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Ddl immigrazione, la Caritas sorpresa

Don Nozza, direttore Caritas italiana, "era una buona abitudine sentire le organizzazioni della società civile in sede legislativa, invece..."

di Redazione

?Apprendiamo dai quotidiani che sarebbe pronto il testo della nuova legge sull?immigrazione. Come abbiamo ripetuto più volte riteniamo che l?impegno prioritario delle istituzioni nazionali e locali dovrebbe essere quello di dare piena attuazione al Testo unico sull?immigrazione, nato da un significativo coinvolgimento del mondo dell?associazionismo, del volontariato, del terzo settore. Solo così se ne potrebbero valutare correttamente pregi e difetti. Auspichiamo dunque che il Governo prima di modificare l?attuale legge voglia consultare quel mondo di realtà che da anni si interessano sia del fenomeno che degli immigrati. Un mondo che tra l?altro è largamente rappresentato nella Consulta nazionale per i problemi degli immigrati e delle loro famiglie presso la Presidenza del Consiglio?. Questo il commento ?a caldo? di don Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, dopo le anticipazioni apparse oggi sulla stampa. ?Non vogliamo dare giudizi affrettati su ipotesi e congetture- prosegue don Nozza – e confidiamo innanzi tutto in un atteggiamento costruttivo da parte di quelle forze di maggioranza più attente al fenomeno immigratorio?. La Caritas Italiana ritiene però opportuno evidenziare alcuni interrogativi sui tre grandi temi che dovrebbero essere oggetto di modifiche legislative. Circa il reato di clandestinità in primo luogo ci si chiede se un reato del genere possa configurarsi nel nostro ordinamento giuridico (L?attuale legge sull?immigrazione prevede l?arresto solo in caso di rientro illegale). In secondo luogo viene posto il problema di situazioni che meritano un?attenzione particolare e richiedono tempo: si pensi ad esempio a quelle vittime della tratta che trovano il coraggio di uscire dal giro. In terzo luogo c?è il timore che l?introduzione di un reato di questo genere possa essere un?arma in più per il mondo della criminalità, che tenderà a ?proteggere? chi più può pagare o chi può più facilmente essere sfruttato. Quanto alla ventilata abolizione dello ?sponsor?, va detto che questo istituto è stato appoggiato fortemente dal mondo del volontariato e dell?associazionismo e motivato dall?esperienza positiva avuta in campo dell?emigrazione nei Paesi d?oltreoceano (Canada e USA). Attualmente lo sponsor è attivato con una richiesta di garanzie facilmente controllabili non solo al momento della domanda, ma anche nel tempo. Abolirlo significherebbe limitare fortemente quelle offerte di lavoro che vengono da singole realtà (famiglie per cura alle persone, aziende agricole di piccola entità, ecc.) che non rientrano nelle quote dei flussi. Non si può infine accettare la riduzione degli immigrati a pura forza lavoro. L?immigrato è prima di tutto una persona con una famiglia e se si riconosce che la famiglia è un valore da tutelare deve esserlo per tutti. Ecco perché suscita perplessità l?ipotesi di restringere le possibilità di ricongiungimento. È vero che la legge attuale permette il ricongiungimento, oltre che del coniuge e dei figli minori, anche dei parenti in linea ascendente e fino al terzo grado, ma solo se a carico del richiedente e , nel caso del terzo grado, se in gravi situazioni fisiche o inabili al lavoro.


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