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Forum sociale mondiale. L’appuntamento del “dare e del ricevere”

Diceva così il grande Leopold Senghor. Per far capire che il rapporto deve essere un rapporto alla pari. Basta guardare all’ Africa come a una sommatoria di disgrazie

di Padre Giulio Albanese

Il Forum Sociale Mondiale (Fsm) di Nairobi è senza dubbio un evento senza precedenti. Per la prima volta nella storia, la società civile africana potrà finalmente assurgere all?onore delle cronache internazionali ponendo all?attenzione del mondo i problemi di un continente scaturiti dal fallimento delle politiche globali. I temi all?ordine del giorno, proposti dal comitato organizzatore africano del Fsm, sono numerosi e sintetizzano quelli delle campagne internazionali più importanti: dalla questione del debito agli accordi commerciali con l?Europa, dalle politiche dell?Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), al fenomeno migratorio, dalla questione della sicurezza ai processi di pacificazione. Si parlerà anche di salute, istruzione, ambiente e sovranità alimentare, diversità culturale, diritti e protagonismo delle donne e partecipazione democratica. La posta in gioco è dunque alta, non foss?altro perché si tratta d?innescare dei meccanismi di cambiamento che possano ridare dignità all?intero continente. La verità è che nell?inconscio collettivo nostrano certi pregiudizi sulle Afriche – è meglio usare il plurale, essendo un continente grande tre volte l?Europa – retaggio del colonialismo, sono duri a morire e continuano a contaminare la mente e il cuore di coloro che vivono ad altre latitudini. Non l?Africa ma le Afriche Si tratta di una sorta di pregiudiziale ideologica per cui l?Africa al plurale viene vista sempre e comunque come realtà a sé stante, anni luce distante dal resto del mondo; una terra di conquista fatta di savane, deserti e foreste pluviali i cui popoli, per misteriose ragioni ancestrali, sarebbero istintivamente avversi alla mente razionale e tecnicista dell?Homo Faber del terzo millennio. Ecco che allora tutto si riduce ai soliti paradigmi di atrocità, guerre, carestie, pandemie e cronica instabilità. E proprio perché certi benpensanti del primo mondo banalizzano tutto dal pulpito dei saperi digitali, facendo peraltro sfoggio del solito trito e ritrito trionfalismo euro-centrico, le Afriche rimangono sempre e comunque primitive; nella migliore delle ipotesi paradisi esotici all?eccesso e dunque meta di tutti i turismi possibili e inimmaginabili. Ebbene di fronte a questa colata fatta di malevoli giudizi, in occasione del Forum occorre avere finalmente il coraggio di ascoltare gli africani, debellando certe malefiche convinzioni che soffocano ogni serio ragionamento. Le Afriche, contrariamente alle indicazioni fornite da certa comunicazione strappalacrime, non sono povere, semmai risultano impoverite. Non stiamo allora disquisendo sulla sorte di un paziente in terapia intensiva. Le immense Afriche, per chi le ama davvero, oggi vivono e sono più che mai palpitanti, malgrado le sciagure causate dai signori della guerra, da certe oligarchie locali e dalla bramosia di poteri soprannazionali che hanno fortemente penalizzato la vita d?intere popolazioni le quali, sorprendentemente, sono riuscite ?ad ottimizzare il caos? ? come scrive il giornalista congolese Jean Leonard Touadi – attraverso ingegno, istinto di sopravvivenza e buona volontà. Cosa dire ad esempio dell?economia informale che ha sorpreso addirittura gli economisti delle grandi istituzioni finanziarie internazionali? Non dimentichiamo che negli anni ?70 e ?80 erano in molti a pensare che il continente sarebbe collassato col suo fardello di miserie prima del 2000. Per chi dall?Italia avrà la possibilità di andare a Nairobi, dunque, sarà possibile incontrare i rappresentanti di un mondo ?afro? poliedrico e sorprendente con un potenziale di sapienza multisecolare. Le Afriche sono anche il luogo di passioni, ricchezza culturale e artistica, mare magnum di etnie fatte di volti con le loro storie da scoprire, anni luce distanti da quelle di noi ricchi Epuloni; un continente dunque che non mendica la nostra carità pelosa infarcita di pietismi e beneficenze, ma che invoca giustizia. Tanto per fare un esempio, è dimostrato che il costo degli aiuti umanitari destinati alle emergenze africane è di gran lunga inferiore agli interessi del debito che affligge il continente come una spada di Damocle. Ma la via di un possibile riscatto è praticabile e il Forum sociale avrà il compito di spiegarlo al mondo attraverso la mobilitazione delle libere coscienze. I giovani africani, per chi non lo sapesse, rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione continentale, mentre le donne producono il 62 per cento del reddito. La chance dei giovani E proprio grazie ai giovani e alle donne sta maturando una società civile composta di comunità cristiane, associazioni ambientaliste, movimenti impegnati nella difesa dei diritti umani con l?intento dichiarato di promuovere l?affezione alla res pubblica, il bene comune. Insomma, le Afriche non possono essere concepite come metafora delle disgrazie umane ed è compito del Fsm promuoverne il riscatto nella consapevolezza che tutti, bianchi e neri, hanno un destino comune. Ecco perché noi e loro, parafrasando il grande Léopold Sédar Senghor, dobbiamo incontrarci all?appuntamento del dare e del ricevere. D?altronde in questo vasto continente vi è una classe intellettuale che sta crescendo di spessore, in grado di disegnare nuovi scenari in un mondo villaggio globale. Dobbiamo prendere atto, dunque, che la dialettica tra povertà e ricchezza si gioca anche su altri piani. Laddove per le culture occidentali appare scontato – nella generale mercificazione imposta dal pensiero economico liberale ? il primato degli affari sulle persone, le Afriche ci ricordano quello che diceva saggiamente uno dei personaggi generati dall?estro letterario dello scrittore senegalese Cheick Anta Diop a proposito dei rapporti Nord/Sud: «Non abbiamo avuto lo stesso passato, voi e noi, ma avremo necessariamente lo stesso futuro».


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