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Ma guai a essere la foglia di fico della deregulation

Da Genova all'Authority. Parla Ermete Realacci

di Giampaolo Cerri

L’inconfondibile polo nera (ma con il cigno di Legambiente), Ermete Realacci arriva al Meeting di Rimini. Con l’aclista Luigi Bobba fa parte del genio pontieri del Terzo settore: non mollano il dialogo con la Compagnia delle Opere dalla quale, negli ultimi tempi, li divide molto, dalla valutazione sul governo al giudizio su global e antiglobal. Realacci la spiega così: «Questo è un pezzo importante del presente e del futuro di questo Paese: deve avere una coscienza di sé e sia in grado di giocare il suo ruolo». Vita: Il mondo sociale si troverà a settembre sfide nuove – partirà l’Authority per il Terzo settore – ma anche un durissimo dopo Genova, fatto di divisioni e di oscuramento dei temi autentici della mobilitazione antiglobal. Ermete Realacci: Genova ha avuto molto di positivo: si è creata una sensibilità che ha messo in rete storie e filoni anche molto diversi. Addirittura con un ruolo molto forte del mondo cattolico e della Chiesa, che ha rappresentato, in parte, la prosecuzione più volitiva della sensibilità della Giornata mondiale dei giovani. E ciò è accaduto in una fase in cui si riteneva ci fosse una certa narcosi politico-culturale dei giovani. Poi c’è stata la violenza e le responsabilità del governo che ha cercato di nascondere il proprio pressappochismo. Responsabilità che però non assolvono i limiti dell’organizzazione. Vita: Quale futuro per questo movimento? Realacci: Tornare ai contenuti. Ridursi a elemento organizzativo su ogni manifestazione mondiale, fino al campionato di scacchi, significa perdere di vista quell’intreccio fra pratiche, contenuti e culture che aveva reso questo movimento maggioritario nel Paese. Se il punto è il diritto alla piazza, finiremo per avvilupparci e inaridirci. Occorre che la società civile organizzata, il Forum del Terzo settore, comincino a produrre un’agenda di scadenze e di contenuti. Vita: In agenda c’è il vertice della Nato a Napoli. Parteciperete? Realacci: No, Legambiente è stata contraria alla guerra in Kosovo, ritiene che la politica di Bush sia pericolosa (dalle mine, a Kyoto) ma a Napoli non andrà. Non c’è stata discussione sufficiente all’interno del Gsf e sento tornare discorsi farneticanti sui servizi d’ordine, sull’andare armati o no in piazza. Non ci interessa. La scadenza più importante è la marcia Perugia-Assisi del 14 ottobre. Vita: E il summit della Fao? Realacci: Un ruolo importante lo devono avere le organizzazioni che sono portatrici di pratiche e di culture e non di approcci ideologici al problema. Se riduciamo tutto alla questione “Impero sì, impero no” descriviamo un mondo banale e non vero. Sulla Fao discutano le ong. A Bové che dice: «A Roma saremmo mezzo milione», rispondo che preferisco 500mila persone a manifestare in giro per l’Italia in difesa dei prodotti e delle coltura tipiche di questo Paese. Vita: A settembre si apre una pagina nuova: parte l’Authority per il Terzo settore. Realacci: Un banco di prova per il governo Berlusconi. Vediamo quali uomini saranno scelti. Il Forum del Terzo settore ne ha già forniti di ottimi. Ma il punto sono i criteri. Spero che il governo non faccia come per il Cilento. Vita: E cioè? Realacci: Per quella presidenza il Governo ha candidato un politico forzista trombato alle recenti elezioni e che fa l’impresario edile: la sua prima proposta è stata quella di fare un campo da golf e una scuola di calcio. Vita: Il ruolo del non profit? Realacci: L’associazionismo deve avere una grossa attenzione: l’idea stessa del tessuto sociale richiede un inquadramento istituzionale ma anche una capacità di dialogo con la società che non deve venir meno. Dobbiamo stare attenti che gli ultraliberisti del centrodestra vogliano usare le apertura dell’economia sociale come foglia di fico per i loro piani di deregulation. Insomma che si giochino i diritti del sociale contro il diritti della gente. Vita: Si parla di Testo unico per il non profit. Uno dei nodi è legato alle risorse economiche l’Istat ha dimostrato che arrivano in gran parte dai privati. Su Vita Tronchetti Provera ha denunciato una legislazione sulle donazioni del tutto inadeguata. Realacci: E ha ragione. Bisogna favorire tutte queste attività, ovviamente con adeguati controlli. In questo, la cultura delle imprese può aiutare. In Italia è ancora sottovalutato il ruolo e il peso del tessuto socio-culturale nella determinazione del successo economico delle imprese. Certi distretti industriali non esisterebbero senza l’influsso positivo, su quei territori, di associazioni e volontari. Se esistesse una demenziale bomba al neutrone che distruggesse l’associazionismo, scopriremmo che l’economia non starebbe in piedi, e così pure la convivenza civile, mentre la qualità della vita peggiorerebbe in maniera drammatica. Nel mondo economico non c’è ancora questa percezione. Vita: Diamo i voti ai ministri “sociali”: Maroni, Matteoli, Alemanno? Realacci: È presto. Ho piuttosto paura dei muscoli involontari del centrodestra. Può passare l’idea che certi comportamenti siano facilitati: dall’abusivismo edilizio, al fregarsene delle regole (dai 160 km di Lunardi a una minore attenzione all’etica economica). Muscoli involontari, significa per esempio che una minoranza di poliziotti e carabinieri si siano sentiti liberi di fare quello che hanno fatto a Genova. Vita: Insomma giudizio sospeso su Maroni? Realacci: Ma cosa ha fatto Maroni, sa dirmelo lei? Vita: È una risposta anche questa… Realacci: Li aspettiamo alla prova. Ho letto qualche buona dichiarazione di Alemanno e Matteoli, bisogna vedere se terranno nel lungo periodo. Lunardi ha detto l’esatto contrario.


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