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Economia & Impresa sociale 

Il tremonti creativosbarca anche a sud

Banche A fine anno dovrebbe decollare l'istituto voluto dal ministro

di Redazione

Il credito si è fermato a Eboli. Al di sotto del Vesuvio fino alle campagne catanesi l’impresa non decolla perché mancano soggetti locali forti – oggi inghiottiti dai big (Banco di Napoli incorporato in Intesa Sanpaolo e quello di Sicilia in Unicredit) – in grado di aprire i cordoni della borsa e finanziare lo sviluppo dell’imprenditoria del Mezzogiorno.
Sembra pensarla così Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, che anticipando la manovra Finanziaria per il 2009 ha ritirato fuori dal cassetto un suo vecchio pallino: la Banca del Sud. Un istituto messo in moto dallo Stato, ma con un futuro – auspicato – tutto in mano a privati, che innaffierà di benzina la stantìa azienda Sud, ingabbiata tra racket e penuria di infrastrutture.
Il sito internet c’è già, www.bancadelsud.it, appunto. Un portale nato nel 2004, sulla spinta entusiasta dell’Associazione contribuenti italiani, sposando la proposta tremontiana lanciata nero su bianco dalle colonne del Corriere della Sera. E il coro di applausi ha riversato idee e spunti a corollario dell’iniziativa: microcredito sociale, formazione e, magari a latere, una fondazione, sul modello di quella antisura di padre Rastrelli.
Il “coté social” per ora rimane nello statuto delle buone intenzioni. Allo stato delle cose si sa solo che l’istituto nascerà entro l’anno, dopo il provvedimento in Gazzetta Ufficiale sarà varato un comitato promotore, con una dotazione di 5 milioni di euro – sottratti alla sanità e al turismo – e la partecipazione di Regioni, Camere di commercio, Comuni. «L’importante è non ripetere gli errori del passato», ha subito ammonito Mario Draghi, sospendendo poi il giudizio su un’operazione i cui primi passi evocano i fantasmi della Cassa del Mezzogiorno. Ma per arginare l’ennesimo carrozzone di Stato, Tremonti ha aggiunto alla norma una postilla: i 5 milioni di euro sono solo un prestito per lo start up e dovranno essere restituiti nel giro di cinque anni, quando i privati – imprenditori si suppone – metteranno di tasca propria i quattrini per far decollare la Banca del Sud.
I privati che investono nel credito al Sud però ci sono già. E il pericolo doppioni (a Napoli è appena nata Banca del sud.com) allarma anche qualche banchiere.
Il primo luglio ha preso corpo ufficialmente, con tanto di brindisi e taglio del nastro, la Banca popolare del Mezzogiorno, frutto dell’Unione delle banche del Materatese e di Crotone, sotto l’ombrello del gruppo Bper. Un’operazione che vale – in soldoni – 110 sportelli (21 acquisiti da Unicredit), quasi mille dipendenti, 17mila soci e 200mila clienti. Un raccolta complessiva di circa 3 miliardi e 1,9 miliardi di impieghi.
La Popolare dovrà vedersela con altri istituti che fanno “Banca del Sud” dall’alba dell’unità d’Italia, nei territori e nei piccoli paesi dove i grandi smantellano, ed eredi delle casse rurali, oggi con una quota di mercato che si avvicina al 10%. Come le 113 Bcc, che lontano dai riflettori sono la prima fonte, locale, dei finanziamenti alle Pmi del Sud. In tutto 575 sportelli, 136mila soci, 971mila clienti, 3.663 dipendenti, 13,4 miliardi di raccolta diretta complessiva, impieghi per 9 miliardi e un patrimonio di 1,9 miliardi.


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