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Acri: sempre più famiglie in difficoltà economica

L'indagine sul risparmio degli italiani realizzata in collaborazione con Ipsos

di Redazione

Da sette anni, in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio, Acri, l?Associazione delle Casse di risparmio Spa e delle Fondazioni di origine bancaria, presenta un?indagine sugli Italiani e il risparmio, realizzata in collaborazione con Ipsos. Dalle risposte raccolte emerge che la debole svolta ottimista registrata nel 2006 è svanita e aleggia un pessimismo quasi rassegnato, alimentato anche da timori per l?andamento dell?economia internazionale. Alla maggioranza degli intervistati il Paese non pare attrezzato per far fronte a questa emergenza; mentre qualche speranza rimane riguardo all?Europa, pur se rispetto ad essa le aspettative sono meno elevate che nel passato.

Sono in aumento le famiglie che si dichiarano in difficoltà: in un anno diverse persone che conducevano tranquillamente la propria vita si sono trovate a fronteggiare una situazione che, se non è proprio crisi, le preoccupa. L?incertezza e le difficoltà economiche si riverberano sull?atteggiamento riguardo il risparmio: si riduce sempre di più la quota di coloro che riescono a risparmiare (sono il 33%, -4 punti percentuali) e nel contempo cresce il numero di quelli che non riescono a vivere tranquilli se non mettono da parte qualche cosa (sono il 43%, erano il 26% nel 2001). Inoltre dal 2001 a oggi sono cresciute del 2% all?anno le famiglie in ?saldo negativo?, ossia coloro che ricorrono a prestiti o ai risparmi accumulati, con la conseguenza che nei sette anni intercorsi sono più che raddoppiate fino a raggiungere quota 27%.

Si conferma una costante propensione alla liquidità, che caratterizza quasi 2 Italiani su 3: questa propensione è legata alla bassa fiducia attuale e prospettica di molti Italiani circa le leggi e i regolamenti in materia di tutela del risparmio. Quest?anno si registra inoltre una riduzione di attrattività dell?investimento nel mattone (quelli che lo preferiscono sono scesi in dodici mesi dal 70% al 55%) a vantaggio di quelli che fra gli strumenti finanziari sono considerati i più sicuri, quali i titoli di stato, i certificati di deposito, le obbligazioni e i libretti di risparmio. Questa situazione potrebbe essere il combinato dell?aumento dei costi delle case, dei crescenti tassi di interesse e, in modo indiretto, della ?crisi? dei mutui americani, con l?implicita paura, in alcuni, di sgonfiamento della ?bolla immobiliare?.

Per quanto riguarda l?Europa un?ampia maggioranza continua a sentirsi europeista, anche se la crescita del pessimismo influenza la storica propensione degli Italiani verso la Ue (gli europeisti oggi sono il 60% contro il 67% del 2006). Gli Italiani riconoscono il ruolo positivo avuto negli ultimi cinquant?anni dall?Unione Europea nello sviluppo e nella crescita sia economica sia civile dell?Italia, e sono favorevoli ad una Costituzione Europea. Emergono però valutazioni contrastanti: da un lato essi ritengono che oggi senza l?Europa l?Italia sarebbe peggiore, più arretrata, meno importante, con meno giustizia sociale, più povera, meno libera, in sintesi un posto peggiore dove vivere, dall?altro a molti rimane la sensazione che i costi di aggiustamento siano eccessivi, gli allargamenti non ben ponderati, e che l?Euro sia ancora oggi più un peso che un volano per l?economia personale e nazionale. Peraltro, proiettando in avanti lo sguardo, la loro opinione è decisamente positiva: la percentuale di coloro che ritengono che nel futuro sarà un vero vantaggio essere nell?Euro supera molto largamente la percentuale di quelli che ipotizzano ne possa invece derivare uno svantaggio (il 57% contro il 35%).

<<E? soprattutto la comune consapevolezza che l?Europa e l?euro sono la strada giusta per il futuro che mi lascia ben sperare nella razionalità e lungimiranza degli Italiani ? ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente dell?Acri, in occasione della presentazione della ricerca ?. Le difficoltà ci sono, ma anche i successi: l?economia reale cresce e il debito pubblico rispetto al Pil diminuisce, anche se non ce n?è una percezione adeguata. Dunque, al pessimismo che sembra prevalere va opposta la tenacia dell?impegno di tutti: istituzioni, mondo produttivo e cittadini. E? soprattutto da questo che nasce e si mantiene lo sviluppo>>.

La Giornata Mondiale del Risparmio, che è giunta alla sua 83ª edizione, verrà celebrata sotto l?Alto Patronato del Presidente della Repubblica, domani, 31 ottobre, a Roma presso il Palazzo della Cancelleria. Intervengono: il Ministro dell?Economia e delle Finanze Tommaso Padoa-Schioppa, il Governatore della Banca d?Italia Mario Draghi, il Presidente dell?Acri Giuseppe Guzzetti, il Presidente dell?Abi Corrado Faissola.

La ricerca: metodologia

I principali risultati sono suddivisi in due macroaree: una prima, comune alle sette rilevazioni (2001-2002-2003-2004-2005-2006-2007), che consente di delineare quali siano oggi l?atteggiamento e la propensione degli Italiani verso il risparmio, evidenziando i cambiamenti rispetto al passato; una seconda focalizzata sul tema specifico della Giornata, che è dedicato quest?anno a ?Cianquat?anni di Europa unita: regole e vantaggi per i risparmiatori?.

L?indagine è stata realizzata, nella prima settimana di ottobre, tramite interviste telefoniche con tecnologia Cati ? Computer Assisted Telephone Interviews ed è stata arricchita di alcuni dei risultati delle indagini congiunturali prodotte dall?Isae e da altre indagini condotte da Ipsos nel 2007. Sono state svolte 1.000 interviste, presso un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, stratificato in base ai seguenti criteri: area geografica e ampiezza del centro, sesso ed età. In corso di elaborazione i risultati sono stati ponderati al fine di riprodurre esattamente l?universo di riferimento.

Il futuro dell?economia, personale e globale

Nell?autunno del 2006 si coglievano segnali, seppur deboli, che parevano indicare, almeno in una parte del Paese, la percezione di una piccola svolta: un ottimismo in crescita. La debole svolta ottimista del 2006 è svanita, e non se ne trovano tracce. I dati di quest?anno riportano il calendario ai giorni del 2004 e 2005, quando stava prendendo piede un pessimismo rassegnato, con poche speranze in un rapido cambio di condizioni. Il pessimismo investe sia la valutazione sulla propria posizione personale sia quella nazionale; è inoltre rafforzato dalle nubi che sembrano apparire sull?orizzonte internazionale. Agli intervistati il Paese non pare attrezzato a fare fronte a questa emergenza. Qualche speranza viene riposta nell?Europa, anche se rispetto ad essa le aspettative sono più tenui che nel passato.

Analizzando nel dettaglio i dati, emerge che riguardo la situazione economica personale gli Italiani soddisfatti sono il 51%, in regresso di 3 punti percentuali rispetto ai soddisfatti dell?anno scorso e molto lontani dalla quota di soddisfatti del 2001 (65%), anche se superiori al minimo storico del 2005 (49%).

Se il numero di coloro che dichiarano che il proprio tenore di vita è peggiorato (19%, dato costante) e quello di coloro che lo reputano migliorato (10%, -1 punto percentuale rispetto al 2006) sono sostanzialmente analoghi a quelli del 2005 e del 2006, aumentano le famiglie che faticano a mantenere il proprio tenore di vita (46%, +4 punti percentuali sul 2006) a fronte di una riduzione di quelle che riescono a mantenerlo senza particolari problemi (sono il 25%, -3 punti percentuali sul 2006). Nell?arco di un anno quindi, persone che conducevano la propria vita con tranquillità si sono trovate a fronteggiare una situazione che le preoccupa.

Questo segnale di preoccupazione è rafforzato anche dalla diminuzione del numero di persone che risultano ottimiste riguardo a un miglioramento complessivo nei prossimi tre anni. Se i pessimisti l?anno scorso erano il 36% quest?anno sono il 46%, a scapito degli ottimisti che decrescono di 8 punti percentuali (sono il 34% contro il 46% del 2006). E i dati Isae sul clima di fiducia non fanno che confermare questi riscontri.

Analizzando nel dettaglio i vari parametri presi in esame, risulta che in merito al miglioramento della propria situazione personale gli ottimisti prevalgono ancora sui pessimisti (il 29% pensa che migliorerà, il 22% che peggiorerà, il 46% che rimarrà stabile, il 4% non sa), ma il saldo (delta) a favore degli ottimisti rispetto ai pessimisti decresce: era di 14 punti percentuali nel 2006, oggi è di soli 7 punti (nel 2005 era di 11 punti percentuali).

Analogamente si ridimensiona il saldo a favore degli ottimisti rispetto al futuro dell?economia europea: il 31% pensa che ci sarà un miglioramento e il 24% un peggioramento, dunque il saldo è di 7 punti percentuali a favore degli ottimisti, ma nel 2006 era di 19 punti percentuali. Il 32% si attende una situazione più o meno uguale a oggi e il 13% non sa.

Le aree veramente critiche sono, però, le attese sull?Italia e sull?economia internazionale. Circa la situazione internazionale c?è stato un rovesciamento rispetto allo scorso anno: se infatti nel 2006 il saldo tra pessimisti e ottimisti era a favore di questi ultimi per ben 11 punti percentuali, nel 2007 il saldo è a favore dei pessimisti per 5 punti percentuali. Questi sono il 26% degli intervistati contro il 21% di ottimisti. Il 34% pensa che la situazione in futuro rimarrà più o meno uguale, il 19% non sa.

Riguardo alle prospettive per l?economia italiana i pessimisti sono il 52% degli intervistati, il 17% si attende invece un miglioramento, il 24% nessun sostanziale cambiamento, il 6% non sa. Il saldo fra ottimisti e pessimisti è a favore di questi ultimi per 35 punti percentuali (lo era anche nel 2006 per 13 punti percentuali).

Il risparmio

Rispetto al 2006 scende in modo non trascurabile il numero di coloro che riescono a risparmiare (33%, -4 punti percentuali) mentre aumenta il numero di coloro che non riescono ad accumulare risparmio (39% del totale, 2 Italiani su 5) perché consumano tutto il reddito; aumenta anche il numero di coloro che sono in ?saldo negativo?, ossia che devono ricorrere a prestiti o utilizzano il risparmio accumulato. Dal 2001 a oggi le famiglie in ?saldo negativo? sono quasi costantemente cresciute del 2% all?anno, con la conseguenza che negli ultimi sette anni sono più che raddoppiate (dal 13% del 2001 al 27% dell?ottobre 2007: più di un quarto degli intervistati). E? in calo anche la percentuale di coloro che pensano di riuscire a risparmiare di più nel corso dei prossimi dodici mesi (dal 19% del 2006 al 15% del 2007).

Combinando l?andamento del risparmio nell?ultimo anno e le previsioni per quello futuro, si delineano ? come in passato – sei gruppi di tendenza rispetto al risparmio:

Famiglie con trend di risparmio positivo – hanno risparmiato nell?ultimo anno e lo faranno di più o nella stessa misura anche nei prossimi dodici mesi: sono il 18%, 3 punti percentuali in meno rispetto al 2006;

Famiglie con risparmio in risalita – hanno speso tutto senza fare ricorso a risparmi/debiti, ma nei prossimi dodici mesi pensano di risparmiare di più: sono il 5%, in lieve diminuzione (6% nel 2006);

Famiglie che galleggiano – hanno speso tutto senza fare ricorso a risparmi/debiti e pensano che lo stesso avverrà nel prossimo anno o hanno fatto ricorso a risparmi/debiti ma pensano di risparmiare di più nei prossimi dodici mesi: sono il 21%, 1 punto percentuale in più;

Famiglie col risparmio in discesa – sono riuscite a risparmiare, ma risparmieranno meno nei prossimi dodici mesi: sono il 13%, 1 punto percentuale in meno rispetto allo scorso anno;

Famiglie in crisi moderata di risparmio – hanno consumato tutto il reddito e nei prossimi dodici mesi pensano di risparmiare meno: sono il 15%, 2 punti percentuali in più sul 2006;

Famiglie in crisi grave – hanno fatto ricorso a risparmi accumulati e debiti (famiglie in ?saldo negativo?) e pensano che la situazione del prossimo anno sarà identica o si aggraverà: raggiungono quest?anno il 23%, 4 punti percentuali in più.

Dall?analisi dei gruppi si nota che il 38% delle famiglie è in una situazione di difficoltà. Le famiglie in trend positivo risultano più presenti nelle grandi città, quelle in risalita nei centri medi. Tra le famiglie con trend positivo e in risalita si nota un?importante presenza di imprenditori, dirigenti, professionisti; mentre tra le famiglie ?in discesa? è più elevata la concentrazione di commercianti ed artigiani. Gli impiegati sono abbastanza presenti sia tra le famiglie con trend positivo sia in risalita, mentre è alta la concentrazione di operai nelle famiglie ?in crisi moderata?.

L?effetto di questa situazione porta ad un numero sempre crescente di persone che non vivono tranquille se non mettono da parte dei risparmi: erano il 26% nel 2001, il 34% nel 2004, il 43% oggi. Si riducono sia coloro che risparmiano ma senza grandi rinunce (dal 60% del 2001 al 45% del 2007) sia coloro che preferiscono godersi la vita senza risparmiare (il 14% nel 2003, il 9% oggi).

Insomma, l?incertezza e le difficoltà economiche si riverberano sull?atteggiamento riguardo il risparmio: si riduce sempre di più la quota di coloro che riescono a risparmiare, e nel contempo cresce il numero di quelli che non riescono a vivere tranquilli se non mettono da parte qualche risparmio.

L?investimento

I dati mostrano come la situazione di pessimismo porti ad ?agognare? il risparmio, anche se spesso gli intervistati dichiarano che non rimangono loro sufficienti risorse da destinarvi. Rispetto all?impiego che se ne fa si conferma una costante propensione alla liquidità, che caratterizza quasi 2 Italiani su 3. Emerge una riduzione di attrattività dell?investimento nel mattone (dal 70% al 55%) a vantaggio di quelli che fra gli strumenti finanziari sono considerati i più sicuri – quali titoli di stato, certificati di deposito, obbligazioni e libretti di risparmio ? preferiti dal 25% del campione rispetto al 13% del 2006.

Nel compiere le loro scelte di investimento il 38% degli Italiani sembra essere attratto dalla solidità dell?investimento, intesa soprattutto come solidità di reputazione del soggetto che lo propone; mentre il 27% concentra la propria attenzione su una valutazione della rischiosità del singolo investimento. Solo il 18% dichiara di considerare come elemento principale di valutazione la redditività, e solamente il 3% compie le proprie scelte tenendo presente lo sviluppo dell?Italia.

C?è comunque una bassissima fiducia nel sistema di leggi, regole e controlli in Italia: per il 69% sono del tutto inefficaci; ancor più preoccupante è la visione prospettica: il 52% ritiene che la situazione andrà sempre peggio (questo dato è in aumento negli ultimi tre anni). Solo il 26% è fiducioso nel futuro (comunque in calo di 11 punti percentuali sul 2006): in particolare maggiormente fiduciose sono le persone che hanno azioni e fondi (33%) e, soprattutto, coloro che hanno fiducia nell?Unione Europea (46%).

La bassa fiducia complessiva può spiegare la scarsa propensione a trasferire il Tfr dall?azienda ad un fondo. Rispetto alla recente legge c?è un buon livello di informazione (il 62% dei cittadini si ritiene informato, percentuale che raggiunge il 97% tra i dipendenti del settore privato), anche se tale informazione non ha indotto atteggiamenti differenti rispetto al 2005 circa la destinazione ottimale del Tfr. Il 55% dei dipendenti privati del campione continua a ritenere che la soluzione ideale sia lasciarlo in azienda (dato pressoché analogo al 58% espresso dal totale della popolazione italiana), il 38% ritiene preferibile assegnarlo ad un fondo, la quota restante non si pronuncia.

L?europeismo e l?Euro

Per quanto riguarda l?Europa un?ampia maggioranza continua a sentirsi europeista, anche se la crescita del pessimismo influenza la storica propensione degli Italiani verso la Ue (gli europeisti oggi sono il 60% contro il 67% del 2006). Coloro che dichiarano una minore fiducia nell?Unione Europea sono il 29% nel 2007 contro il 26% del 2006.

Uno degli elementi di maggiore disagio è l?Euro: oltre 3 Italiani su 4 se ne dichiarano insoddisfatti, dato in crescita rispetto al già elevato 71% del 2004, ed estremamente lontano dalle indicazioni pre-introduzione, quando circa 2/3 degli Italiani si dichiaravano favorevoli. In particolare si registra la percezione che l?avvento dell?Euro abbia più favorito l?uscita di capitali verso investimenti esteri che non il flusso contrario.

Inoltre, pur se è considerato vero il fatto che oggi sia più facile e sicuro investire all?estero, gli Italiani non hanno la sensazione che la moneta unica abbia favorito il dinamismo e la competitività del ?Sistema Italia?, né le assunzioni da parte delle imprese. E? inoltre forte la sensazione che i risparmi abbiano perso valore.

L?ottica cambia in maniera sostanziale quando gli Italiani pensano al futuro: ritengono che in una prospettiva molto ampia, quale quella di vent?anni, per l?Italia sarà un vero vantaggio essere nell?Euro (57%) piuttosto che uno svantaggio (35%); inoltre sono positive anche le aspettative rispetto al contributo che l?Europa potrà dare alle leggi e a strumenti più efficaci nella tutela del risparmio, che risulta un problema molto sentito dagli Italiani. L?insoddisfazione riguarda perciò fondamentalmente l?oggi e la situazione attuale, che sembra presentare costi eccessivi rispetto ai vantaggi percepiti.

Il processo di formazione dell?Unione Europea

Il sentimento europeista pare meno in auge rispetto ad alcuni anni fa, peraltro gli Italiani riconoscono il ruolo positivo avuto dall?Unione Europea nello sviluppo e nella crescita sia economica sia civile dell?Italia. Dovendo dare un giudizio cinquant?anni dopo i trattati di Roma ? ricordati dal 54% degli intervistati ? il 60% degli Italiani dà un giudizio positivo, contro il 18% che ne dà un giudizio negativo e il rimanente 22% che non si pronuncia né in un senso né in un altro.

Scendendo nel dettaglio, emergono elementi ambivalenti delle sensazioni degli Italiani sull?Europa. Essi ritengono che spesso i costi di ?aggiustamento? richiesti dall?Unione Europea siano stati eccessivi (per il 64% dei rispondenti) rispetto ai benefici specifici che ne sono derivati, o che si ipotizzano per il futuro. Inoltre rispetto all?allargamento pare essersi ridimensionato l?ideale di un?Europa più ampia, a causa dei problemi di coordinamento percepiti dal 60% dei rispondenti.

Rispetto all?introduzione di regole europee nei diversi mercati, gli Italiani dividono il proprio giudizio: la maggior parte (il 49%) le giudica positivamente, poiché hanno consentito uno sviluppo comune ed equilibrato degli stati membri; per il 42% hanno invece limitato troppo la libertà dei singoli stati. E? importante sottolineare che in genere le regole imposte dall?Unione Europea sono ritenute equilibrate o troppo blande; solo una minoranza le giudica troppo rigide.

Senza l?Europa oggi l?Italia sarebbe peggiore per il 54% degli Italiani; più o meno la stessa per il 26%; migliore solo per il 19%. Più nel dettaglio, senza l?Europa il nostro Paese sarebbe soprattutto più arretrato (68% contro il 25% di opinione contraria), meno importante sulla scena internazionale (65% contro il 25%) con meno giustizia sociale (55% contro il 29%), più povero (53% contro il 32%), meno libero (53% contro il 37%).

In sostanza gli Italiani riconoscono all?Europa un ruolo positivo nella crescita del Paese: come si è detto essi hanno aspettative più positive circa lo sviluppo dell?economia europea che non per quella italiana o internazionale, e si attendano un incremento degli strumenti a tutela del risparmio proprio dall?Europa. In questo contesto gli Italiani non si accontentano di una unione economica e monetaria: emerge nei più la richiesta di una costituzione europea (55% vs 36%).

L?apertura del sistema bancario

Che il sistema bancario sia in movimento è percepito da quasi 7 Italiani su 10: per i più (40%) la spinta a questi cambiamenti è dovuta alla concorrenza estera, facilitata dall?introduzione dell?Euro; per il 31% alle istituzioni italiane (18%) o europee (13%); per il 22% all?autonoma iniziativa delle banche. Buona parte del campione (74%) sa che negli ultimi anni molte banche europee hanno ampliato le proprie attività in Italia e che di converso le banche italiane sono diventate soggetti attivi all?estero. Questo quadro trova gli Italiani favorevoli: per il 61% aumenta le opportunità, mentre solo per il 28% induce un aumento dei rischi; i maggiormente informati risultano ancora più favorevoli a tale apertura (73%). Si pensa che le banche straniere siano interessate all?Italia perché il nostro mercato è arretrato, e secondariamente perché è forte la propensione al risparmio. Per i più (47%) le banche estere opereranno come le banche italiane, raccogliendo denaro e finanziando imprese e cittadini; solo il 31% percepisce il rischio di un ?drenaggio? di risparmi da dirottare su investimenti esteri, mentre l?8% ritiene che la presenza delle banche estere consentirà di incrementare i finanziamenti agli Italiani.


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