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Sarkozy e i pensieri corti della sinistra italiana

La sinistra italiana sembra smarrita di fronte ai temi e agli slogan di Sarkzy. Perché? Anticipazione dell'Editoriale di Vita Magazine in edicola

di Riccardo Bonacina

Lo smarrimento che si è registrato in tanti leader della sinistra italiana di fronte, non tanto alla quasi scontata vittoria di Sarkozy alle presidenziali francesi, ma piuttosto ai temi e agli slogan che hanno permesso al candidato della destra di vincere, meritano qualche riflessione. E? stato il vocabolario caro al leader dell?Ump a suscitare molti imbarazzi nella nostra sinistra; anzi di più, uno smarrimento vero di fronte a temi che alla sinistra pure appartenevano e che ora diventano parole forti della moderna destra in Francia (la localizzazione è d?obbligo). Cosa ha detto Sarkozy? Ha detto di voler ?restituire ai francesi l?orgoglio della Francia?, ha parlato di ?restituire l?onore alla nazione e all?identità nazionale? e i suoi programmi li ha riassunti così: ?Voglio riabilitare il lavoro, l?autorità, la morale, il rispetto, il merito?. Vediamo perché questo discorso ha tanto impressionato la sinistra italiana. Cominciamo dall?identità e l?orgoglio nazionale, un sentimento che Sarkò ha saputo incarnare nella campagna elettorale dando a tutti la sensazione di essere chiamati, insieme, a un compito importante come quello di arrestare il declino del Paese. Un sentimento che, sin dal primo discorso dopo la vittoria, ha saputo rilanciare in maniera inclusiva (e questa è una novità rispetto al suo passato) quando ha chiesto (tra i mormorii e i buuu dei sostenitori) ?rispetto? per Segolène Royal e per i 17 milioni di francesi che in lei si erano riconosciuti. Sarkozy ha indubbiamente saputo suscitare nell?elettorato la consapevolezza che non si sta di fronte al mondo soli, ma insieme, come popolo, nazione, tanto più oggi di fronte alle sfide del mondo globalizzato che hanno raggiunto la soglia di casa di ciascuno. Per dirla con Gaber (La canzone dell?appartenenza), Sarkozy è riuscito a trasmettere ?il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo?. Ha capito che al fondo del malessere delle nostre società europee c?è il non riuscire più a immaginare qualcosa insieme agli altri. E suscitare questo sentimento è compito specifico della politica, non tanto perché non ci lascia soli, assistendoci o facendo al posto nostro, ma perché ci mette insieme convocandoci per un compito comune. Sentimenti e prospettive tradizionalmente di sinistra prima che il comunismo si riducesse al luogocomunismo dei diritti di seconda, terza e quarta categoria (dai diritti umani a quelli del turista, dai diritti civili a quelli del pedone, dalla sanità per tutti alla mutua per rifarsi, o farsi, il seno). Da anni ormai, la sinistra italiana non fa che solleticare quest?io desiderante e garantito senza neppure paventare l?idea che ogni diritto costa, che ogni garanzia è pagata da qualcuno. Un io (l?io, avvertiva Gadda, ?può essere il più lurido dei pronomi?) beatamente desiderante allergico alla nozione stessa di vincolo e di limite che ci ha resi più esigenti e insieme più fragili e soli (separati da ciò e da chi ci ha preceduti, senza memoria, e da ciò che verrà dopo di noi, nessun idea di discendenza), e che ha offuscato ogni senso del dovere. Ecco il secondo tema, il senso del dovere, del rispetto, dell?autorità, in una parola la responsabilità. Cioè la libertà intesa non più in senso negativo, come ?libertà da?, come rimozione progressiva di vincoli d?ogni tipo, ma riproposta, finalmente, come ?libertà per?, cioè l?assunzione di un compito di fronte a se stessi e alla società. Una concezione che perciò recupera anche il principio d?autorità connesso con l?esercizio della responsabilità e così necessario di fronte al degenerare del politically correct in opportunismo morale. E infine, la centralità del lavoro, la sua valorizzazione. Ma, c?era una volta, un tema più di sinistra? In tutte le interviste a chi gli chiedeva quale fosse la priorità del suo programma, Sarkozy rispondeva così: «La priorità delle priorità è di rimettere al centro il lavoro, tornare a valorizzarlo. La crisi morale francese ha un nome: è la crisi del lavoro» (Le Monde 12 aprile). Rimettere al centro il lavoro, la sua dignità eliminando le penalizzazioni sul ricorso al lavoro straordinario e premiando chi lavora di più. Un programma semplice, chiaro che non promette più garanzie (che i cittadini sanno non essere più esigibili) ma un premio a chi si rimbocca le maniche. Mentre la sinistra italiana si attarda da decenni nel mettere in pratica quello che per Orwell era solo uno scenario apocalittico in 1984, quando descriveva l?istitituzione dei vari ministeri nel paese totalitario di Oceania (il ministero della verità, il ministero della pace, quello dell?abbondanza e dell?amore?), qualcuno, almeno in Francia, ha ricominciato a parlare di lavoro, di diritti e di doveri, non nascondendo le difficoltà. In questi giorni, sentendo Chiamparino che diceva, a proposito di tossicodipendenza, che la modica quantità è solo un?ipocrisia e che bisogna cominciare a dire che la droga fa male, oppure ascoltando Prodi dire che gli straordinari non si devono più penalizzare, qualcuno ha parlato di effetto Sarkozy. Speriamo sia vero e non sia invece l?ennesimo pensiero corto della sinistra italiana. E con i pensieri corti non si fa certo un nuovo soggetto politico.

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