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Il pianto di Srebrenica tra il mea culpa dell’Occidente

Oggi 50mila persone riunite al Memorial Center di Potocari, poco lontano da Srebrenica, per ricordare i circa 8mila bosniaci musulmani uccisi dalle truppe serbo-bosniache l'11 luglio 1995

di Joshua Massarenti

Le sirene e un minuto di silenzio in tutta la Bosnia-Erzegovina hanno paralizzato la vita del Paese a mezzogiorno di oggi, quando è cominciata la cerimonia per la commemorazione delle vittime del massacro di Srebrenica, avvenuto 10 anni fa. Sotto un cielo plumbeo e gravido di pioggia, quasi a esaltare l’atmosfera luttuosa della ricorrenza, decine di migliaia di uomini si sono disposti su lunghe file, passandosi sopra la testa dall’uno all’altro le 610 bare: semplici contenitori metallici con dentro esclusivamente poche ossa, contrassegnati da targhette metalliche e coperti da drappi verdi, il colore che simboleggia la fede islamica. Ogni bara concludeva il transito davanti a un sepolcro scavato di fresco nella terra, ciascuno indicato da una sorta di lapide in legno, accanto a cui sostavano donne dal capo coperto da ampi veli o fazzolettoni bianchi, in preghiera o piangenti. Nel frattempo altoparlanti disseminati tutto intorno diffondevano orazioni funebri musulmane. La cerimonia e’ stata aperta da un lugubre canto locale, intitolato ‘L’Inferno di Srebrenica’ e intonato da un coro; e si e’ chiusa con i presenti inginocchiati a terra, tutti voltati in direzione della Mecca, e intenti a pregare per i defunti. Oltre cinquantamila persone si sono riunite al Memorial Center di Potocari, poco lontano da Srebrenica, per ricordare i circa 8mila bosniaci musulmani uccisi dalle truppe serbo-bosniache l’11 luglio del 1995. L’11 luglio ’95 milizie serbo-bosniache e unita’ paramilitari di irregolari serbi assaltarono l’enclave musulmana nella Bosnia orientale; travolsero i circa quattrocento ‘caschi blu’ olandesi, muniti solo di armi leggere, che avrebbero dovuto proteggere i civili, e sterminarono tutti i rifugiati di sesso maschile, di qualsiasi eta’. Dalle 36.000 anime che abitavano la cittadina prima del conflitto, la popolazione e’ scesa alle attuali novemila, per lo piu’ di etnia serba; nessun visitatore vi si reca mai, se non per pregare sulle tombe che si sono via via moltiplicate. Oltre al dolore e alla rabbia che hanno accomunato la comunità bosniaco-musulmana, la giornata è stata segnata dall’ipocrisia della Comunità internazionale, pronta a riconoscere le proprie colpe in un mea culpa collettivo. Purtoppo, le stesse ammissioni di colpa sono state espresse in loco da figure politiche minori (presenti i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Francia, Olanda, Svezia, oltre che l’inviato speciale del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e… il Sottosegretario di Stato agli Esteri Roberto Antonione). Eccezion fatta per l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza comune Javier Solana, i grandi leader occidentali, Bush, Chirac, Schroeder, Berlusconi e Blair in testa, hanno disertato l’appuntamento con la memoria, dopo che i loro Paesi avevano fallito quello con la Storia l’11 luglio 1995 consegnando attraverso la loro inerzia politica migliaia di uomini, donne, bambini e anziani nelle mani delle milizie serbo-bosniache. In realtà, ad ogni scelta politica, perché di scelta politica trattasi, c’è sempre un motivo. Quello che sottende la totale assenza dei “nostri” leader è frutto del probabile imbarazzo che avrebbre colto Bush & co. allorquando si sarebbero recati al Memorial Center di Potorica. A denunciarlo con forza è stata l’altra grande assente di questa giornata commemorativa Carla del Ponte. Nell’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde, il procuratore capo del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia ha motivato la sua scelta di “boicottare la commemorazione di Srebrenica per rispetto delle vittime”. ”Io sono il procuratore di questo tribunale” ha sottolineato la Del Ponte, “il mio mandato e’ quello di condurre Radovan Karadzic e Ratko Mladic davanti alla giustizia per il genocidio di Srebrenica. Come potrei apparire alla cerimonia? Posso certo spiegare che non posso fare nulla, che non dispongo delle forze necessarie, ma agli occhi delle vittime io sono responsabile. Ed e’ giusto che sia cosi”’. E’ più che certo che l’assenza dei vari Chirac, Bush e Schoeder sia dovuta all’umiliazione che avrebbero dovuto subire nel commerorare le vittime di Srebrenica mentre i loro due principali responsabili del massacro, e cioè l’ex leader dei serbi di Bosnia Radovan Karadzic e l’ex comandante delle truppe serbo-bosniache Ratko Mladic, non sono stati finora consegnati al tribunale dell’Aia. Infine, va segnalata un’altra occasione “politica” persa dalle autorità politiche serbe per fare un passo avanti nella riconciliazione dei popoli dell’ex Jugoslavia, nella fattispecie tra i serbi e i bosniaci-musulmani. Mentre il Presidente della Serbia e Montenegro Boris Tadic ha deciso di recarsi a a Srebrenica con il desiderio di “rendere onore alle vittime innocenti del crimine” e per “dimostrare che i cittadini della Serbia non sostenevano i crimini” – l’odierna seduta del Parlamento di Belgrado ha osservato un minuto di silenzio, ma in memoria di tutte le vittime di ogni guerra balcanica e non specificamente degli ottomila civili musulmani, trucidati dalle milizie serbe e serbo-bosniache l’11 luglio ’95. A quell’eccidio non e’ stato fatto il benche’ minimo accenno e, anzi, nel corso di una conferenza stampa Andreja Mladenovic, portavoce del Partito Democratico Serbo al governo, ha sottolineato che sono stati i serbi a subire le conseguenze peggiori dei conflitti susseguitisi negli anni ’90. “La Serbia ha interesse a smascherare e a condannare tutti i crimini di guerra nella storia dell’ex Jugoslavia”, ha dichiarato Mladenovic, “di cui il popolo serbo e’ stata la vittima principale”. Come se non bastasse, se nell’intera Bosnia-Erzegovina e’ stata proclamata per oggi una giornata di lutto nazionale, nella Repubblica Serba, che insieme alla Federazione Musulmano-Croata compone l’attuale Stato multi-etnico, questa giornata di lutto di fatto non e’ praticamente stata osservata, e le autorita’ locali si sono limitate ad affermare di “non essere state informate” del provvedimento. Ingenti le misure di sicurezza: lungo il perimetro del cimitero, ridotto a un pantano da un violento temporale notturno, stazionavano almeno 1.500 poliziotti in armi. Immagine (c) 2005 Livio Senigalliesi


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