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Le parole che cambiano / Meticcio

Siamo tutti meticci. Ciascuno di noi è il frutto di mille incroci, che hanno lastricato la lunga storia che ci ha preceduto. Ne è convinto Marco Aime, sociologo e viaggiatore

di Emanuela Citterio

Aime è anche il curatore dell?edizione italiana del libro di Jean-Loup Anselle che lanciò nel 1989 la questione. Il suo famoso Logiche meticce è uscito in Italia nel 1999 (Bollati Boringhieri). Scrive Amselle: «Esistono due tipi di razzismo: quello della purezza etnica. E quello che, per motivi buoni, presuppone popolazioni con origini diverse. In realtà alle origini c?è l?indifinitezza». meticcio, s. m. 1. Che ha sangue misto in quanto nato da due genitori di due popolazioni antropologicamente differenti 2. In zoo, di anmale fecondo, nato dall?incrocio tra due razze diverse ma della stessa specie (dal Dizionario italiano Sabatini Colletti) Vita: Proviamo a fare un passo indietro dalle polemiche alle definizioni? Aime: Di passi indietro bisognerebbe farne molti: il meticciato è sempre esistito. Vita: Che significato ha allora questa parola? Aime: ?Meticcio? letteralmente dovrebbe essere il prodotto dell?intreccio di due elementi puri. Il problema è: fino a che punto torniamo indietro per stabilire dov?è la purezza? Diciamo meticcio, per esempio, un figlio nato da padre africano e madre italiana. Ma nei due genitori esiste davvero una sorta di purezza, che per altro evoca sinistramente un?ideologia del secolo scorso legata all?idea della razza? Jean-Loup Amselle rovescia la concezione secondo la quale le culture con il passare del tempo si incontrino e si ?mischino? l?una con l?altra dando origine al ?meticciato?. Questo vorrebbe dire che c?era all?origine una purezza delle diverse culture, un punto zero. Ma dai suoi dati è emerso l?esatto contrario: l?esistenza di meticciato all?origine. La ?base? dell?umanità è già meticcia. È stata poi la storia a creare le differenze culturali. Ma è rimasto e continua a esistere una sorta di continuum culturale tra le varie società. Vita: Adamo, quindi, era già meticcio? Aime: Quasi. Se non lui di sicuro suo figlio. Vita: Se il meticciato c?è da sempre, come mai esistono culture diverse fra loro? Aime: Innanzitutto, ogni cultura è già di per sé multiculturale. Nessuna è pura. Le culture sono un prodotto di incontri e scambi, e si evolvono in continuazione. Quante parole derivanti dall?arabo utilizziamo nella nostra lingua? Non lo sappiamo, e forse non è necessario saperlo, ma le utilizziamo! Abbiamo una serie di saperi che sono il frutto di questo incontro. Stiamo difendendo, in realtà, qualcosa che non c?è. Vita: C?è stato un momento, negli studi antropologici, in cui le teorie sul meticciato hanno subito una svolta? Aime: è avvenuto soprattutto in Africa: ci si è accorti che gli strumenti classici della classificazione non funzionavano, che la divisione fra le etnie non è così netta, che le tribù non sono poi realtà così solide come si riteneva. Spesso ? qui ci dovrebbe essere un mea culpa da parte dell?antropologia ? si sono inventate le etnie. Il caso più clamoroso è quello del Ruanda: due classi sociali sono state trasformate per motivi politici ed economici in due etnie contrapposte. Gli antropologi hanno grosse responsabilità: quando si scriveva una monografia su un popolo ognuno evidenziava quel tanto di diverso che il ?suo? popolo aveva rispetto agli altri. E una volta classificato, così restava. Vita: C?è una percezione nuova del meticciato, legata al fatto che con la globalizzazione i popoli si incrociano come mai si sono incrociati nella storia? Aime: Forme di globalizzazione sono già avvenute nel passato. L?impero romano è stato una forma di globalizzazione, così il cristianesimo, l?impero ottomano, quello cinese. Le migrazioni e le invasioni ci sono sempre state. E questo non ha determinato un annullamento delle specificità. Anzi spesso in un contesto più vasto le diverse culture reinterpretano il globale filtrandolo attraverso il proprio locale. Oggi avviene tutto molto in fretta e soprattutto sotto gli occhi di tutti. Ma pesa anche molto una certa informazione. Si paventa una società multietnica, ma se riuscissimo a essere più distaccati e a confrontare con lo sguardo dello storico le nostre metropoli con quelle dell?antichità – la Roma imperiale, Venezia, Gerusalemme, Bisanzio – sarebbe quasi al limite del ridicolo definire le nostre multietiche rispetto a quello che erano queste città. Vita: Qual è allora la radice dei conflitti attuali e dei fondamentalismi? Aime: L?integralismo che sfocia nel terrorismo contemporaneo, connotato come islamico, ha una contraddizione interna incredibile. Da un lato propaganda un mondo anti-occidentale, rifacendosi a presunte radici islamiche. Poi i suoi teorici, Bin Laden e gli altri, utilizzano tutto l?armamentario tecnologico e tecnocratico dell?occidente: dalle armi, alla borsa, all?economia di mercato, alla comunicazione attraverso i media. Il problema è che il tentativo di ricostruire sempre un?identità pura è utilizzato dalle èlite di potere e contropotere di qualunque parte. Siccome il concetto di razza da un punto di vista biologico non regge più, perché la scienza l?ha smontato, si usa il concetto di cultura come un tempo quello di razza, dividendo gli uomini in blocchi più o meno omogenei e incompenetrabili. Ma perché ciò si traduca in prospettive politiche, se non addirittura in qualche caso in scontri violenti, occorre che ci sia qualche èlite manipoli le differenze e le strumentalizzi. Dietro a questo fenomeno di fatto ci sono altre istanze, di tipo sociale, economico e politico, più che di tipo culturale. Vita: Bocciati i concetti di razza e di ?purezza culturale?, che ne dice della parola ?identità?? Aime: Non intendo negare l?esistenza dell?identità. Ma ogni individuo è portatore davvero solo di un?identità? Quando si affronta il tema, di solito ci si riferisce all?identità etnica o culturale. Ma ci sono anche altre identità, per esempio quella di genere. Essere maschio o femmina può essere decisivo in certe scelte. A volte può esserlo più dell?identità di tipo culturale, religioso o politico. Il rischio è di creare quell?uomo a una sola dimensione di cui ha scritto Herbert Marcuse, come se l?identità etnica regolasse tutti i rapporti con gli altri. A volte questo fattore entra in gioco, anche pesantemente, in altri casi no. C?è un?identità religiosa: non è detto che all?interno di una stessa società si aderisca tutti allo stesso credo. C?è quella di tipo politico, al di là del credo e della cultura. Siamo tutti dei portatori multipli, più o meno sani, di identità. Vita: Ha senso allora parlare di difesa dell?identità? Aime: Il paradosso di chi rivendica l?identità è che vorrebbe annullare l?altro, ma senza l?altro qual è la mia identità? Non saprei più come definirla. Vita: Eppure c?è la sensazione di un arroccamento vero. Anche da parte di chi arriva in Italia da altri Paesi, quasi una volontà di non farsi contaminare? Aime: È un problema che si risolverà con il tempo. I nostri figli, abituati a sedere di fianco a compagni di varia provenienza, probabilmente cominceranno a pensare e a vedere la realtà in modo diverso rispetto a noi. Si può benissimo convivere con gente di cultura diversa senza necessariamente aderire totalmente alla loro. Vita: Alcune società appaiono piuttosto impermeabili? Aime: Lo sono fino a un certo punto. Noi oggi abbiamo una visione del mondo islamico un po? distorta e troppo condizionata dall?immagine del dopo l?11 settembre. Sono si ritorno da un viaggio in Algeria: in un?oasi del Sahara hanno la parabola e vedono le televisioni di tutto il mondo, compresa quella italiana. Le culture non sono entità astratte, le fanno gli individui. E gli individui leggono, guardano, incontrano altri individui. Un algerino mi diceva che i turisti gli hanno insegnato a vedere il deserto in modo diverso. Non è che abbia abbandonato il suo modo di vedere, si è accorto che ce n?è un altro, ha imparato qualcosa. Tra le varie società c?è un continuo travaso di sapere, uno scambio più o meno conscio. Dall?incontro con l?altro prendiamo quello che ci serve. Vita: Lei non crede sia in atto uno scontro fra civiltà? Aime: Quando ho sentito dell?attentato da parte di un fondamentalista ebreo su un autobus di palestinesi mi sono tornate in mente le parole di Amos Oz. «È una questione di terra, solo di terra», ripeteva nel suo libro, splendido, Contro il fanatismo. Nel momento in cui ai coloni ebrei è stata sottratta la terra ci si è trovati di fronte a una risposta analoga. È il caso di chiedersi allora se si tratta di un aspetto specifico culturale o di un problema sociale. Oz ha ragione quando dice che per un fanatico il numero due è troppo grande. Vita: È giusto salvaguardare le differenze? Aime: Il poeta portoricano Édouard Glissant usa una bellissima metafora: il ?diritto all?opacità?. Perché classificare tutto in modo così netto, e non lasciare invece un po? di opacità che mi permetta di intuire cosa c?è dall?altra parte senza delineare troppo i contorni? Forse è il caso di lasciare che l?individuo scelga di essere quello che vuole, anche di abbandonare la propria cultura, se lo reputa. La verità è che tutti siamo attratti dalla diversità, dall?eccezione. A volte, animati dai migliori sentimenti vogliamo tutelare gli altri da questo pericolo di perdita. Però dovremmo chiederci se anche gli altri lo vogliono. In California è stato chiesto alle famiglie ispanofone se volevano che lo spagnolo fosse insegnato nelle scuole come prima lingua. L? 80 per cento ha risposto di no, ritenendo più utile che i propri figli sappiano bene l?inglese. Anche questo è diritto alla diversità. Chi è marco aime. L?antropologo viaggiatore ? Marco Aime, classe 1956, docente di antropologia culturale all?università di Genova, ha condotto molte ricerche in Africa occidentale. Tra i suoi libri ricordiamo Le radici nella sabbia, Eccessi di culture e L?incontro mancato. ? Le parole che cambiano. La prossima intervista avrà per protagonista Giorgio Vittadini, docente di statistica e presidente della Fondazione per la sussidiarietà. Con lui approfondiremo la parola Opera.


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