Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Education & Scuola

Salute mentale: la cooperazione sociale giudica le nuove linee guida

Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Ardea MORETTI, Responsabile Area salute mentale Cooperativa sociale Itaca

di Redazione

Un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato, il 20 marzo scorso, le linee di indirizzo nazionali per la Salute mentale. E’ frutto di un lavoro svolto in stretta collaborazione con le Regioni, attraverso percorsi di confronto condivisi, che hanno coinvolto sia soggetti portatori di bisogni che responsabili delle politiche volti a soddisfarli. Ne diamo un primo provvisorio commento che vuole essere soprattutto uno stimolo alla riflessione, in questo 2008 inteso non solo (nel trentennale della legge 180) quale memoria che va salvaguardata per essere momento di formazione e monito, ma soprattutto quale riconoscimento del quanto (anche se a volte poco) fatto, per continuare nel futuro migliorando.

di Ardea MORETTI, Responsabile Area salute mentale Cooperativa sociale Itaca – Pordenone

Le linee di indirizzo partono proprio dai due Progetti Obiettivo Salute Mentale degli anni ’90, che hanno riaffermato i principi sanciti dalla 180, per quanto la sua applicazione non si fosse e non si sia verificata in modo coerente ed uniforme nel territorio nazionale (anche se è un ?esempio? a livello mondiale). Il passo avanti che le linee guida propongono mi sembra consistere nell’accento su due dimensioni: quella dell’infanzia/adolescenza e quella del carcere/ospedale psichiatrico giudiziario.
Questi ambiti erano già presenti nel Progetto obiettivo del 1998-2000, e vengono adesso costantemente ripresi, tanto che il coordinamento e integrazione tra Neuropsichiatria infantile e Dipartimento di salute mentale (con una collaborazione attiva con il Dipartimento per le dipendenze), viene indicato come un obiettivo strategico per i prossimi anni. Ne consegue una priorità data alla confluenza delle due strutture, finalizzata a garantire un unico sistema di intervento basato sulla centralità dell’individuo e sui bisogni, vecchi e nuovi, che si presentano. Si evidenziano anche i nuovi bisogni che si presentano, conseguenti ai cambiamenti intervenuti nella società civile. E’ troppo sfumata invece, secondo me, una attenzione doverosa al coordinamento ed integrazione, oltre che con l’area dell’infanzia ed adolescenza e quella delle dipendenze, con quella della disabilità.
Ma c’è un po’ tutto quello che noi troviamo quotidianamente nel nostro lavoro. Difficili passaggi e difficoltà nella presa in carico dei servizi per chi ha, ad esempio, sedici o diciassette anni e mezzo, o interventi su persone con difficoltà che hanno figli minori (o viceversa). Programmi ed azioni tutte da inventare quando a richiedere aiuto è una persona con cultura diversa dalla nostra, da sperimentare quando al disturbo mentale si somma una disabilità, una dipendenza, e non è chiaro di chi è la presa in carico.

Gli assi principali da cui partono le linee guida sono quelli della chiusura degli ospedali psichiatrici e delle strutture speciali della scuola, l’ingresso della psichiatria nel Servizio sanitario nazionale, con pari dignità e responsabilità rispetto alle altre discipline, lo sviluppo ex novo dei servizi di salute mentale e di neuropsichiatria infantile nelle Usl, la crescita, notevole, delle conoscenze, degli ambiti e degli obiettivi, l’approccio sempre più universalistico che pone, anche questo sempre, il soggetto, la persona, al centro di ogni progetto di intervento, cura, riabilitazione che sia, e soprattutto di inclusione sociale.
Si indicano quindi la necessità della riorganizzazione dei Servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza/di Salute mentale infanzia e adolescenza e Riabilitazione (anche al cambiamento del ?nome? sottostanno significati importanti), facendo riferimento al progetto obiettivo, al parallelo PO materno infantile, alla legge 104, alla 328/00.
Si rilanciano i temi della presa in carico, della tempestività dell’intervento, della continuità dello stesso, in una dimensione di comunità che è il quadro attivo, dove si deve sviluppare la salute mentale, attraverso uno ?scambio vivificante tra servizi e istituzioni locali?. Nella pratica quotidiana e negli appuntamenti istituzionali, dove ?le barriere tra sanitario e sociale devono essere ridotte al minimo?.
Il Dsm in questa impostazione ha un ruolo strategico fondamentale, di garante per tutti i processi favorenti la salute mentale e di coordinamento ed integrazione tra le diverse aree coinvolte. Aree che includono il privato sociale ed imprenditoriale (che non hanno un ruolo alternativo ma integrativo dell’offerta pubblica), l’associazionismo, i familiari, le realtà di auto-mutuo aiuto.
E per la seconda volta, più o meno nell’ultimo decennio, trovo un riferimento in un atto legislativo, alla quota del 5% della spesa sanitaria da dedicarsi alla salute mentale, strettamente connesso al riconoscimento dell’esiguità delle risorse messe ad oggi a disposizione.
I principi enunciati sono la centralità dei diritti sociali e di cittadinanza, lo sviluppo dei sistemi di monitoraggio dei processi e degli esiti, la definizione dei contenuti dei livelli essenziali di assistenza (rimandati nello specifico ad una nuova seduta della Conferenza Stato Regioni), l’attenzione al lavoro di équipe, lo sviluppo di percorsi di formazione, ricerca ed intervento.
Si fa riferimento ai temi della Cooperazione sociale, sia di tipo A che di tipo B, che rappresenta un significativo potenziale per la costruzione efficace di percorsi di abilitazione, di inserimento lavorativo e di sostegno abitativo, e che deve trovare maggiore riconoscimento e spazio nelle collaborazioni con gli enti pubblici. Si parla di sostegno abitativo, tenendo sempre centrale il progetto personalizzato. Lo sguardo è rivolto agli interventi domiciliari, alle piccole convivenze con presenza flessibile degli operatori, in residenze che comunque devono essere civili abitazioni, di piccole dimensioni, non accorpate, e dove l’utente è protagonista attivo, la valutazione del progetto è prassi, la dimissione è prevista e realizzata.

Non credo sia possibile, così velocemente, dire qualcosa relativamente all’infanzia ed adolescenza, al carcere ed Opg, alla multiculturalità, alla formazione e ricerca, altri punti trattati nelle linee di indirizzo che affrontano per ognuno la realtà operativa, i bisogni del modello organizzativo, le strategie e gli indirizzi operativi, le priorità, i criteri di valutazione. Questi vogliono essere solo alcuni brevi cenni di invito alla riflessione, che deve essere estesa anche ad un altro importante atto, questa volta congiunto del Ministero della Salute e della Giustizia: le Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio sanitario nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale. Anche qui si parte dalla legislazione già vigente (che già afferma che anche i detenuti ed internati hanno diritto alla salute, anche quella mentale) e dall’esigenza di una sua necessaria applicazione, che (forse) può essere resa possibile proprio dal passaggio previsto delle competenze e della titolarità delle funzioni sanitarie esercitate all’interno degli Opg e nelle Case di cura e custodia dal sistema penitenziario al Servizio sanitario nazionale. Si danno tempi precisi: un anno affinché i Dsm, nel cui territorio di competenza insistono gli Opg, provvedano alla stesura di un programma che preveda la dimissione di chi ha concluso la misura della sicurezza, l’attivazione di sezioni di cura e riabilitazione all’interno delle carceri, l’accertamento delle infermità psichiche in istituti ordinari. Nel successivo anno una ?territorializzazione? dei ricoveri negli Opg, per favorire la predisposizione di programmi di cura, riabilitazione e recupero sociale, basati su stretti rapporti tra servizi sociali e sanitari. Quindi, nel terzo anno, la ?restituzione ad ogni regione italiana della quota di internati in Opg di provenienza dai propri territori e dell’assunzione della responsabilità della presa in carico, attraverso programmi terapeutici e riabilitativi da attuarsi all’interno della struttura, anche in preparazione alla dimissione ed all’inserimento nel contesto sociale di appartenenza?, anche attraverso ?livelli diversificati di vigilanza, strutture di accoglienza e affido ai servizi psichiatrici e sociali territoriali, sempre e comunque sotto la responsabilità assistenziale del Dsm dell’Azienda sanitaria?. Forse i tempi non saranno proprio questi, ma è un progetto da cogliere, seguendo con interesse anche il trasferimento delle risorse e dei fondi.

Leggi anche Salute mentale: approvate le linee di indirizzo nazionali e clicca qui per scaricare le linee di indirizzo.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA