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Cooperazione & Relazioni internazionali

Vi propongo un patto per la vita

Un’associazione che opera nel mondo delle adozioni riflette sulla doppia e opposta sofferenza legata al generare (di Stefano Bernardi).

di Redazione

Stando fuori dallo scontro tra chi difende la 194 ?a prescindere? e chi la vorrebbe abolita o sospesa, dentro ai percorsi di genitorialità adottiva e alla sofferenza delle donne di fronte all?aborto si possono identificare i termini di una esplicita alleanza tra chi genera, chi può essere genitore e chi non può essere altro che figlio.L?acceso dibattito di queste settimane sull?interruzione volontaria di gravidanza assume sempre più i connotati dello scontro. Scontro che sembra condurre a un conflitto lacerante, estremo e finale: quello tra la madre e il proprio figlio. Tra chi genera e chi è generato. Ma anche interno ad una società incapace di fare sintesi reale tra libertà individuale e valore della vita. La questione è un nervo scoperto che rende rischioso l?affrontarla (a volte anche solo a pronunciarla). S?inseguono (è forse inevitabile e probabilmente giusto) le prove scientifiche che, nella ricerca ontologica della determinazione illuministica dell?ora X della vita, dell?inizio del tutto, finiscono con il generare il paradosso della negazione dell?oggettività stessa della scienza: scienza come risposta esatta (fino alla successiva smentita) a domande che con la scienza non centrano.Vorrei allora cambiare il punto di vista, il modo di guardare a una questione che tutti ci riguarda. Tutti perché alcuni di noi sono madri, altri sono padri, ma tutti, indistintamente, siamo figli. Molti di noi (figli) hanno avuto dei genitori che, dopo averci generato, ci hanno cresciuti e accuditi con l?amore del quale erano capaci all?interno di un implicito patto generazionale che a volte non siamo capaci di rappresentarci in pieno ed in esplicito. E se si ripartisse proprio dall?essenza di questo patto generazionale, che è anche patto sociale – patto tra bisogni (quello di essere genitori e quello di sapersi figlio) – per sperimentare un nuovo patto per la vita? Un patto tra chi può dare la vita a un figlio senza voler/poter esserne il genitore, e chi può esserlo senza necessariamente avergli dato la vita.Incontro tante coppie che attraverso l?adozione nazionale e internazionale perseguono la propria completezza nella ricerca della genitorialità e conosco la loro inascoltata sofferenza: sapere di potersi donare a un altro senza riuscire ad incontrarlo. Così come intuisco la sofferenza di una donna di fronte alla decisione di interrompere una gravidanza: sofferenza lenita (o ridotta ad essere inconscia) dall?idea (o dall?autoconvinzione) della non natura di essere umano del feto.Parlo di una possibilità che diventerebbe tale quando si riuscisse a renderla esplicita. Una possibilità concreta, offerta alle donne come una possibilità in più di autodeterminazione e non come limitazione della propria libertà. Una scelta che avrebbe i contorni del patto per la vita: un patto anonimo che includerebbe colei che genera, chi sarà genitore e chi non può che essere figlio. Credo che ci siano già tutti i termini quanto meno per una sperimentazione di percorsi in questa direzione, a condizione di avere l?onestà intellettuale di non evocare subito il rischio degli uteri in affitto o simili fantasmi. Associazioni ed organizzazioni di primissima levatura morale sarebbero certamente in grado di proporsi per una prospettiva di questo genere, e lo Stato esplicherebbe sicuramente la propria alta funzione di guida e vigilanza.Nulla di nuovo in realtà. Forse neppure sotto il profilo normativo. Un patto la cui cifra di novità è contenuta nel suo essere esplicito, dichiarato e pubblico: riguarderebbe vicende sicuramente private, ma dentro una condivisa alleanza per la vita e per la promozione della dimensione essenziale della società rappresenta dal legame fondante e prospettico tra genitori e figli.

Stefano Bernardi, presidente di Enzo B


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