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Da Erode a Bush, ovvero l’impotenza dei finti potenti

Il re della Palestina: prototipo di una figura oggi dominante, l’uomo di potere che ha perso l’idea di cosa sia l’esercizio del potere. La lettura controcorrente di Giacomo Contri che ci propone una vera e propria lezione sul “potere”

di Luca Ribolini

Erode è fuori scena. Ma Erode incombe. Nel mondo composto del presepe per lui non c'è posto: eppure, entro breve, su tutti sarebbe soffiata la furia cieca del suo potere. Erode da quel giorno sarebbe diventato l'emblema della prepotenza cieca, simbolo del potere malvagio. E oggi che ne è di Erode? Oggi è ancora in circolazione, ma è stato smascherato: Erode, nelle sue numerose reincarnazioni, è un impotente. Giacomo Contri, psicanalista, è certissimo della sua diagnosi. La figura di Erode è figlia di un gigantesco equivoco che ha scambiato per espressione di potere quella che era solo una clamorosa e demenziale dichiarazione di impotenza: per eliminare un presunto nemico, il bambino di Betlemme, compie una strage sanguinaria e demenziale e neanche riesce a mettere le mani sul suo obiettivo. Per questo, dice Giacomo Contri, possiamo ben dire che il mondo di oggi è tristemente pieno di epigoni di Erode, di “potenti impotenti”, a partire, come sentiremo, dal presidente George W. Bush. Un ragionamento dalla logica ferrea quello di Contri, frutto di una lunga esperienza e della contiguità con i suoi padri, Freud e Lacan, di cui è stato allievo oltre che traduttore. Un ragionamento che è anche un invito a mettere finalmente a fuoco una delle idee più equivocate e bistrattate del nostro tempo: l'idea di potere.

Vita: Cominciamo da qui. Lei dice che il nostro tempo non ha più idea di che cosa sia il potere. In che senso?

Giacomo B. Contri: Cominciamo con il fare una constatazione: oggi il potere è più raro che i diamanti nel sottosuolo della Lombardia. È una delle grandi illusioni della nostra epoca quella di avere a che fare ancora con dei poteri davvero in azione. Il mondo allo stato attuale è nell'impotenza, e quella sessuale ne è soltanto una lontana rappresentazione. Questa condizione umilia i potenti, o meglio, i sedicenti tali. Perché il potente può anche ammettere di aver sbagliato qualcosa, senza però dubitare della propria potenza.

Vita: Eppure è una categoria ben presente nel linguaggio di oggi. Basta scorrere i giornali: il potere viene continuamente evocato e ambito?

Contri: Ma è tutto un equivoco. Purtroppo, ci hanno totalmente guastato il significato di quella parola. Possiamo averne una controprova nei nostri atteggiamenti quotidiani. Se pensa all'anoressia, capisce bene che tale patologia è il “non avere il potere” di mangiare. Per ridare contenuto a questa parola bisogna perciò ricominciare da ciò che possiamo noi. Ho potuto mangiare, cioè mi è piaciuto mangiare, così come ho potuto dormire, e come ho potuto, se volete, fare all'amore. Questo è il potere. Smettiamola di credere che il potere sia quello la P maiuscola. E smettiamola di considerare il potere come sostantivo. Stare su un'idea così significa immaginarci con le manette: anche se stanno nella testa, sono sempre manette in quanto non posso nemmeno pensare cosa sia il potere. “Potere” è verbo, voce del verbo “potere”, come si diceva a scuola facendo l'analisi grammaticale.

Vita: Lei sta dicendo questo: è ora di dare un taglio all'alibi di un potere altro che ci paralizza, per esercitare noi stessi invece un potere e quindi una responsabilità sulla nostra vita. È così?

Contri: Sì. Se c'è qualcuno che può qualcosa questo qualcuno è il singolo. La parola «potere» – salvo abolirla dal vocabolario o ridurla alla sceneggiata delle portaerei da guerra che non portano a casa niente, nemmeno gli aerei che contenevano -, ha la sua “Santa Sede” nell'individuo. Non altrove.

Vita: Con l'accenno alle portaerei lei introduce un'immagine di potenza. Vedendo quelle americane, per esempio, si dice che sono un emblema del potere che controlla il mondo. Non è così?

Contri: A volte quando sento i politologi fare analisi di questo tipo mi sembra di vedere bambini con i calzoni corti che non hanno mai smesso di giocare. Non è così, e la parabola di Bush ne è la conferma lampante. Ha scatenato la più inutile delle guerre e ora non sa come uscirne. Ha tutti mezzi a sua disposizione, eppure è paralizzato dall'impotenza. Il problema di Bush è esattamente opposto a quello che normalmente gli si attribuisce: è l'impotenza e l'irrealismo che ne deriva. Quanto aveva visto giusto il grande Benedetto XV! Aveva definito la Prima guerra mondiale «un'inutile strage». Bisogna mettere l'accento più sull'aggettivo che sul sostantivo. Quel Papa non aveva parlato di un'orribile o sanguinaria strage: in questo modo sarebbe stata una reazione solo emotiva. Da uomo ben costruito intellettualmente quale era, ha usato quel preciso aggettivo e non un altro: «inutile». Nel senso che quella guerra era alla fine a somma zero. Non avrebbe portato guadagno a nessuno neanche a chi ne fosse uscito vincitore. La storia gli ha dato ragione: il mondo, così com'è oggi, è partito tutto da quella guerra. Senza di essa non sarebbero sorti comunismo, fascismo e nazismo, e gli Stati Uniti sarebbero rimasti una potenza regionale. Davvero ci aveva visto giusto: fu un'inutile strage. Anche il mio maestro Lacan sottoscriverebbe.

Vita: In che senso?

Contri: Lui diceva che «l'impotenza è una delle dominanti a questo mondo». Faccio notare l'accostamento ossimorico tra «impotenza» e «dominio».

Vita: Eppure c'è un potere coercitivo sulle nostre vite. Un potere che non ha riguardi delle persone?

Contri: Non dobbiamo aspettarci che il potere, come dicono alcuni solennemente e non da oggi, «deve piegarsi alla morale e rispettare la sacralità della persona». Questa è un'illusione. Non è nella natura del potere, non è nel suo “programma”. Basta il buon senso per capirlo.

Vita: Quindi c'è un'accezione negativa di potere, parallela a quella che lei ha delineato sin qui?

Contri: No. Qui è un altro equivoco. Non ci sono potere buono e potere cattivo: ci sono soltanto potere e impotenza. Il potere porta frutti, l'impotenza no. I totalitarismi ne sono un emblema: ammazzano chi non sta alle regole, perché non sono riusciti a costruire una relazione profittevole con loro. È un potere impotente, che per negare la propria reale condizione cerca di cancellare l'interlocutore che gliela proclama in faccia. “Potere” è una parola seria, e san Paolo l'ha giustamente cavalcata sostenendo che viene da Dio. È molto seria in quanto vuol dire che io “posso” qualcosa. Ma dobbiamo fare i conti con un buco che troppe volte l'uomo non riesce a colmare.

Vita: Qual è?

Contri: È il buco tra l'impotenza e la prepotenza. È una situazione che definisce la condizione della nostra vita: o di qui o di là.

Vita: Ma un potere nel pieno delle sue prerogative che effetti ha sulle vite degli individui?

Contri: Farebbe sì che ognuno fosse consapevole di “potere”, verbo transitivo della seconda coniugazione. Faccio sempre un esempio: qual era il vero potere di Roma? Non quello che intendiamo secondo la vulgata. Il vero potere era che un uomo, un contadino della Britannia, poteva pensare di vendere le sue merci in Grecia. C'erano le condizioni per farlo, da quelle materiali – le infrastrutture – a quelle mentali e culturali. Il vero potere è quello che ti permette di “potere”. E senza chiedere permesso a nessuno. Il caso opposto è quello dell'Unione sovietica totalitaria: per spostarsi occorreva un permesso valido per passare da regione a regione. Quel “potere” alla fine aveva bloccato tutto, facendo milioni di morti: un altro segno di assenza di potere, perché si era privato perfino di una ricchezza essenziale come la forza lavoro.

  • Chi è Erode il grande. Lo chiamò così Giuseppe Flavio, lo storico romano, nelle sue Antichità Giudaiche. Il realtà il suo appellativo significa “il vecchio”, in quanto fu l'iniziatore dell'ultima dinastia ebraica. Era idomeneo, originario della zona meridionale della Giudea. Sua madre sarebbe stata araba. Suo padre Antipatro era talmente in buoni rapporti con i romani, che Giulio Cesare gli diede la cittadinanza. I suoi misfatti. Erode nel 32 avanti Cristo riuscì a diventare re della Palestina. Sposò Mariamne, ma spinto dalla sua invincibile diffidenza, la fece uccidere nel 29. Un anno prima di morire ricevette la visita dei Magi. Poi si ritirò a Gerico per gli ultimi giorni. Ebbe sette figli. L'ultimo, Erode Antipa.


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