Epifanie minime dalla provincia americana

Peter Cameron è stato uno degli ospiti più applauditi della recente Milanesiana, il festival ideato da Elisabetta Sgarbi. Nell’occasione lo scrittore americano ha letto con grande partecipazione un racconto tratto da questa raccolta, Paura della matematica.
Questi racconti, scritti negli anni 80, hanno per scenario la provincia americana con i suoi paesaggi di solitudine e desolazione. Sono racconti piuttosto brevi, spesso elegiaci senza però cedere alla retorica, minime epifanie della vita quotidiana con una forte connotazione lirica. Potrebbero ricordare Carver nella loro quotidianità dimessa, nella loro indagine dei fatti minuti, ma mentre Carver è crudele e oggettivo, Cameron è lirico e vitalistico. I protagonisti sono spesso giovani o adolescenti, individui che stanno cercando la loro strada nel mondo. Un ragazzo che si chiude in un ostinato mutismo ma intrattiene una fitta corrispondenza con dei carcerati. Un altro ragazzo che tutti credono triste perché è morto il suo cane, mentre lui sa perfettamente che questa tristezza non è causata dalla morte del cane, ma è invece qualcosa di innato, non legato a cause spiegabili. Il titolo del libro è molto indicativo: la vita è un enigma, e gli esseri umani ricercano la soluzione del problema come dovessero risolvere un’equazione. È il caso della ragazza che, lasciata dal fidanzato, inizia a studiare matematica, nel racconto che dà il titolo all’opera.
Cameron ci parla di un male di vivere oscuro, ma anche di una grazia sottesa a tutte le cose; il suo dominio è un cosmo dove tutti i conti misteriosamente tornano, dove i fatti umani sono regolati da una segreta legge matematica: compito degli uomini è quello di scoprirla.