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Immigrati: la Chiesa batte i pugni. Quel diavolo di Bossi

Ultimi fuochi per la legge che fa arrabbiare i vescovi. Disegno di legge in dirittura d’arrivo. Malgrado il lavoro dei centristi, nella casa delle libertà prevale la linea dura.

di Ettore Colombo

Ha passato il vaglio del Senato, ora è alla Camera. Rapido esame degli emendamenti e poi, tempo previsto non più di una settimana, il testo unico sull?immigrazione, meglio noto come ?Bossi-Fini?, è legge. Sono molti e importanti i soggetti economici, sociali e culturali cui questa legge non piace. In prima fila, a contestarla, c?è il mondo cattolico. Gente pacata, che non urla, ma con le idee chiare. La Cei, per bocca del suo presidente, il cardinale Camillo Ruini, ha bocciato il testo in questione per tre qualificanti punti: «Il collegamento troppo stretto tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, la severa limitazione della possibilità di ricongiungimenti familiari e il rispetto del diritto d?asilo» ne fanno, scrivono i vescovi, una legge che non vede nell?immigrato il prossimo, ma una minaccia. La struttura che nella Cei si occupa di immigrati si chiama Migrantes e ha sfornato un testo di 20 pagine che smonta la legge pezzo per pezzo. La delusione dei don «È una legge che indebolisce l?Italia sul piano della cultura sociale e dell?accettazione dell?immigrato come persona; una legge irrispettosa dei diritti dei migranti, che creerà solo rapporti di diffidenza o di convenienza verso gli immigrati» spiega sereno, ma fermo, il responsabile dell?aria nazionale della Caritas, don Giancarlo Perego. «La norma che vieta i ricongiungimenti familiari», chiude, «cozza apertamente contro la dottrina sociale della Chiesa, oltre che con il buon senso: un immigrato circondato dai suoi cari non delinque». Don Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra, che gli extracomunitari li incontra sulla strada, nei campi, chiede, appunto, di «rispettare il Vangelo: ero forestiero, e mi avete accolto. A tanti immigrati e immigrate che fanno lavori utili, necessari, ma umilianti, come chi raccoglie i pomodori, o colmi di amore, come chi aiuta e assiste gli anziani, dovremmo dire grazie. E invece li cacciamo». Soana Tortora, responsabile immigrazione della presidenza nazionale Acli, non usa mezzi termini: «Questa legge non andrebbe fatta e basta. Ci siamo affidati, come Terzo settore, a una logica emendativa, sugli sponsor, sui minori, sul diritto d?asilo, ma è tempo perso: non si può emendare una cultura che applica la legge del taglione a immigrati considerati o forza lavoro o clandestini». Sponsor e dintorni Ecco, appunto, la cultura emendativa. Quella dei cattolici del Polo, ad esempio. Avevano promesso un deciso e intransigente fuoco di sbarramento, i cattolici dell?Udc, che sta per Unione dei democratici cristiani: «Sull?immigrazione non cediamo. Non sarà una legge liberticida, questa». Ma Bossi è Bossi, il valore (politico) della presenza leghista nella coalizione è alto, quello dell?Udc no. Espunto il principio dello sponsor per l?immigrato in cerca di lavoro, in bilico i diritti dei minori immigrati, criticati persino dall?Alto commissariato per i rifugiati i due articoli sul ?non? diritto d?asilo politico, non restava che fare barricate sulla regolarizzazione delle colf. E i cattolici del Polo hanno strappato solo questo. Carlo Giovanardi, ministro per i rapporti con il Parlamento, sospira e spiega a Vita: «Ora l?espulsione è prevista, ma solo alla terza volta in cui un immigrato viene colto in flagranza di reato. Lo avrebbero fatto anche la Turco e Napolitano, se avessero potuto? Siamo leali e coerenti, con i nostri partner di governo,ma abbiamo fatto un accordo, che non può certo tornare in discussione adesso, in aula. Se salta la regolarizzazione delle colf, salta l?accordo». Ma molte e autorevoli voci del mondo cattolico chiedono altro: ricongiungimenti familiari ed emersione del lavoro nero. Per non dire del problema dei minori. «Vedremo», dice Giovanardi, «il problema del disagio sociale esiste, ma esistono anche delinquenza e prostituzione». Già, sarà per la prossima volta.


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