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Lo scontro sulle collaboratrici domestiche. La breccia delle badanti

Solo nel Veneto sono 21mila: accudiscono anziani e disabili. Ma la Lega teme l’invasione. E la Caritas nordest alza la voce.

di Giampaolo Cerri

Giorni bollenti per le badanti. Ovvero i lavoratori stranieri, in gran parte donne, che la norma appena votata al Senato, farebbe riemergere dalla clandestinità. Alcune stime incontrollate hanno acceso le micce: 500mila badanti da regolarizzare. Cifra che ha spinto immediatamente il senatur a strigliare i suoi. A calmare le ire leghiste, Carlo Giovanardi, ministro dell?Unione di centro, protagonista di una serrata trattativa con la Lega e i falchi del governo, per tener presenti le raccomandazioni dei vescovi italiani. «Gliel?ho ripetuto anche in Consiglio dei ministri», conferma a Vita, «la sua è una tempesta in un bicchier d?acqua». E rivela che secondo le sue previsioni, le lavoratrici da regolarizzare «non saranno più di 100mila». Che la legge sull?immigrazione dovesse essere una partita facile, non lo pensavano neppure i più convinti sostenitori del Berlusconi II. Nello scontro fra la frangia cattolica dell?esecutivo e della maggioranza, il Ccd-Cdu e l?asse Lega-An, si poteva leggere, in filigrana, la sollecitudine della Chiesa italiana verso il tema: troppi i richiami della Cei perché rimanessero inascoltati. E un punto di mediazione è stato trovato proprio nella questione regolarizzazioni: i duri avrebbero accettato la sanatoria di colf e badanti contro il via libera all?inasprimento del regime delle espulsioni. Perciò la reazione di Bossi ha stupito molti. Tanto da spingere qualche analista politico più scafato a pensare a un teatrino del senatur, per far indorare la pillola ai suoi elettori in vista delle amministrative. Ma la polemica era già esplosa a livello locale, soprattutto nelle zone dove la questione era molto sentita per una forte domanda di assistenza agli anziani. Come nelle Tre Venezie dove, secondo le stime della Caritas del Nordest, «ci sarebbero almeno 24mila badanti clandestine, di cui 21mila nel solo Veneto». «L?idea fatta propria dalla Conferenza delle Regioni», spiega il ccd Antonio De Poli, assessore regionale veneto alle Politiche sociali, «era di riservare alcune ?quote? di immigrati per esigenze immediate e urgenti, come la carenza di infermieri e le badanti. Ma la legge non ha accolto nessuna ipotesi di soluzione, come il ricorso ai contingenti liberi». E l?articolo 29 del testo licenziato dal Senato parla chiaro: una regolarizzazione per famiglia. «C?era il rischio», replica il senatore leghista Piergiorgio Stiffoni, «di stravolgere una legge nata per garantire un lavoro agli extracomunitari». Nel frattempo, però, la parola è passata alla polizia giudiziaria, che sembra intenzionata a precedere la legge… Come denuncia la Caritas Nordest, a Trento e a Belluno, in Friuli, le forze dell?ordine hanno fermato ed espulso una trentina di badanti clandestine, denunciando gli anziani assistiti per «favoreggiamento dell?immigrazione clandestina». Una solerzia che ha suscitato le ire dell?Associazione malati di Alzheimer di Belluno: «L?insensibilità della Prefettura, che dovrebbe curare anche il servizio a favore dei più deboli, crea invece scompiglio nell?organizzazione familiare di persone problematiche», scrive il presidente Luigi Sabatini che propone una protesta via email. I movimenti degli immigrati erano d?altra parte noti da tempo: a Vittorio Veneto, ad esempio, operava un vero e proprio ufficio di collocamento nei giardini pubblici. Nessun racket, ma una capillare organizzazione in proprio, basata sul passaparola tra l?Italia e l?Ucraina con crocevia a Mestre, che per ?soli? 550 dollari tutto compreso (viaggio più permesso turistico) permetteva a centinaia di donne di tentare la fortuna con questo lavoro. Ora il giro di vite. «Per capire l?estrema utilità di queste persone», spiega don Dino Pistolato, portavoce Caritas, «basta un dato: le 21mila badanti del Veneto fanno risparmiare alla Regione ben 450 milioni di euro sul capitolo assistenza». Caritas Nordest, che raccoglie le 15 organizzazioni diocesane del Triveneto, produce numeri a raffica per documentare l?emergenza sociale. In Veneto gli assistenti domiciliari dei Comuni sono pochissimi: 3 ogni 10mila abitanti. L?unica via dunque è la sanatoria. «Ma le possibilità offerte della legge sono di fatto inapplicabili», commenta don Pistolato. «La regolarizzazione è un percorso burocratico a ostacoli, insuperabile per una coppia di anziani visto che prevede il versamento forfettario di 3 mensilità. Già, ma qual è il contratto di riferimento? Se è quello infermieristico, si arriva a cifre record». E poi c?è la storia della circolare del ministero degli Interni, firmata da Bianco all?epoca del governo D?Alema: chi non dispone di un reddito di almeno 45mila euro all?anno non può assumere una colf. «Con quel provvedimento», osserva il sacerdote, «l?articolo 29 sarà affare di poche famiglie, mentre i bisogni non guardano al reddito imponibile». Don Pistolato non ha peli sulla lingua: «Una riforma datata e che non ha alcuna prospettiva di lungimiranza». E non smette di eccepire: «Che accadrà alle badanti regolarizzate», si chiede, «quando la persona assistita dovesse morire?». Legge alla mano, diventando disoccupate, dovrebbero prendere la via del confine. «Rimaniamo del nostro parere», dice: «autocertificazione da parte della famiglia, con conferma della necessità da parte della Asl, e corsi di formazione per queste persone». E si appella a governo e Regione. Giovanardi risponde per primo: «Dopo il varo della legge, occorrerà studiare con le Regioni, un pacchetto di provvedimenti a favore delle famiglie a reddito medio-basso, fornendo loro sostegni economici specifici sulla voce assistenza domiciliare». A Bossi, piacendo. Giampaolo Cerri Davide Nordio


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