Attivismo civico & Terzo settore

Volontariato, meno numeri e più ragioni

Editoriale/ Si è celebrata la tradizionale Giornata internazionale dei volontari. La settimana prima a Muro Leccese, dialogo con 400 donatori di sangue dei gruppi Fratres salentini

di Riccardo Bonacina

Lo scorso 5 dicembre si è celebrata la tradizionale Giornata internazionale dei volontari, da cinque anni promossa sotto l?egida Onu. La settimana prima ero a Muro Leccese, a dialogare con 400 donatori di sangue dei gruppi Fratres salentini. Che distanza tra la celebrazione della Giornata così incentrata sulla dimensione ?del fare? del volontariato e il dialogo a Muro Leccese tutto incentrato sul ?chi è? del volontario. La Giornata ci ha proposto la consueta ricerca sulle entrate del ?settore? (sic): «L?ammontare del ?fatturato?, per le associazioni del settore, passa da 675 milioni di euro del 1997 a 1.630 milioni di euro del 2003 (pari a 1.426 milioni di euro a prezzi costanti in base 1997)», ha recitato il III Rapporto biennale sul volontariato in Italia 2005, presentato nell?occasione dall?Osservatorio nazionale per il volontariato. Invece, il dialogo a Muro Leccese ha cercato risposte al tema dell?identità del volontariato e sulle sue ragioni, ragioni che rimangono mute e nella periferia dell?esistenza se non diventano un?interrogazione capace di cercare una risposta vera, profonda, e perciò capace di affascinare i giovani a cambiare il mondo. «Per rilanciare il volontariato occorre definire bene la linea di demarcazione tra volontariato e lavoro, evitando di essere risucchiati in una terra di mezzo fatta di lavoro precario e sottopagato», ha detto il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, commentando i dati del Rapporto. Se il ministro si fosse limitato a quest?osservazione avrebbe indicato la stessa causa del male come sua soluzione. Giacché, se è vero che, come ha detto il ministro: «Siamo di fronte ad una contraddizione tra crescente domanda sociale e inadeguata risposta da parte del welfare che mette sotto pressione il volontariato e lo spinge a farsi carico direttamente della risposta alla domanda insoddisfatta di servizi, con il rischio di attivare un circuito di supplenza al sistema di welfare caratterizzato dal basso costo delle prestazioni ». È altrettanto vero, lo sottolinea lo stesso Rapporto, che a mettere sotto pressione il volontariato è proprio l?ente pubblico (amministrazioni locali o Asl) che esternalizzano, insieme ai servizi, le loro responsabilità e i loro problemi di risorse e di cassa. Ma il ministro, che prima d?essere amministratore è uomo di ragionamento, ha colto il punto del problema quando ha detto: «La remunerazione del volontario sta nel senso e nella pienezza relazionale che può contribuire a determinare e a vivere». Ecco, si ragionava a Muro Leccese, possiamo accontentarci della definizione corrente di azione volontaria secondo cui quest?ultima sarebbe definita dalla non remuneratività delle prestazioni, dalla spontaneità dell?azione? Il non pagamento delle prestazioni o, più in generale, la mancanza di ricompense non assicura, di per sé, la gratuità, la quale è essenzialmente una virtù. L?assenza di remunerazione è solamente un indizio grazie al quale si intuisce se un dono è reale o solo apparente, ma essa non basta da sola a caratterizzare l?azione volontaria. Al tempo stesso, la gratuità non implica il disinteresse totale. C?è un interesse vero e più profondo al fondo dell?azione gratuita: costruire fraternità. La specificità del volontariato, infatti, è la costruzione di particolari legami fra le persone: legami , appunto, di fraternità. Solo se questo diventerà più chiaro sarà possibile svolgere la missione specifica e fondamentale del volontariato oggi, che è quella di costituire la forza trainante per la propagazione, nelle sfere della politica e dell?economia, cioè nello spazio pubblico, della logica della gratuità e dell?etica del bene comune così che anche le istituzione possano cambiare.


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