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Stati vegetativi, ci vuole più organizzazione

Convegno dela Fondazione don Gnocchi. A Milano, specialisti ed esperienze a confronto. Per fare il punto sulla clinica e i dubbi etici, ma anche per pensare un circuito ad hoc

di Sara De Carli

Effetti speciali non ce ne sono. Da un?immagine all?altra si passa con un sobrio gioco di neri, obiettivi che si aprono e si richiudono. È così che la vita in stato vegetativo, finalmente, esce dal cono d?ombra. Il video è stato presentato al convegno scientifico Curare, prendersi cura e farsi carico delle persone in stato vegetativo, organizzato a Milano dalla Fondazione don Carlo Gnocchi. Una manciata di minuti per raccontare una giornata con S.B., un uomo in stato vegetativo permanente dal 1998. La fisioterapia, l?alimentazione con la Peg, il massaggio, lo spostamento dal letto alla carrozzina, il figlio che scherza con lui, il pigiama, il sonno? Perché, spiega Antonietta Romano, caposala del Nucleo persone in stato vegetativo dell?Istituto Palazzolo di Milano, che ha realizzato il video, «l?obiettivo è fare luce su chi resta in stato vegetativo a lungo: per ripensare le modalità del prendersi cura di loro, persone davanti a cui la speranza ha ceduto il passo alla rassegnazione ». Il buio dell?ignoranza Persone che, verrebbe da dire, lasciamo che somiglino a creature della notte. Innanzitutto perché ne sappiamo poco. Perché quando manca la comunicazione fatichiamo a capire che il cervello – il tronco encefalico, la corteccia no – funziona ancora. Anche la medicina ha poche risposte, perché «la coscienza», come dice Sandro Feller, direttore della struttura per la Riabilitazione neurologica e subintensiva coma di Garbagnate Milanese, «non si misura con esami strumentali. Allora diventa essenziale un?osservazione attenta del paziente, e più del medico in questo possono gli infermieri e i parenti». Ciò che definisce lo stato vegetativo comunque è questo: un paziente vigile, che alterna sonno e veglia, ma non ha coscienza. Se ce l?ha diventa un ?minimal responder?, e poi su su, attraverso il recupero di diversi gradi di coscienza ma anche di disabilità che generalmente restano a segnare chi è stato in stato coma. «A un medico è richiesto di mettere etichette», spiega la dottoressa Guya Devalle, medico del Nucleo stati vegetativi del Palazzolo, 12 posti letto che presto diventeranno 19, «ma è difficile, perché ci sono infinite situazioni intermedie. Spesso alcune parti della corteccia sopravvivono, e così ci sono risposte occasionali, che nei parenti generano molte attese, ma non sono sufficienti a parlare di stato di coscienza. Nel dubbio, li trattiamo come se avessero coscienza di tutto. Però sia chiaro che i risvegli sono molto rari; noi facciamo fisioterapia e musicoterapia, ma con un obiettivo umile: non quello, irrealistico, di recuperare l?autonomia, ma quello, realistico, di ottenere il rilassamento del paziente, nell?ottica di una buona qualità della sua vita». Un circuito ad alta qualità La sfida delineata dal convegno è quella della qualità più che della quantità, con l?esigenza di rivedere gli standard delle strutture che accolgono persone in stato vegetativo, che necessitano di una assistenza e di una riabilitazione ad hoc. Il primo anello debole, oggi, è la fase post acuta precoce, subito dopo il coma: un limbo in cui i pazienti non sono ancora stati dichiarati in stato vegetativo, ma vanno osservati con attenzione spasmodica per cogliere ogni minimo segnale di coscienza. «Per questo servono nuclei altamente specializzati in neuroriabilitazione», ribadisce Feller, «integrati in un presidio ospedaliero dotato di strutture di emergenza, diagnostica, con molti specialisti». Come quello di Garbagnate, l?unico in Lombardia. L?altro punto debole è la dimissione dall?ospedale, dopo circa sei mesi dal coma, e il ricovero in una struttura di degenza a lungo termine. La tre giorni In Lombardia la Rsa sarà gratis Il convegno ha riflettuto anche sui problemi legati all?organizzazione per la gestione sanitaria e assistenziale delle persone in stato vegetativo. Roberto Caprioli, direttore sanitario del Palazzolo, dice che «molti passi sono stati fatti, ma bisogna costruire un circuito di centri specializzati, dove pazienti così complessi possano essere seguiti con continuità». Nei prossimi mesi sarà a regime il riordino della riabilitazione messo a punto dalla Regione Lombardia (dgr n. 19883/2004): il ricovero degli stati vegetativi in struttura residenziale diventerà un servizio garantito dal sistema sanitario, e sarà gratuito. Cosa ottima. Ma se una persona migliora e diventa un minimal responder, i suoi famigliari devono tornare a pagare.


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