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Trauma cranico,emergenza con via d’uscita

Ogni 100mila persone,250subiscono danni cerebrali.Come intervenire?Se ne parla in un convegno a Ferrara

di Daniela Verlicchi

Morire a 18 anni in un incidente stradale? Purtroppo capita più spesso di quanto ci si possa immaginare. Secondo i dati della Simfer – Società italiana di medicina fisica e riabilitativa, il trauma cranico è infatti la prima causa di morte nei ragazzi tra i 15 e i 24 anni. «È una patologia talmente complessa e multiforme da risultare spesso fraintesa o sconosciuta», denuncia Paolo Fogar, presidente nazionale della Federazione nazionale associazioni trauma cranico, che riunisce le onlus che operano in questo settore. Ogni 100mila persone, 250 subiscono danni cerebrali, di solito in seguito ad un incidente stradale. Di queste il 12% non sopravvive, il 30% riporta disabilità gravi, più della metà (53,4%) handicap lievi o moderati e il 4,7% entra in stato vegetativo. «Anche chi se la cava con lievi danni neurologici», spiega Fogar, «deve fare i conti con una serie di disturbi (cognitivo, motori e comportamentali) che spesso non vengono riconosciuti come conseguenze del trauma cranico nemmeno dalle commissioni provinciali d?invalidità». Un problema che, se associato alla diffusione del fenomeno, si trasforma in una vera e propria emergenza. Un esempio? «A Trieste c?è un ragazzo che ogni sera finisce in commissariato per comportamenti molesti: difficile dimostrare che questa situazione è dovuta ad un trauma subito anni prima e quindi evitargli le continue visite alla stazione di polizia. Eppure è così».

Di questo e di altri paradossi si discuterà a Ferrara il prossimo 19 aprile, in occasione della Giornata nazionale del trauma cranico. Un convegno, organizzato dalla federazione in collaborazione con il Centro di riabilitazione San Giorgio e la Città del Ragazzo, che affronterà il tema dell?integrazione degli ex traumatizzati. In maniera decisamente creativa: «L?integrazione un?arte, l?arte per vivere», questo infatti il titolo dell?incontro.

Oltre agli interventi di psicologi, fisioterapisti e musicoterapisti, il convegno prevede anche alcuni spettacoli teatrali che vedono traumatizzati e cerebrolesi nei panni di attori. Quella dell?arte come terapia è una corrente riabilitativa innovativa «che punta sulla ricostruzione psicologica di sé attraverso l?interpretazione di altri», commenta Fogar. «La riabilitazione può dirsi riuscita solo se si restituisce al paziente una qualità di vita che lui stesso giudica buona», continua, il che significa completo recupero fisico, reintegro lavorativo e ricostruzione dei legami sociali. L?arte, il teatro e le attività culturali in questo senso hanno un ruolo decisivo».


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