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Si parte e un po’ si trema

Se, come al Castello di Hogwarts, mettessimo il Cappello Parlante sulla testa dei sette milioni e passa studenti che sono appena sciamati fuori dalle aule verso tre mesi di tempo libero H24, saremmo invasi dai Serpeverde.

di Redazione

La cronaca dell’anno scolastico 2008 ci ha consegnato ragazzini che si sono dilettati con capelli incendiati, braghe calate e pestaggi in aula, rigorosamente ripresi dai videofonini a beneficio del “Bagaglino planetario” allestito su YouTube. Molti di loro ora sono in partenza per i campi estivi e gli educatori, tremando, si domandano: «Voldemort è tornato?».


Eccessi a parte, vero è che le vacanze comunitarie 2008 si aprono portandosi dietro una certa dose di apprensione, come testimonia l’inchiesta di Vita  tra le principali realtà associative che organizzano l’estate dei ragazzi. Se l’obiettivo non è solo quello di riempire tempi morti, ma si ambisce a fare della vacanza comunitaria un momento di crescita per i ragazzi, allora la tanto sbandierata “emergenza educativa” si sente eccome. Tutti continuano a ritenere che «la comunità è uno strumento pedagogico importante» (Ipsia Acli), perché «consente di vivere rapporti umani che rafforzano la conoscenza di sé e degli altri» (Exodus), «facilita il senso di responsabilità e sfida i pregiudizi» (Lunaria), «è un’alternativa ai modelli di individualismo e competizione della società odierna» (Lipu), eppure il «far passare la proposta educativa» è la difficoltà oggi più sentita, pure da organizzazioni che stanno da parecchi decenni sul campo di battaglia.

L’impressione è che al valore educativo della vacanza ci credano soprattutto gli educatori, mentre le famiglie cercano più che altro un parcheggio full optional, e possibilmente divertente. Per i ragazzi spesso «la vacanza è sinonimo di vuoto e di vacuità» (Ctg) trainati dai genitori, che «valutano superficialmente la proposta educativa scout per confonderla con una proposta semplicemente ricreativa» (Cngei). Così se gli scogli più ardui per gli educatori sono rappresentati dalla «inadeguatezza delle proposte tradizionali» (Ctg).

«Invece dobbiamo ricordarci sempre che i figli non sono nostri», dice  Mariagrazia Zanaboni , presidente de L’amico Charly. «Soprattutto di fronte agli “sverginamenti” di cui una vacanza lontano dai genitori può essere occasione. Penso al caso classico dello spinello: va assolutamente evitato ogni atteggiamento omertoso, bisogna subito affrontare la cosa di petto, con i ragazzi, ma bisogna anche convocare immediatamente i genitori, che hanno tutto il diritto di essere i primi a intervenire». Fermezza anche sull’altro fronte caldo dell’estate 2008: il bullismo. «Quest’anno sarà un argomento da tenere saldamente sotto controllo, a cominciare da tutti i piccoli atteggiamenti di prevaricazione quotidiana», spiega la Zanaboni. «Il bravo educatore non può essere un amico, neanche in vacanza: deve riuscire a canalizzare l’aggressività del bullo con estrema fermezza, ma insieme rispettando la persona. Punizioni esemplari? La punizione si dà se è educativa, cioè se il colpevole stesso è convinto di meritarla».

Luigi Regogliosi , psicopedagosgista, docente alla Cattolica di Brescia, suggerisce a chi guiderà le vacanze 2008 un’altra emergenza, ma positiva: «La forte pressione dei media ha in qualche modo portato i ragazzi a essere spettatori passivi. La risposta è la creatività: a partire dai giochi, dove si è portati anche ad inventare delle regole e quindi s’impara a mettere dei limiti a sé e agli altri». Un consiglio concreto arriva anche da Africo, nel cuore della Locride: «Qui i ragazzini sono abituati a un modo di fare prevaricatore, contro ogni regola», dice  Pasquale Ambrosino , educatore di Exodus. Che fare? «Non puoi cambiare un atteggiamento violento, negativo se ti presenti come un corpo estraneo. Devi entrare nella discussione facendoti capire, senza essere un alieno. Raccontano di un bambino che stava sotto il tavolo di casa e credeva di essere una gallina, andando qua e là beccando il mais; la famiglia chiama un esperto, per risolvere il problema, e – sorpresa – lui che fa? Si mette sotto il tavolo fingendo di essere una gallina che becca il mais. Fuor di metafora, bisogna saper anche rispettare i tempi dell’emotività, non irrompere in un contesto solo perché tu sei quello con la verità in tasca. Se fai così, i risultati vengono, perché i ragazzi sono mendicanti di significato». Così le galline quest’estate addomesticheranno le serpi verdi…


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