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Quelli che… Vogliono vivere

Cesare Scoccimarro ha 45 anni. Dal 1998 vive in casa allettato, a causa della sclerosi laterale amiotrofica. Ma non si lamenta. Ha molta voglia di continuare a vivere. Vita lo ha incontrato

di Sara De Carli

Indipendente per il dizionario è chi non dipende da altri, chi non è soggetto a vincoli e costrizioni. Aggettivo inutilizzabile per una persona che da otto anni è costretta a letto, vincolata a un respiratore, dipendente dagli altri 24 ore su 24. Invece è precisamente questo l?aggettivo che Cesare Scoccimarro e sua moglie usano. La loro storia è finita sui giornali a fare da contraltare a quella di Piergiorgio Welby: simili le condizioni fisiche (ma Welby è attaccato a un respiratore da due mesi e mezzo, Scoccimarro da otto anni), diverse le posizioni. A distanza di pochi giorni, i due si sono rivolti al presidente Napolitano: Welby per chiedere il rispetto della scelta di una morte opportuna, Scoccimarro per chiedere il rispetto della scelta di una vita indipendente. Servizio H24 A casa di Cesare e Stefania noi di Vita ci siamo stati a metà settembre. In piedi accanto al letto di Cesare, Stefania ci ha illustrato il suo business plan per l?assistenza domiciliare a favore di pazienti affetti da Sla, la sclerosi laterale amiotrofica. Un lavoro dettagliatissimo, per un progetto pilota di un anno volto all?assistenza domiciliare di Cesare e altri quattro pazienti in Italia, completo di copertura oraria del servizio H24, modello economico e Swot Analysis (termine tecnico per un grafico che raccoglie punti di forza, debolezza, opportunità e minacce del progetto: Stefania è un ingegnere). Tradotto significa che Cesare e Stefania hanno scelto di condividere l?esperienza maturata sul campo in questi dodici anni, quella stessa esperienza per cui Stefania già oggi è punto di riferimento per tante altre famiglie di malati e i medici spesso indirizzano a lei i famigliari e i caregivers dei nuovi pazienti, per un sostegno e molte dritte. Stefania ha formalizzato tutte le procedure di assistenza, ha messo insieme una serie di manuali per gestire le situazioni di emergenza legate ai macchinari da cui dipende la vita di queste persone, ha studiato un ?diario di bordo? per registrare le operazioni che vengono effettuate sul paziente, ha redatto un piano per il governo di tutti gli aspetti della assistenza domiciliare per malati di Sla, dalla selezione e formazione degli operatori in giù. Due su cento Un malato di Sla ha bisogno di essere assistito a vista, 24 ore al giorno. È necessario cambiargli posizione nel letto, somministrargli la terapia, aspirargli la saliva anche ogni minuto. In più c?è l?assistenza sanitaria e specialistica, la gestione dei fornitori, l?assistenza alla persona e alla comunicazione: leggere i giornali, far vedere la tv, navigare in internet, imparare a seguire lo sguardo sulla tabella. «Su 100 colloqui preliminari», dice Stefania, «seleziono dieci persone per la formazione; alla fine solo due si dimostrano in grado di gestire Cesare. Due su cento». Oggi l?assistenza fornita dalle istituzioni ai malati di Sla consiste nella pensione di invalidità e accompagnamento, a volte un contributo del Comune di residenza, esenzione totale dei farmaci (tranne quelli da banco), fornitura dei presidi di base (ventilatore polmonare, sondini per la broncoaspirazione, ecc., ma non è previsto un generatore che garantisca il funzionamento del ventilatore quando salta la corrente), visite specialistiche a domicilio e un operatore dell?assistenza domiciliare integrata per un?ora al giorno, festivi esclusi: giusto il tempo di fare quelle operazioni per cui è necessario essere in due, come cambiare le lenzuola. Da un punto di vista esclusivamente economico, la differenza sta in 4.600 euro. Perché tutto questo costa alla famiglia 6mila euro al mese, mentre le entrate dei contributi pubblici si aggirano sui 1.400 euro. Tre volte meno Il modello di assistenza che vige in casa di Stefania e Cesare aumenta la qualità della vita, per il malato e per la sua famiglia; l?assistenza domiciliare garantisce un rapporto 1 a 1; sono abbattuti i rischi di infezione, frequentissimi in ospedale. E se non bastasse, le istituzioni dovrebbero prenderlo in considerazione per mere ragioni economiche: un paziente come Cesare costa 219mila euro all?anno se ricoverato in ospedale; 150mila euro se seguito da personale assunto da una cooperativa privata; 72mila euro se seguito da personale direttamente assunto dalla famiglia. Ma le istituzioni finora hanno fatto poco per questi malati, e tra una Finanziaria e l?altra si limitano spesso a consigliare il ricovero in una generica Rsa. Per questo Stefania ha scritto questo business plan, che coinvolge altri quattro pazienti in Italia, e si è messa in cerca di alleanze sinergiche anche al di fuori del mondo istituzionale. A casa Scoccimarro, oltre alle telecamere, aspettano uno sponsor.

  • Info: www.adinaonlus.org www.conoscicesare.org

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