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Economia & Impresa sociale 

A chi governerà: evitatele insidie del pensiero unico

Il punto di vista strategico del Credito cooperativo

di Redazione

Le Banche di credito cooperativo e le Casse rurali fanno, da sempre, “finanza per lo sviluppo” e non “finanza per la finanza”. Sostenendo, cioè, l’economia reale e non la speculazione. E questo ha un valore inestimabile in un contesto, come ad esempio l’attuale, nel quale la carenza di liquidità successiva alla crisi dei mutui subprime statunitensi sta determinando un razionamento del credito e un aumento dei costi a danno di quanti investono nell’economia reale. Si tratta, in sostanza, di ribadire il ruolo e le specificità delle Bcc quali banche del territorio (nel senso che sono possedute dalle comunità locali), utili allo sviluppo del Paese.
Al prossimo governo il Credito cooperativo sostanzialmente chiede di evitare le insidie di un “pensiero unico” omologante che vede nelle concentrazioni bancarie l’unica soluzione ai problemi della competitività di settore. L’esperienza del Credito cooperativo dimostra che una soluzione alternativa e vincente può essere quella di una “integrazione orizzontale”, il fare rete: solo promuovendo la dimensione di rete le piccole banche mutualistiche possono mantenere la propria autonomia, restare vicine al territorio che le ha generate e competere con le grandi banche. È interesse di chi governa un Paese caratterizzato da un modello di sviluppo basato sulle micro, piccole e medie imprese far sì che vi sia una pluralità di soggetti bancari di dimensioni e radicamento analoghi alle aziende che costituiscono l’ossatura imprenditoriale dell’Italia.
Crediamo quindi sia opportuno richiamare la dovuta attenzione sulla necessità che trovi sempre concreta applicazione il principio di proporzionalità nell’adeguamento alle normative – in particolare di emanazione europea o internazionale – in modo da graduarne l’impatto sulle aziende minori. Tutto ciò è fondamentale se si vuole consentire l’operatività sul mercato a soggetti in grado di assicurare un presidio alla democrazia finanziaria, considerato da tutti – almeno a parole – un valore.
Una terza questione sulla quale ritengo significativo richiamare l’attenzione del futuro governo è la consapevolezza che le banche mutualistiche operano con una serie di limitazioni, come la dimensione locale (le Bcc possono difatti erogare credito al di fuori delle aree di competenza solo per il 5% del totale), l’impossibilità di accedere direttamente al mercato dei capitali, l’impossibilità di emettere prestiti sociali, il limite dei remunerazione dei soci, l’indisponibilità e l’indivisibilità per i soci delle riserve patrimoniali. Condizioni che, se da un lato sono l’essenza della cooperazione di credito, nella logica di una corretta concorrenza sono in grado però di penalizzarne l’azione.
Tali limitazioni oggettive, a nostro avviso, giustificano pertanto misure “ripristinatorie” delle condizioni di parità concorrenziale rispetto alle altre banche aventi natura non mutualistica. Dall’entrata in vigore della Costituzione italiana e fino ad oggi, l’unica misura ripristinatoria di tale parità concorrenziale è stata quella di natura tributaria. È bene allora sapere che quella che erroneamente viene considerata una norma di favore (ovvero l’esenzione dall’Ires per il 70% degli utili annuali che obbligatoriamente vanno destinati a riserva indivisibile) non è altro che un meccanismo idoneo a ripristinare le condizioni di una corretta concorrenza nell’industria bancaria. E come tale va salvaguardato. Senza dimenticare che le Bcc, come le altre cooperative, pagano – com’è giusto che sia – tutte le altre imposte.
Una quarta tematica riguarda l’opportunità di proseguire con convinzione e decisione sulla strada di una maggiore trasparenza, rispetto agli intermediari finanziari, nella predisposizione e gestione di strumenti di risparmio “etici e socialmente responsabili”. Nel solco di quanto definito di recente dalla Consob ed in attuazione della legge sul risparmio. Non basta, in sostanza, una autocertificazione di qualità etica. Ci vogliono regole certe condivise e valide per tutti. Per consentire ai risparmiatori di scegliere e di vedere il valore aggiunto che il proprio risparmio può generare. E questo sarà tanto più possibile quanto saranno forti ed efficienti banche come le Bcc. Che non hanno azionisti di riferimento da remunerare (magari lontani, con il cuore e la testa, centinaia di chilometri da dove si opera), ma che rendono conto dell’efficacia della loro azione solo alle comunità locali alle quali appartengono.


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