gli altri, e così io auspicherei una correzione, l?arricchimento di categorie interpretative tanto da una parte che dall?altra. Auspicherei che tutti sciogliessero gli ultimi residui di perplessità e dubbi, perché questo aiuterebbe anche a far la legge sul federalismo. Lì però c?è un problema. Un problema specifico, perché molti ritengono di risolvere il problema generale della sussidiarietà nella legge sul federalismo. È la solita tentazione di prendere il primo treno che passa senza chiedersi dove va e se non ce ne sia un altro che porti ad una migliore destinazione. E questo è sbagliato, la sussidiarietà non è il decentramento del potere. Il federalismo riguarda il rapporto tra regioni, comuni, provincie, cittadini. Invece il principio di sussidiarietà è altra cosa, è un carattere costitutivo della società, rientra nei principi generali. Io mi permetterei di dire: diamo al federalismo ciò che è del federalismo, senza aprire una nuova inutile guerra ideologica, e inseriamo invece il principio generale di sussidiarietà nella prima parte della Costituzione. Che ne dice?


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