Solidarietà & Volontariato

Usura, l’anno nero

Da cinque anni il governo non finanzia il Fondo. Le associazioni sono nell'impotenza di agire. L’sos delle fondazioni che devono aiutare le vittime degli strozzini

di Francesco Agresti

Il telefono squilla a vuoto. Inutile rifare il numero: gran parte delle 32 fondazioni antiusura italiane hanno le casse prosciugate e le strutture sono sul punto di smobilitare. Così chi bussa in cerca di un aiuto per uscire dalla trappola degli strozzini, trova il silenzio e l?impotenza. «Per il quinto anno consecutivo il governo non finanzia il fondo per la prevenzione». Padre Massimo Rastrelli, presidente della Consulta nazionale antiusura, è un fiume in piena difficile da contenere. «Non capisco le ragioni di tanta ostilità. E pensare che Ciampi ha parlato di tolleranza zero verso il crimine dell?usura». Dieci anni di Consulta Il fondo tenuto all?asciutto da cinque anni è quello istituito dall?articolo 15 della legge 108 del 1996, approvata per contrastare il fenomeno dell?usura. Tra gli strumenti, la legge ha previsto il fondo che doveva essere utilizzato per un terzo per finanziare le attività delle fondazioni e delle associazioni riconosciute e iscritte in un elenco gestito dal ministero dell?Economia. Si tratta di 32 organizzazioni attive sull?intero territorio nazionale e che svolgono un?attività preventiva promuovendo quella che loro stesse definiscono «un?etica del debito», intervenendo con garanzie su prestiti per risolvere i casi più disperati. Di quelle 32 organizzazioni, 27 si riconoscono nella Consulta di padre Rastrelli. Per uno scherzo del destino, il 22 e 23 novembre a Roma è prevista una due giorni per ?festeggiare? il decennale della sua costituzione. Ma, viste le condizioni, c?è davvero poco da festeggiare. Dal 1997 ad oggi le organizzazioni aderenti alla Consulta hanno ricevuto dai vari governi 55 milioni di euro, nel frattempo hanno risolto 8.300 casi, di cui oltre il 60% nelle regioni meridionali, garantendo operazioni finanziare per un ammontare complessivo di 93 milioni di euro con tasso di sofferenza che le banche possono solo sognare: il 2,8%. «Mentre a noi nega i fondi rimandando lo stanziamento di anno in anno e facendo promesse mai mantenute», attacca padre Rastrelli, «il governo ha investito milioni di euro per sostenere la diffusione del gioco. Spesso quelle persone che cadono nella trappola ce li troviamo a fare la fila davanti le nostre sedi perché, non riuscendo a smettere di giocare, hanno contratto debiti che non riescono più a onorare. Non solo ci negano i fondi, ma contribuiscono a ingrossare le file dei disperati che si rivolgono a noi. Il governo incentiva il gioco nonostante i pareri contrari della Commissione parlamentare antimafia e contro le indicazioni dell?inchiesta sul gioco d?azzardo del Senato. Perché spendere risorse per inchieste che vengono disattese?». Le ragioni per cui si finisce per chiedere aiuto alle organizzazioni antiusura sono molteplici. «Negli anni 90», spiega Paolo Giusto, coordinatore tecnico della Consulta, «le persone che venivan da noi avevano problemi legati alla sottoscrizione di strumenti finanziari contratti per acquistare un?abitazione e spesso poco coerenti con il proprio profilo reddituale e patrimoniale. Molti sono stati indotti a contrarre mutui in dollari, ecu o yen, ignari di firmare la propria condanna: dopo dieci anni finivano a pagare solo gli interessi. A questi si sono aggiunti quelli che, per fronteggiare il problema, avevano provato soluzioni fai da te, chiedendo prestiti a finanziarie per estinguere altri prestiti». Oltre due milioni di famiglie La Consulta stima che le famiglie in crisi di sovraindebitamento, cioè con debiti contratti per estinguere altri debiti dando vita a una spirale da cui difficilmente si riesce a venir fuori, siano almeno 2 milioni e 400mila. Una situazione di esposizione estrema che padre Rastrelli fotografa con un fatto emblematico: «Il fatto che il responsabile di Sos Usura di Milano sia indagato per truffa la dice lunga sulla situazione». «La crisi di alcune aree industriali non ha fatto che acuire i problemi», aggiunge Giusto, «molte famiglie si sono trovate di punto in bianco con una forte riduzione di reddito e con debiti da onorare. In altri casi, invece, e questo soprattutto negli ultimi anni, le persone cedono alle lusinghe del consumo, spendendo più di quanto hanno a disposizione per beni voluttuari». Gran parte degli interventi delle associazioni sono mirati alle famiglie, ma nei casi più gravi, quelli che in genere coinvolgono imprenditori, viene coinvolta direttamente la Consulta che finora ha affrontato 49 casi estremi, in uno dei quali, che interessa un imprenditore veneto, ha deciso di costituirsi in giudizio come parte civile. L?udienza è fissata per la primavera: chissà se, complice l?avvicinarsi della tornata elettorale, dal governo non arrivino almeno i fondi per pagare le spese del viaggio… Il caso Dalla Sardegna un grido: non ci restano che le lacrime Suor Luigia Leoni regge a stento le lacrime quando per telefono spiega come sia costretta ad assistere impotente all?accumularsi delle richieste di aiuto che arrivano da tutta la regione. «Non so più cosa fare, cosa dire, non abbiamo più fondi per aiutare chi ne ha bisogno, non sa quante famiglie si sono riunite, quante persone hanno ritrovato la speranza, grazie al nostro intervento». Suor Luigia è il presidente della Fondazione Santi Simplicio e Antonio, l?unica organizzazione antiusura accreditata presso il ministero dell?Economia attiva in Sardegna. Anche lei, come tutte le altre organizzazioni antiusura, aspetta da cinque anni i contributi promessi dal governo e mai arrivati. Costituita alla fine degli anni 90 grazie alla collaborazione con Banca Intesa, «l?unica che ha accettato di lavorare con noi fin dall?inizio, le altre banche si sono fatte avanti solo quando sono arrivati i primi fondi del governo», ricorda suor Luigia, ha affrontato e risolto 150 casi, e il 99% dei prestiti garantiti dalla fondazione sono stati regolarmente restituiti. «Ci hanno sempre detto di aspettare perché i fondi sarebbero arrivati, di non parlarne con la stampa, ma ora siamo in una condizione disperata. Non sappiamo più cosa fare, senza fondi non ci rimane che chiudere». Suor Luigia qualche settimana fa ha scritto ai prefetti delle province sarde. E che ritorno ha avuto? «Mi ha risposto solo quello di Sassari, mandando degli agenti per chiedere se avevamo problemi di ordine pubblico, ma il nostro unico problema è quello delle persone che vengono a chiedere aiuto e a cui non possiamo dare risposte». In questi anni di disinteresse da parte del governo, il lavoro delle organizzazioni antiusura è andato avanti solo grazie alle donazioni di privati e a parte dei fondi dell?8 per mille messi a disposizione della Cei. «La cosa buffa è che se lei chiama il numero verde antiusura 800.999.000 gestito dal ministero dell?Interno dicono di rivolgersi a noi, ma per fare cosa? Per sentirsi dire che non abbiamo più risorse?».


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