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Bollo unificato, ovvero giustizia lenta ed esosa

Il decreto legge sul bollo unico, ora in fase di conversione alla Camera, preoccupa associazioni civiche e avvocati

di Benedetta Verrini

Il decreto legge sul bollo unico, ora in fase di conversione alla Camera, preoccupa associazioni civiche e avvocati. Il decreto rende operativo il discusso ?contributo unificato? per l?iscrizione a ruolo delle cause. Un onere, per il cittadino, che potrà raggiungere anche i 930 euro, oltre a complicare la gestione delle cause pendenti. I pareri di Stefano Maccioni, responsabile di Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva, e di Federico Bucci, presidente dell?Ordine degli avvocati di Roma. Ha superato il vaglio del Senato e passa alla Camera con numerose modifiche il ddl 1217 di conversione del decreto legge 28 dell?11 marzo 2002. La polemica ha visto protagonisti gli operatori giuridici (cancellieri e avvocati in primis) e il governo, in un dibattito che si trascina da tempo. Con la legge Finanziaria del 2000 (l. 488/99) era infatti stato introdotto il ?contributo unificato? sulle cause giudiziarie. La norma era però rimasta sospesa per le difficoltà interpretative che aveva suscitato. Il decreto approvato a marzo ha stabilito l?eliminazione delle imposte di bollo, della tassa d?iscrizione a ruolo, dei diritti di cancelleria e dei diritti di chiamata in causa. Al posto di tutto questo ha riconfermato il contributo unificato, da pagare all?atto della costituzione in giudizio, per un importo che va da 62 fino a 930 euro (a seconda del valore della causa). «Non siamo ostili a priori all?eliminazione del pagamento dei vari bolli e diritti» spiega Bucci, «ma ci aspettavamo che il contributo unificato venisse contenuto in un importo più ridotto. Non può essere così esoso far valere i propri diritti». «Pensate a un cittadino qualsiasi, con uno stipendio medio, che inizi una causa di responsabilità civile per danni» esemplifica Maccioni. «Se ha subito una lesione fisica di grave entità o un pesante danno economico, il valore della causa può tranquillamente superare i 500mila euro, cioè il tetto per cui viene richiesto il contributo unificato massimo, pari a 930 euro. è una bella somma di partenza, cui si aggiungono gli onorari degli avvocati e altre spese. La nostra preoccupazione è che per ottenere giustizia sia costretto a fare un mutuo o, addirittura, a rinunciare al processo». Altro aspetto che preoccupa gli operatori, poi, è il trattamento delle cause pendenti. «Nel decreto il governo ha infatti ritenuto la necessità e urgenza di modificare la legge del 1999, estendendo il contributo anche ai procedimenti vecchi, iscritti prima dell?1 marzo 2002», dice Maccioni. Cosa significa? «Significa che per le cause vecchie, per le quali i nostri clienti hanno già pagato bolli e diritti, si dovrà effettuare un ulteriore pagamento, corrispondente a una percentuale del contributo unificato» spiega Bucci. «Previsione che aggrava la gestione, nelle cancellerie, di quei 2 milioni e 800mila cause pendenti». I cancellieri sarebbero insomma costretti a verificare, pratica per pratica, quale percentuale in più andrebbe pagata. Dalla versione di decreto uscita il 10 aprile da Palazzo Madama, sembra che l?impasse sia stato risolto prevedendo la possibilità di scegliere, per le cause pendenti all?1 marzo 2002, tra le vecchie o le nuove regole che in questo caso offrono uno ?sconto? del 50% di quanto dovuto. Sono comunque esentati dal pagamento del bollo unificato i processi di valore inferiore ai 1.033 euro, i procedimenti di interdizione, inabilitazione, dichiarazione di morte presunta o assenza, tutti quelli che riguardano gli assegni di mantenimento per i minori. Anche se ritoccato in meglio, il ddl non prevede la possibilità di pagamenti dilazionati o una restituzione in caso di abbandono della causa. «Ci domandiamo perché si continua a legiferare senza prevedere le conseguenze pratiche» chiede Maccioni. «Né ascoltare le istanze delle associazioni, che da tempo chiedono che il miglioramento del servizio giustizia non resti solo una chimera».


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