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Admo: decuplicati in 20 anni i trapianti di midollo osseo

All'epoca del primo trapianto la possibilita' per un paziente di trovare un donatore non correlato compatibile era del 20%, adesso e' dell' 80%

di Gabriella Meroni

Dal 1979, anno del primo trapianto di midollo osseo negli Stati Uniti, sono stati fatti molti passi in avanti, sia nel campo della ricerca e dell’applicazione che nel settore delle donazioni, che sono aumentate di dieci volte rispetto all’epoca del primo intervento. E’ piu’ che positivo il bilancio tracciato dal prof. Claudio Anasetti, direttore responsabile del Fred Hutchinson Research Center di Seattle e primo medico ad aver sperimentato la tecnica del trapianto di midollo osseo. Anasetti e’ a Padova per partecipare ad un incontro sul presente e futuro del trapianto di cellule staminali emopoietiche, organizzato dall’Admo, che vede riuniti una ventina tra i massimi esperti del settore. ”Dal primo trapianto operato – rileva Anasetti – la situazione a livello mondiale e’ decisamente migliorata” e per quanto riguarda l’ Italia ricorda che il numero di trapianti di midollo osseo da donatore non correlato, cioe’ non consanguineo, e’ cresciuto negli anni in maniera esponenziale, raggiungendo nel dicembre 2000 i 915 casi, ”il che significa – ha aggiunto – aver realizzato due nuovi trapianti ogni tre giorni”. All’epoca del primo trapianto la possibilita’ per un paziente di trovare un donatore non correlato compatibile era del 20%, adesso e’ dell’ 80%. Secondo Anasetti, la percentuale dell’ 80% e’ buona, ma comunque, piu’ si diffonde la cultura della disponibilita’ alla donazione e meglio e’. Nel registro italiano, secondo l’ esperto, ci sono oltre 200 mila donatori iscritti e c’e’ la necessita’ che questa cultura si sviluppi in regioni ”dove e’ meno rappresentata”. Negli Stati Uniti e in Germania i donatori sono oltre 500 mila, mentre l’Italia (283.540) si pone in seconda fascia (150-500 mila) assieme a Inghilterra, Taiwan, Australia e Nuova Zelanda. ”Oggi abbiamo piu’ donatori – ha ricordato Anasetti – ma abbiamo anche sviluppato tecniche che ci permettono di identificare donatori molto simili ai pazienti aumentando notevolmente la capacita’ di sopravvivenza del trapiantato (+25% rispetto a 10 anni fa)”. ”Sono convinto – ha aggiunto – che tutto cio’ che abbiamo compiuto e potremo ancora compiere per salvare le vite di chi e’ affetto da forme di leucemia gravi e da anemia aplastica e’ stato e sara’ possibile anche grazie alla diffusione di una ‘cultura del trapianto di midollo osseo’ che potrebbe essere raggiunta soprattutto creando momenti di confronto scientifico e cercando di informare e sensibilizzare il piu’ possibile l’opinione pubblica”. Durante l’incontro sono state affrontate anche le nuove frontiere della ricerca per le cellule staminali riguardanti la sclerosi multipla o il diabete.


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