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Don Milani, tanto amore e tante liti

I gruppi che si disputano il patrimonio spirituale del grande prete-maestro e una breve bibliografia

di Giampaolo Cerri

Don Milani continua a far discutere. Anzi a far litigare. A trentaquattro anni dalla sua scomparsa (avvenuta il 26 giugno del 1967), non è tanto il suo pensiero a dividere o a contrapporre, ma la sua eredità. Entro l?anno una fondazione che porta il suo nome sorgerà a Firenze: «per valorizzarne e renderne fruibili le opere», dice Michele Gesualdi, figlio adottivo del priore (che lo prese con sé a Calenzano negli anni ?50 con il fratello minore Francesco, ndr). Il comitato promotore è già al lavoro ed ha coinvolto enti locali, università, molti ex-allievi di S. Donato a Calenzano (dove Milani diventò sacerdote nel ?47) e di Barbiana, rappresentanti dell?associazionismo e dell?arcidiocesi: entro l?anno dovrebbe dar vita alla fondazione vera e propria. Ma è proprio la futura istituzione a far discutere, a riportare alla luce le differenti sensibilità fra gli allievi e fra gli studiosi, se non addirittura le diverse eredità milaniane. Fra i più critici lo scrittore Giorgio Pecorini che, come giornalista dell?Europeo, frequentò a lungo Barbiana e che, negli ultimi anni, ha pubblicato un paio di libri sul priore. «La fondazione?», dice dal suo buen retiro nelle campagne senesi, «so solo che si propone di ?valorizzare i luoghi milaniani?. Proprio quanto Gesualdi aveva sempre dichiarato di non voler fare. Ci mancava solo Barbiana ridotta a santuario. Tra l?altro la villa di Montespertoli in cui Milani si convertì e che la fondazione vorrebbe inserire in un ?percorso culturale? oggi è un agriturismo specializzato in banchetti nuziali. Insomma», conclude, «mi sembrano cose squallide, malinconiche, nelle quali non voglio entrare». Michele Gesualdi, dopo una lunga militanza sindacale, è sceso in politica e presiede la Provincia di Firenze. Non è un tipo che parli per perifrasi e la sua ruggine con Pecorini è antica: «Farebbe bene a stare alla larga da don Lorenzo», avverte, «lui gli intellettuali li ha sempre scacciati. Comunque non ha capito niente: una cosa è la valorizzazione dei luoghi milaniani, intesa come approfondimento della sua opera, un?altra è evitare che quei luoghi diventino mercato nel tempio, una battaglia questa che ho sempre condotto da solo». Nessun Barbiana tour, anzi. «È per la mancanza di una tutela che è potuto accadere che qualcuno abbia persino prelevato il registro dei visitatori del cimitero, facendo un libro dei pensieri della gente venuta a pregare sulla tomba di don Lorenzo». Gesualdi è un torrente in piena: «La fondazione servirà proprio a questo: tenere alto il messaggio di un uomo entrato nella storia, un uomo di Dio», assicura, «la nuova istituzione quindi come garante contro le speculazioni, contro le mercificazioni dei molti, incluso Pecorini, che hanno cercato di strumentalizzare don Milani distorcendone il pensiero». E ricorda le audiocassette di alcune conversazioni con il priore che Pecorini aveva allegato al precedente suo libro (Don Milani chi era costui, Baldini e Castoldi, ndr): «Don Lorenzo la sua voce la regalava ai poveri, Pecorini l?ha messa in vendita». Il figlio-allievo è categorico: «Barbiana rimarrà quella cosa poverissima che è sempre stata, siccome però l?assalto è continuo, vogliamo dotarci di uno strumento che garantisca di preservarne l?originalità e la povertà». Quanto alle eredità milaniane, Gesualdi ammette la differente sensibilità fra gli ex-allievi: «È segno della bontà di quella scuola che non ci ha fatto uno uguale all?altro», ma mette in guardia dalle «strumentalizzazioni degli intellettuali»: citando una delle ultime lettere del priore che prevedeva l?assalto dell?intelligentzia al suo pensiero. Curioso che le stesse parole siano usate da Edoardo Martinelli, altro ex-allievo di Barbiana. Piuttosto critico invece verso la fondazione. O meglio «verso le modalità con cui sta nascendo», perché «il progetto è molto simile a quanto facciamo da trent?anni con il Centro di formazione e ricerca di Vicchio del Mugello». «Nessuno come Centro ci ha convocato e consultato», dice, «per questo la fondazione nasce monca». Parole dure, pronunciate da un uomo che, come molti altri ex-allievi, ha passato la vita a far conoscere il pensiero di don Milani, con un?attenzione particolare alla pedagogia, al Milani educatore. Lo raggiungiamo al telefono, in Calabria, ospite di una scuola che vuol capire come il priore facesse lezione. «Che c?entra il tour da Montespertoli a Barbiana: questa è roba da padre Pio», dice Martinelli, «proprio Gesualdi ci accusava di ?voler mettere una rivendita di porchetta sulla strada che porta a Barbiana?, quando volevamo portarci le scolaresche. Ma questo è peggio, è una porchetta metaforica». Martinelli non si rassegna: «Non c?è un?esclusiva del pensiero di don Milani, non si può sequestrare la memoria di quest?uomo» e va giù duro anche con gli ex-allievi di S.Donato a Calenzano, per la loro continua sottolineatura del ?Milani prete?. «Io li chiamo i sacrestani», dice, «sono fissati nel voler mettere quest?uomo in un tabernacolo: ma insomma, non è colpa nostra se, a Barbiana, il priore ha scelto di fare il maestro». «Alcuni ex-allievi insistono sulla pedagogia di don Lorenzo perché hanno vissuto con lui gli ultimi due o tre anni della sua vita», risponde Maresco Ballini, allievo storico di Calenzano, «noi l?abbiamo accompagnato per trent?anni, da quando fu nominato cappellano a S. Donato a quando fu esiliato a Barbiana: è chiaro che per noi lui fosse il sì maestro, ma soprattutto il sacerdote. Comunque anche a Barbiana, mai il priore fece sconti alla pratica religiosa di tutti i ragazzi, con buona pace di Edoardo». Quanto al ?rischio santuario?, Ballini è categorico: «I muri non ci sono mai interessati», spiega, «vorremmo che la fondazione, la cui idea abbiamo sempre sostenuto, si limiti a conservarli così come sono, facendo opere minime. Ci preme piuttosto l?insegnamento di quest?uomo». Lontano nel tempo e nello spazio da questa polemica è l?altro figlio adottivo di don Milani: Francesco Gesualdi, detto Francuccio. Da anni si è chiamato fuori da queste vicende: a Vecchiano (Pisa) con tutta la famiglia anima il Centro nuovo modello di sviluppo, avamposto informativo anti-globalizzazione. Quando lo raggiungiamo è a preparare il lavoro della Rete di Lilliput per il Genoa Global Forum: «Della fondazione non so niente», dice garbatamente, «da anni non mi occupo di queste cose ne penso di non tornare a farlo». Eppure, forse, lui più di ogni altro, è quello che continua a ripetere le parole che condensano l?insegnamento di don Milani: I care. Quanto alla Fondazione, entro l?anno vorrebbe aprire un centro di documentazione che riunisca tutti gli scritti ?del? e ?sul? priore. Anche i carteggi affidati tempo addietro all?Istituto di studi religiosi di Bologna e di cui tutti, oggi, denunciano la difficile fruibilità. Ma questa è un?altra polemica. Per saperne di più www.barbiana.it Sito del Centro di formazione e ricerca di Vicchio del Mugello (Fi) Organizzato da alcuni ex-allievi di Barbiana, il sito offre un?accurata riflessione sul don Milani educatore. Un?esperienza pedagogica che attira ancora oggi moltissimi insegnanti di ogni ordine e grado. I care ancora a cura di Giorgio Pecorini, Edizioni EMI, Lire 35.000 È l?ultima pubblicazione sul priore di Barbiana: raccoglie vari carteggi: fra cui quello fra la madre e la sorella di don Milani, e quello fra il priore e due benefattrici di Barbiana, Francesca Ichino e Elena Brambilla Don Lorenzo Milani a cura del Gruppo Don Milani di Calenzano (Fi) Lit.18.000 Riflessioni di molti ex-allievi della Scuola popolare di Calenzano (Fi), dove il priore arrivò nel ?47 e dove scrisse Esperienze pastorali, il libro che gli costò l?esilio a Barbiana. Info: www.gruppodonmilani.it


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