Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Media, Arte, Cultura

Il sentiero stretto di Papa Ratzinger

L'editoriale /Se non vogliamo liquidare gli interventi del Papa alla stregua di una maglietta di Calderoli, dobbiamo provare a fare un minimo sforzo di comprensione di ciò che il Papa ha detto

di Riccardo Bonacina

Se non vogliamo liquidare gli interventi del Papa nel suo recente viaggio in Germania alla stregua di una maglietta di Calderoli, così come hanno fatto sia le piazze organizzate dai fondamentalisti islamici, sia gli sciagurati columnist occidentali propugnatori instancabili dello scontro di civiltà, dobbiamo provare a fare un minimo sforzo di comprensione di ciò che il Papa ha detto. Sgombrando il campo, a più di una settimana dagli accadimenti, dall?osservazione più scontata: il Papa, citando il dialogo del 1391 tra l?imperatore Manuele II Paleologo e il dotto persiano di religione islamica, non avrebbe ben valutato quale nervo scoperto avrebbe toccato. Detto dell?errore di comunicazione, bisognerà pure entrare nel merito di ciò che il Papa ha detto, e mettere nel conto che egli avesse ben presente il nodo che andava a toccare e che, anzi, avesse ben chiara l?urgenza e la complessità di dire qualcosa sul tema del rapporto tra Cristianesimo e Islam, tra Cristianesimo e cultura occidentale, cosciente che l?enormità degli abusi che, da questa parte del mondo e dall?altra, richiedeva il rischio di una parola, di un ragionamento che provasse a dare contenuto al tanto invocato dialogo tra civiltà e religioni. Deve aver ben chiaro, il Papa, tutta la drammaticità (e la tragicità di conseguenze) di un confronto tra religioni affidato ai soli proclami del gabinetto Bush e del clan post medievale di Bin Laden & soci. Il Papa sotto accusa per aver ?dato scandalo?, ci indica due questioni capitali. La prima (come ha scritto Adriano Sofri su Repubblica): le reazioni islamiche al suo discorso ci dicono che «i credenti musulmani, e le loro guide, vanno trattati come bambini, cui impedire di sapere e capire»? La seconda: le reazioni stizzite al suo discorso di Monaco dei circoli politici e culturali teo con («Il Dio di cui abbiamo bisogno è quel Dio che alla violenza ha opposto la sofferenza e l?Amore»), indicano come il tentativo di riduzione del Cristianesimo da avvenimento universale ad ideologia e religione civile dell?Occidente non sia né domo né infiacchito dai disastri militari in Medio Oriente. La via per Papa Benedetto XVI è perciò strettissima, parlare all?Islam e poi piangere sull?ennesima chiesa data a fuoco o per l?ennesimo cristiano trucidato? Parlare all?Occidente per poi vedersi embedded nelle truppe imperiali che brandiscono lo scontro di civiltà? Nei discorsi del suo viaggio in Germania, Papa Ratzinger ha provato a percorrere proprio questo sentiero strettissimo cercando di dare una risposta a una domanda fondamentale: come si costruisce la pace, come si realizza un dialogo vero fra culture e religioni? Di certo, di fronte alle perturbazioni della storia non bastano né le indicazioni del galateo né quelle di un vago sentimento di tolleranza (soprattutto se esso non è reciproco). Il Papa, poi, ha ben presente che, se mai è esistito un patto tra grandi religioni, oggi di certo non ce n?è più traccia perché il nome di Dio è stato trascinato in guerra giustificando ogni atrocità. Questo Papa sa anche che il dialogo non è un valore in sé se non diventa azione, gesto, perché il sogno di una globalizzazione pacifica è da tempo andato in frantumi, in tutto il mondo: in questo inizio di millennio sono ricominciati a rullare i tamburi di guerra dopo le speranze nate nel 1989 e gli arsenali sono tornati a riempirsi. Questo Papa, dopo il Wojtyla viaggiatore per il mondo, verticalizza. Più che convocare popolo (anche se, dicono le cronache, in un anno di udienze ha incontrato più persone che Wojtyla nel suo primo anno) convoca coscienze. è lui stesso a dirlo pochi giorni prima del viaggio in Germania, il 2 settembre. Nel messaggio in occasione dell?incontro di Assisi promosso da Sant?Egidio, scrive: «Per costruire la pace, sono importanti le vie di ordine culturale, politico, economico. In primo luogo però la pace va costruita nei cuori. Pertanto, accanto alla dimensione ?orizzontale? dei rapporti con gli altri uomini, di fondamentale importanza si rivela, in questa materia, la dimensione ?verticale? del rapporto di ciascuno con Dio» Il Papa, nei suoi discorsi tedeschi, ha dimostrato di capire che il vero tema oggi, in Occidente ma non solo, non è più la scristianizzazione, dato ormai oggettivo, e neppure l?assenza del sacro e della dimensione religiosa che è invece presente, presentissima, a livello planetario. Dio sta sulla scena del mondo, è presente in mille e una bandiera, disponibile al supermarket delle religioni, in formato setta o in kit fai da te. Perciò a far da fil rouge dei suoi discorsi in Germania, Ratzinger ha posto una fondamentale domanda: «Noi abbiamo bisogno di Dio, ma di quale Dio?», «Noi crediamo in Dio, ma in quale Dio?», «Ci siamo riuniti per una festa della fede. Ma cosa crediamo in realtà? Che cosa significa credere?»; e poi, ancora più esplicito: «È importante che noi poniamo in discussione in modo completo e non soltanto frammentario la nostra immagine di Dio». Perché proprio nel cuore della cultura cristiana si è insediato un modo di intendere la religione che nulla ha più a che fare con la fede, e una fede che nulla ha più a che fare con la sfida alla ragione personale, alla ragionevolezza dei nostri atti. Ecco in cosa consiste la sua verticalizzazione, la richiesta di discernere su cosa sia Dio oggi, su cosa sia oggi per l?uomo, su cosa significhi fargli spazio nella scena pubblica, su cosa significhi oggi professare una fede. Una sfida enorme, direttamente indirizzata alla coscienza dei credenti, di tutti i credenti. Ma una sfida diretta anche ad ogni uomo, alla coscienza di ogni uomo perché se alla radice della violenza c?è una malintesa percezione di Dio, è altrettanto vero che senza ammettere l?ipotesi di Dio «i conti sull?uomo e i conti sul mondo e su tutto l?universo non tornano». Ratzinger, nelle sue lectio tedesche, spiega poi quali siano le risposte cristiane alla cruciale domanda. Una «fede può svilupparsi soltanto nella libertà» e il «Dio di cui abbiamo bisogno è quel Dio che alla violenza ha opposto l?Amore», perciò, e la conseguenza che trae è davvero da brivido, non c?è altra confessione della propria fede che non ?la testimonianza?. Perché «all?amore l?uomo può credere». Indirizzarsi alla coscienza in un?epoca che mette al lavoro i corpi sino a lanciarli contro i nemici, necessita il coinvolgimento della ragione. È un appello alla mobilitazione della ragione quella fatta dal Papa nel tanto discusso discorso all?università di Ratisbona. Un appello alla ragione e alla testimonianza dell?amore come unica via di professione religiosa. Il Papa sperava che qualcuno in qualche parte del mondo riprendesse con altrettanta lealtà e profondità la questione. E ancora non è detto che non succeda.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA