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Famiglia & Minori

Adozione e malattia: un binomio raro da superare insieme

Pediatria. Le patologie “tipiche” dei minori che vengono da lontano

di Benedetta Verrini

E’ una preoccupazione comune a tutti i genitori adottivi: quali sono le condizioni di salute del piccolo appena arrivato in Italia? Come affrontare un?eventuale indagine diagnostica e cosa aspettarsi? Al tema il Ciai dedica un seminario il 24 maggio, in cui intervengono Marco Fasan, medico infettivologo dell?ospedale Sacco di Milano, e Gregorio Mazzonis, psicologo esperto di adozioni.

Per ciascun bambino proposto per l?adozione viene compilata, nel Paese di provenienza, una scheda medica in cui vengono segnalati stato di salute e pricipali malattie superate o in atto. È davvero molto raro che un bambino con una patologia importante venga dato in adozione senza che l?ente e la famiglia siano messi al corrente della situazione, ma è comunque possibile che alcune patologie non vengano rilevate o che la scheda sanitaria non sia sufficientemente dettagliata, soprattutto nei Paesi in cui il sistema sanitario è più scadente.

«Le malattie in assoluto più frequenti nei bambini adottati sono le parassitosi intestinali», spiega Marco Fasan, «soprattutto quando la provenienza è l?Africa o il Sudamerica. I diversi parassiti, dall?ameba alla giardia, si associano a uno stato di scarso accrescimento del bambino, a ipovitaminosi e carenza di ferro. Sono assolutamente superabili con una terapia specifica».

Ci sono poi due categorie di patologie più importanti: le malformazioni congenite e le malattie infettive. Le prime sono soprattutto il labbro leporino associato a palatoschisi (separazione del palato) più o meno grave, i soffi al cuore, il piede equino o piede torto, tutti risolvibili. «Si tratta quasi sempre di malformazioni lievi, dal momento che nei casi più gravi è difficile che il minore sia proposto per l?adozione, a meno che la famiglia non si sia preventivamente dichiarata disposta ad accogliere un bambino con handicap o esigenze speciali», commenta Fasan.

Più delicato, in questi casi, è l?atteggiamento psicologico dei genitori. «La famiglia deve comprendere che il bambino arriva con il bisogno di essere accettato per quello che è», avverte Gregorio Mazzonis. «La priorità, dunque, va data assolutamente a cementare il legame affettivo e la fiducia nella sua nuova famiglia, prima di fargli affrontare un?ospedalizzazione».

La seconda classe di malattie riguarda in particolare le epatiti B e C e l?Hiv. Anche in questo caso, gli enti si preoccupano che la scheda medica contenga i relativi test. «Per le epatiti il problema riguarda maggiormente l?età adulta», spiega Fasan. «Nel 50% dei casi l?epatite B viene superata. Più bassa, invece, la possibilità di debellare l?epatite C, anche se da adulti è possibile effettuare trattamenti sanitari per combatterla e rallentarne il decorso. Per un bambino con Hiv bisogna valutare il trattamento, che è comunque necessario per aumentare l?aspettativa di vita».

A queste che sono ipotesi estreme, come a tutte le malattie più lievi che possono occorrere, bisogna rispondere con «un buon grado di equilibrio tra la necessità di verificare il problema e la fiducia di poterlo affrontare o risolvere, esattamente come accade nella genitorialità biologica», avverte Mazzonis.

IL PUNTO

  • Check up sì o no?

Quando arriva un bambino adottato, la tentazione di sottoporlo a un check up medico è forte. Ma spesso non è necessario: un pediatra con esperienza può, con una semplice osservazione, valutare eventuali problemi. Per situazioni più delicate, pediatri specialisti dell?adozione sono presenti in diversi ospedali come il Sacco di Milano, il Meyer di Firenze, il Negrar di Verona. www.ciai.it


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