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Famiglia & Minori

Affido ‘in gestione’ alle associazioni

Se accolta, questa modifica introdurrà la possibilità di affido «tramite un’associazione familiare» nei casi di allontanamento non consensuale dei minori, di Daniela Verlicchi

di Redazione

Una modifica dell?articolo 4 della legge 149/2001, per dare un ruolo (e un riconoscimento giuridico) alle reti di famiglie che, come quelle della Comunità Papa Giovanni XXIII, possono gestire l?affido (ma solo quello non consensuale) al posto dei servizi sociali. In dettaglio il testo della proposta, che sarà sul tavolo della Bicamerale il prossimo 20 dicembre. Proporre un?alternativa ai servizi sociali nella gestione dell?affido. O meglio, proporsi come alternativa. È quanto si propone di fare la Comunità Papa Giovanni XXIII attraverso la proposta di modifica alla legge 149/2001, presentata lo scorso 4 dicembre al convegno Chiudere gli istituti o dare una famiglia?. L?obiettivo della pdl è sfruttare l?esperienza più che ventennale delle associazioni per sostenere e supportare le famiglie che accolgono ragazzi in affido riconoscendone, questa è la novità, il ruolo giuridico. La proposta viene discussa mercoledì 20 dicembre dalla commissione Bicamerale per l?infanzia, e fa tesoro dall?esperienza dell?associazione di don Benzi, che concepisce l?affido come un?avventura condivisa, non un fatto privato. «La possibilità di condividere quest?esperienza con altre famiglie all?interno dei gruppi d?incontro o di auto-aiuto», ha spiegato Walter Martini, segretario dell?associazione, «offre non soltanto momenti di confronto ma un sostegno sul piano pratico e motivazionale che permette di creare reti di supporto all?affido tali da permettere accoglienze a volte umanamente impensabili». La rete fa la forza, dunque: per questo l?associazione familiare è proposta come alternativa ai servizi sociali nella gestione dell?affido. Se accolta, questa modifica introdurrà la possibilità di affido «tramite un?associazione familiare» nei casi di allontanamento non consensuale dei minori. Ciò sgombra il campo da obiezioni, come quella sollevata dal magistrato minorile Maria Rita Verardo, che al convegno ha sottolineato la necessità di affidare un bambino a una famiglia ben precisa, non a un gruppo di famiglie. Nella pdl si parla infatti dell?associazione familiare come di un tramite all?affido, non come destinataria. La modifica riguarda l?art. 4 della legge. Si è scelto di limitare questa possibilità agli affidi non consensuali, precisa Martini, «per evitare il rischio di dare copertura a un ?mercato di bambini?, favorito dalla possibilità, da parte delle associazioni, di scegliere la famiglia per il minore». Da questo nuovo ruolo delle associazioni discendono tutte le responsabilità e gli obblighi che ora detiene solo il servizio sociale, e cioè «la responsabilità del programma d?accoglienza, la vigilanza durante l?affidamento» e «l?obbligo di mantenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni», oltre al sostegno educativo e psicologico delle famiglie. La proposta prevede comunque una vigilanza da parte del Comune sull?andamento dell?affido,come viene esplicitato al comma 3 dell?art. 4. Essa prevede infine l?accreditamento come meccanismo per la valutazione delle associazioni. Comune, Regioni e Stato dovranno stabilire criteri autorizzatori e riconoscere economicamente il servizio che svolgono le associazioni.


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