Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Leggi & Norme

Piano asili nido,il bel sogno si è impantanato

I soldi stanziati lo scorso anno sono ancora tutti nella cassa dello Stato. Colpa del conflitto con le Regioni. E intanto la Finanziaria 2008 ha tagliato drasticamente i fondi previsti.

di Maurizio Regosa

Trecentoquaranta milioni di euro, stanziati dal governo a fine 2006, sonnecchiano nelle casse statali. Dovevano servire per il Piano straordinario nidi 2007 – 2009, pensato per colmare un ritardo grave e dare il via, dopo trent?anni, a una concreta politica a favore dell?infanzia (subito abbandonata, come ha fatto notare Cristiano Gori sul Sole 24Ore: nella Finanziaria in discussione sono previsti appena 25 milioni e per il solo 2008).Ma se fin qui non è stato speso nemmeno un euro, in compenso si è stabilito come ripartire le risorse. Se questo è il ritmo, i bambini che oggi andrebbero ai nidi, saranno alle elementari quando le strutture saranno inaugurate?. «Non è così semplice», spiega Paolo Onelli, dirigente del ministero della Famiglia, «si è svolta una delicata concertazione fra lo Stato e le Regioni. Abbiamo definito i livelli essenziali. Non appena è stata raggiunta l?intesa, abbiamo fatto il decreto». Vero: non ha fatto passare tre giorni, il dottor Onelli, per rendere pubblico il decreto che porta la sua firma e che indica le somme stanziate a favore di Regioni e Province autonome. A loro la palla, adesso: «Sono loro a dover produrre un piano triennale di utilizzo di queste risorse. Non appena lo invieranno, stanzieremo i fondi». Interpellate a due mesi di distanza dal decreto, le Regioni hanno per lo più risposto: «Ci stiamo lavorando». «Ancora non abbiamo niente di ufficiale. È un po? troppo presto. Ma mi auguro che i due tavoli, tecnico e politico, chiudano in temi brevi», dice a Vita Maria Grazia Marchetta della Regione Lazio. Analogamente Rosella Petrali della Regione Lombardia dice: «Stiamo predisponendolo, anche se non è chiaro se servirà un provvedimento di giunta regionale, cosa che allungherebbe i tempi».Altrove, per esempio in Puglia, sono quasi al traguardo. Hanno agganciato il piano nidi alla progettazione regionale e in tal modo abbreviato i tempi. Più flemmatici in Sardegna: «Non è un documento molto complesso», spiega il dirigente Remo Siza, «e penso che in tempi brevi sia possibile produrlo. Abbiamo le idee chiare: siamo orientati verso piccole strutture, micronidi anche poco strutturati». Aver idea di dove si va è importante. Ma pure sapere quando si arriva, e con quali strade, non sarebbe male, no? Tanto più che essendo i servizi di competenza comunale, saranno necessari appositi bandi per ridistribuire le risorse. E questo allungherà i tempi, inevitabilmente. Senza contare che, se entro tre mesi (dall?accordo Stato – Regioni, che è del 26 settembre scorso) non saranno presentati i piani regionali, i due ministeri interessati, della Famiglia e della Solidarietà sociale, potranno adottare «atti idonei», «previa intesa con la Conferenza unificata». «È la sussidiarietà verticale», commenta Claudio Beltrami, dirigente Servizi sociali della Regione Veneto (che il suo piano l?ha già inviato), «Lo Stato si riserva di intervenire laddove ci siano inadempienze». Ma come si giustifica, dottor Beltrami, questo ritardo? «Forse vuol dire che intendono incamerare i fondi nel prossimo anno. Noi abbiamo da tempo fatto presente che se i piani sono presentati entro fine novembre, la Ragioneria è in grado di trasferire le risorse entro il 2007. Se no c?è il rischio di slittare a febbraio 2008».A registratore spento, però, arriva qualche spiegazione in più. Ad esempio si critica il meccanismo di compartecipazione secondo il quale le Regioni devono contribuire all?attuazione del Piano straordinario nella misura del 30%. «Avrebbero potuto distribuire i fondi e poi chiedere conto del loro utilizzo. Se no che federalismo è?», si chiede un dirigente (che preferisce l?anonimato). «In ballo c?è il riconoscimento del ruolo delle Regioni, che non devono limitarsi a gestire azioni, ma dovrebbero promuovere politiche», incalza un altro, che aggiunge: «Il meccanismo decisionale è troppo complesso. Finisce che il coordinamento diventa un ostacolo alla spesa. Pensi che la Corte dei Conti ha registrato solo il 14 novembre il decreto per il Fondo per la non autosufficienza stanziato anch?esso nella scorsa Finanziaria»


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA