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Chi di tifo ferisce, di tifo perisce

Tante le domande sulla giornata di ieri. Perchè tante bugie dal Questore? Perchè il silenzio di Amato sino alle 18? Perchè usare il calcio e il tifo per coprire errori? Di Riccardo Bonacina

di Riccardo Bonacina

Quello che è accaduto domenica 11 novembre è incredibilmente grave, gravissimo. I fatti, nudi e crudi lo testimoniano.
Ore 9,10 all?Autogrill di Badia al Pino, autostrada A1, pochi chilometri prima di Arezzo in direzione Nord, muore Gabriele Sandri, ventiseienne tifoso laziale in viaggio per Milano, raggiunto da un proiettile sparato da un poliziotto dall’autogrill sul lato opposto dell’autostrada. Dalle ricostruzioni e testimonianze del giorno seguente si evince che il poliziotto, che non comprende che cosa è accaduto dall’altra parte della strada, convinto di essere alle prese con un delitto ben più grave di una scazzottata, troppo emotivamente, troppo affrettatamente spara (ma si spara così facilmente in questo Paese?).
Per troppe ore, questa ricostruzione di un fatto semplice nella sua assurda tragicità e che col calcio e il tifo non ha nulla a che fare, non viene fuori. Al suo posto l?imbarazzato silenzio di chi dovrebbe parlare e una serie infinita di bugie che ?grazie? al solito cortocircuito tra questure e media provoca un tam tam pericoloso.

Alle ore 11,27, due ore e un quarto dopo il fatto, un?agenzia prestigiosa come Reuters batteva ancora questa versione dei fatti: «Una persona è morta in uno scontro fra tifosi della Lazio e della Juventus in un’area di servizio dell’autostrada A1 nei pressi di Arezzo. Lo confermano la polizia stradale della città toscana e una fonte del dipartimento centrale della polizia di stato. “Mentre i tifosi laziali e juventini si stavano scontrando in quest’area di servizio – dice al telefono una fonte del dipartimento centrale della polizia – proprio dalla parte opposta della strada c’erano due pattuglie della polizia stradale per normale attività di controllo viario. Visto quel che accadeva i poliziotti hanno prima cercato di far finire la rissa, prima con urla e poi facendo suonare le sirene”».

Alle 11,57 l?Adnkronos batte ancora questa notizia: «Nell’area di servizio della A1 Badia al Pino era intervenuta una pattuglia della polizia stradale per sedare la rissa tra tifosi della Juventus, diretti a Parma, e quelli della Lazio, che si dirigevano a Milano per il match con l’Inter».
La questura di Arezzo e il Viminale, insomma, tacciono e confondono le carte, e così facendo, irresponsabilmente gonfiano l’attesa, la rabbia, la frustrazione delle migliaia di ultras che si preparavano a raggiungere in quelle ore gli stadi, sciogliendola poi con una cosmesi dei fatti che si è rivelata un abbaglio grossolano che, a sua volta, ne ha provocato un altro ancor più doloroso.

Parla il Questore. Solo alle 17, mentre dal Viminale ancora non si dice nulla, il Questore di Arezzo (che è ancora al suo posto!) in una surreale conferenza stampa se ne esce con questa dichiarazione (da Repubblica.it delle 17,25) «Il racconto del Questore ?Due spari in aria hanno colpito il giovane?».
Mentre intorno agli stadi è già guerriglia si continua ad accreditare la tesi per cui l’agente della polizia stradale è intervenuto per sedare una rissa tra i tifosi e, nel farlo, ha sparato in aria un colpo di pistola (“introvabile l’ogiva”) che “accidentalmente”, “forse per un rimbalzo”, ha ucciso Sandri.

Parla Amato. Solo alle 18 (ma dov?è stato il ministro dell?Interno nelle 9 ore precedenti?), Giuliano Amato parla, ma dice cose pazzesche. Eccole (AdnKronos delle 18:08): «Si sta ancora verificando l’esatta dinamica dei fatti, ma sembrerebbe trattarsi del tragico errore di un agente che era comunque intervenuto per evitare che una rissa tra tifosi potesse degenerare. Le responsabilità saranno accertate senza reticenze. Ancora una volta, però, un giovane è morto in circostanze legate alla violenza che ruota intorno al calcio, una violenza che costringe tutti i fine settimana migliaia di uomini e donne delle Forze dell’ordine a presidiare autostrade e città per evitare il peggio».

Insomma, il ministro mente sapendo di mentire (l?ipotesi della sua incoscienza sarebbe ancor più grave) e pur consapevole che non di calcio si trattava, ma del tragico deficit professionale di un agente lungo un’autostrada, il Viminale fa l’ennesimo passo falso di una domenica bestiale. Il racconto contraffatto è stato accreditato di ora in ora senza correzioni. Rilanciato e amplificato dalle dirette televisive, dalle radio degli ultras, dai blog delle tifoserie, ha acceso come una fiamma in quella polveriera che sono i rapporti tra le forze dell’ordine e l’area più violenta degli stadi, prima e soprattutto dopo la morte dell’ispettore Filippo Raciti a Catania.

Così la morte di Sandri è diventata una morte “di calcio”, morte “per il calcio”. Una chiamata per l’orgoglio tribale degli “ultras” che, e non era mai successo in questo Paese anche in momenti più tesi e più bui, alla sera hanno assaltato tre Commissariati di polizia a Roma e il Palazzo del Coni.

Ma, come dicono i fatti nudi e crudi, la colpa non è solo degli istinti ?bestiali? degli ultras ma di chi li ha solleticati per imperizia, incapacità di governo, paura di dire la verità.

Solo in queste ore il capo della polizia ha dichiarato al TG1 che il poliziotto “nulla sapeva delle ragioni del litigio e della rissa che si era creata e dunque non interveniva nell’ambito del contrasto alla violenza nel mondo dello sport”. Ma ormai sono passate più di 30 ore e l?inferno si era già scatenato.


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