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Una Finanziaria contro il non profit

L'editoriale/ Avevamo scritto che una legge elettorale come quella approvata nella scorsa legislatura avrebbe rafforzato in modo drammatico il ruolo degli apparati. Non ci eravamo sbagliati...

di Giuseppe Frangi

In tempi non sospetti avevamo scritto da queste colonne che una legge elettorale come quella approvata nella scorsa legislatura avrebbe rafforzato in modo drammatico il ruolo degli apparati. Non ci eravamo sbagliati: e i risultati li vediamo in questi giorni con una legge che sta per essere varata da un governo di colore politico opposto, la prima Finanziaria del governo Prodi. Una Finanziaria costruita a garanzia delle solite lobby e che taglia fuori tutto il nuovo (anche livello generazionale) che si muove nel Paese. Gli esempi purtroppo si sprecano. Abbiamo iniziato con il 5 per mille, inspiegabilmente dimenticato. Ma come si fa a dimenticare un provvedimento che ha raccolto tanto consenso anche tra i contribuenti? Ora sappiamo perché sia stato possibile dimenticarlo: perché i soggetti interessati non fanno parte di nessun apparato o lobby e quindi è come se non esistessero. Fosse stato predeterminatamente ?cancellato? il 5 per mille, sarebbe meno inquietante. Invece la dimenticanza presuppone che nessuno avesse in mente quei soggetti, che nessuno li considerasse portatori di un interesse degno di ascolto. Ora, dopo quel capitolo che ancora non si sa bene se verrà recuperato (le promesse non mancano e anche l?impegno di molti: ma gli apparati macinano promesse e impegni?), ecco che si apre un?altra questione che mette a serio repentaglio la vita di molte grandi associazioni e, insieme, di tante cooperative. L?accordo per il Tfr siglato tra governo, sindacati e Confindustria ha dimenticato per strada pezzi di realtà come nulla fossero. Per quanto riguarda il mondo cooperativo lo spiega bene Luigi Marino nell?intervista a pagina 16: «Sono circa 1.500 le realtà che rischiano di chiudere, visto che si tratta di realtà ad ?alta intensità di lavoro?». Per le associazioni che abbiano dai 50 dipendenti in su la situazione è analoga. Il non profit viene equiparato in tutto e per tutto all?impresa profit, senza distinzione. In queste ore abbiamo raccolto gli allarmi, per dire, di WWF, Airc, Lega del Filo d?oro. Per le onlus o fondazioni maggiori, dai 100 dipendenti in su, ci spiegano dal WWF, ciò significa un decremento della disponibilità liquida annuale di circa mezzo milione di euro. Significa perdere quella flessibilità di accesso ai fondi accantonati, da parte di dipendenti in situazioni di bisogno, che sono una delle poche valvole di sicurezza e compensazione a fronte di remunerazioni non sempre competitive sul mercato. Tra l?altro, vengono ?punite? quelle realtà che hanno scelto con coraggio in questi anni di assumere a tempo indeterminato. E non finisce qui: l?intero impianto fiscale scorda il settore non profit, a cominciare dal regime Iva per le cooperative sociali e alla perdita secca di Iva delle onlus (essendo, queste ultime, fuori campo Iva). Non sono cambiate, inoltre, le interpretazioni fiscali restrittive sulle donazioni e sulle sponsorizzazioni alle onlus, equiparate, di fatto, ad attività commerciale. Sulle cooperative si è abbattuto l?innalzamento della tassazione sui prestiti dei soci, dal 12,5 al 20%, equiparandoli così a qualsiasi altra rendita finanziaria (sic!). L?insieme di queste misure connota un quadro davvero drammatico, come registriamo quotidianamente a Vita, raccogliendo gli sfoghi e soprattutto l?amarezza di tanti protagonisti del non profit. Non è il lamento di interessi che si sentono lesi. è l?allarme di protagonisti ammutoliti da tanta incoscienza da parte della politica. Possibile che nessuno quantifichi i danni alla collettività che misure come queste comportano?


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