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Economia & Impresa sociale 

La Malfa, spara sulle coop

Primo via libera alla Camera al ddl che rischia di snaturarle in società lucrative

di Redazione

E’ stato definito un “attacco mortale” alle cooperative: il via libera alla Camera del disegno di legge di riforma del diritto societario (ddl Mirone-Castelli), la settimana scorsa ha sollevato una violenta reazione dei rappresentanti della cooperazione sociale. Al centro della protesta l’articolo 5, relativo proprio alle società cooperative, che nella versione riformulata dal presidente della Commissione Finanze, Giorgio La Malfa, esclude “dalla normativa proposta le banche popolari e gli istituti di cooperazione bancaria in genere”. In altre parole, la nuova disciplina delle coop finirebbe per trasformare le cooperative in società lucrative. Una misura che i rappresentanti delle cooperative ritengono devastante, perché finirebbe per lasciare spazio esclusivamente alla cooperazione marginale, e incostituzionale, perché si posiziona contro il dettato dell’art. 45 della Costituzione, secondo cui: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. (…)”. Il presidente La Malfa respinge le accuse e conferma che la riformulazione dell’articolo 5 è avvenuto anche su richiesta della Lega Nord. A questo punto, il dibattito in Aula, che dovrebbe cominciare il 27 luglio, si prospetta molto acceso. Il ddl Mirone prevede che il Governo emani entro un anno uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina delle società di capitali e cooperative e la disciplina degli illeciti penali e amministrativi delle società commerciali. Per le cooperative (se l’articolo 5 verrà approvato nella formulazione licenziata dalla Commissione Finanze), vengono esclusi dai benefici le banche popolari e gli istituti della cooperazione bancaria in genere. “Se questo testo dovesse venire approvato in via definitiva dalle Camere – si legge in un comunicato di Federsolidarietà-Confcooperative, – Le nostre realtà imprenditoriali, che tanto hanno fatto in termini di occupazione, sviluppo di una reale democrazia economica nel Paese, verrebbero così paradossalmente cancellate da quelle forze politiche che hanno dichiarato di fare della crescita del Paese la loro prima priorità”.


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