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Parla Savino Pezzotta. I miei 20 euro per i curdi.

Il segretario cisl «pacifico e non pacifista» spiega come si possa costruire, giorno per giorno, la pace. «Imparare a non essere intolleranti». Le letture? vangelo e Gandhi.

di Giampaolo Cerri

Dice molto candidamente che a casa sua, a Bergamo, la bandiera della pace sventola sul balcone. «Ma sono un pacifico, non un pacifista». Savino Pezzotta, segretario della Cisl, è uno che, non appena i venti di guerra hanno cominciato a spirare, ha detto chiaro e tondo il suo no al conflitto. «Pacifico», spiega, «perché ho sempre avuto una tensione e un amore alla pace, perché so bene che pace non significa solo ?no alla guerra?, ma anche un?educazione di se stessi, del proprio modo di rapportarsi con gli altri». Vita: Pezzotta, sulla pace in Italia si registra una convergenza senza precedenti? Savino Pezzotta: Sì, è un grande movimento per la pace che è difficile connotare politicamente. Ma proprio per questo non sono accettabili forzature e tensioni che rischiano di introdurre dentro questo grande movimento di opinione pubblica alcune divisioni. Noi dobbiamo fare uno sforzo per tenere assieme tutti coloro che non vogliono la guerra. E noi sappiamo che nelle democrazie più il consenso si allarga, più la possibilità di vincere la battaglia si avvicina. Non possiamo dare alibi né fare in modo che questo sentire popolare venga, in qualche modo, dilapidato. Vita: Per questo lei condanna i blocchi ai treni? Pezzotta: Quando si introducono elementi di radicalizzazione, non tutti sono disponibili a seguire. Bisogna ragionare e capire se ciò divide o porta avanti. Io credo che anche la radicalizzazione delle cose buone, alla fine, divida. E oggi abbiamo bisogno di tenere insieme, non di dividere. Vita: Eppure qualcuno ironizza sulle bandiere alle finestre, sulla manifestazioni: non servirebbero a niente? Pezzotta: Se così fosse, anche la democrazia sarebbe da buttare. E invece è il sentire comune che si esprime e cambia le cose, che muta le politiche, le decisioni dei governi. Se non credessimo più a questo, non crederemmo più nella democrazia. Un sentire che quando cresce si stratifica, si struttura e pertanto non torna indietro. Se noi vogliamo vincere oggi e per il domani la questione di un mondo senza guerre, abbiamo bisogno che questo sentimento si dilati, diventi un?abitudine mentale. Non credo che si possano cambiare le cose con avanguardie profetiche ma occorre la dimensione larga delle convinzioni, dei modi di essere, delle esperienze ma anche di metterci qualcosa. Vita: Sul terreno dei comportamenti concreti voi proponete di aiutare un?iniziativa nel Kurdistan? Pezzotta: A chi, fra i nostri aderenti, ha partecipato al digiuno proposto dal Papa il 5 marzo, abbiamo chiesto di devolvere il corrispettivo di quei pasti, 20 euro, a un progetto nel nord Kurdistan portato avanti dalla ong Iscos, promossa dal nostro sindacato. Vita: E cosa suggerisce, ancora, per costruire la pace nel quotidiano? Pezzotta: La prima cosa da fare è abituarsi al dialogo: a volte nei nostri comportamenti ci sono elementi di intolleranza e chi è intollerante difficilmente è amico della pace. Invece dobbiamo mantenere questa capacità di dialogare e di confrontarsi. Non credo che chi la pensa diversamente da me sia un nemico, magari mi aiuta a vedere quelle sfaccettature che da solo non riesco a percepire. Nel mondo del lavoro, per esempio, un?idea dialogica del rapporto fra chi ne discute, che c?è dentro, non sarebbe male. Vita: Si ricorda una mobilitazione di questo genere, negli anni passati? Pezzotta: No, anche se le condizioni erano diverse. Mi sono impegnato fin da molto giovane, ricordo quando a ragionare di pace si era in pochi, perché c?era chi stava con i missili di qua e chi con i missili di là, con i sovietici e con gli americani. Un sentire così diffuso non l?ho mai visto, determinato da ragioni ideali, da un mondo inquieto perché ha tante incertezze e la guerra ne genera altre. E dobbiamo sfruttare anche questi sentimenti restrittivi, per farli diventare positivi. Se la gente rifiuta la guerra per paura, non ci si deve arrabbiare ma cogliere questo timore e rivolgerlo in positivo. Vita: Cosa aiuta meglio a capire la pace? Pezzotta: Per me lo strumento più grande per riflettere è il Vangelo. Di lì viene il mio essere pacifico. Poi dico Gandhi, perché nella sua opera offre gli strumenti concreti per costruire la pace, cioè non propone solo un obiettivo ma anche un percorso e un rapporto fra fine e mezzi che è coerente. Suggerisce un?ascesi: di purificare il proprio pensiero, il proprio rapporto con la natura, con il lavoro, il modo di essere, per diventare oggettivamente, naturalmente, un uomo di pace. Nella modernità la sua rimane una lezione insuperabile. Poi ci sono Capitini, don Milani, padre Balducci, Lanza del Vasto, quest?ultimo forse un po? troppo dimenticato. Ci sono Martin Luther King o Lutuli, uno dei fondatori dell?Anc sudafricana e Nobel per la pace e anche lui non sufficientemente ricordato. Gandhi, però, rappresenta ancora la completezza. Vita: Sul tema della pace c?è un riavvicinamento alla Cgil? Pezzotta: Aderiamo alle iniziative che condividiamo e non a quelle che decidono gli altri per noi. Sulla pace ci sono alcune convergenze che sono però date dalla situazione. Giampaolo Cerri


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