Sanità & Ricerca

Messico, al via la 17° conferenza internazionale

Domenica 3 l'apertura dei lavori. Alessandra Cerioli della Lila piega quali sono i temi sul tappeto

di Riccardo Bianchi

I malati di Aids in tutto il mondo sono sempre tanti, 33 milioni secondo le stime di UnAids, il programma contro l’Hiv delle Nazioni Unite. Il 2007, però, ha portato anche buone notizie. I morti sono scesi da 2,2 a 2 milioni in due anni e il numero di nuove infezioni è calato dai 3 milioni del 2001 ai 2,7 dell’anno scorso. Ma, inaspettatamente, sono paesi ricchi, come Germania, regno Unito e Australia, ad andare controcorrente.

È con questi dati e con le informazioni positive che arrivano dall’Africa, dove sempre più persone usufruiscono di farmaci anti-retrovirali grazie all’impegno delle ong e di alcuni governi, che domenica 3 Agosto si è aperta a Città del Messico la 17° conferenza internazionale sull’Aids. Agli incontri, che si concluderanno l’8, stanno prendendo parte 22.000 esperti, tra scienziati e rappresentanti di istituzioni e associazioni. Tra questi anche Alessandra Cerioli, responsabile dell’area salute della Lega Italiana per la Lotta all’Aids.

Ancora un meeting. Attese?
Scarse. I governi hanno sempre fatto molte promesse, ma non le hanno mantenute.

Qualcosa si aspetterà?
Il fatto che si svolga in un paese americano è già una buona cosa. Serve per focalizzare l’attenzione sui problemi del continente e sull’impegno di alcuni governi per l’accesso agli anti-retrovirali.

Per esempio?
Il Brasile, che ha rotto i brevetti delle case farmaceutiche per permettere allo stato di fabbricare i medicinali con un costo minore. Ma soprattutto bisogna fare pressione su quelle nazioni dell’America Latina in cui il sistema sanitario è privato e non passa gratuitamente questi farmaci.

Altre speranze?
Che si parli delle politiche per la prevenzione del danno e del rispetto dei diritti umani dei tossicodipendenti. Stati Uniti e Russia, e altri 35 paesi circa, non fanno entrare i malati di aids, nemmeno con il visto turistico. È una discriminazione grave.

Quindi avranno paura a dichiarare il proprio problema?
Succede in varie parti del mondo. Mosca non dà neppure l’assistenza sanitaria al malato. Ed essere tossico o omosessuale è un reato. Ovviamente queste persone non dicono niente e non possono essere aiutate.

Cambiamo discorso: le aziende farmaceutiche alla Conferenza.

La organizzano loro, ma non so se continueranno a farlo. Vorrebbero che si parlasse dei passi avanti della scienza, ma la maggior parte dei discorsi verte sull’accesso ai farmaci. Praticamente sono critiche ai loro brevetti e ai costi troppo alti che impongono, e che i poveri non possono sopportare.

I malati aumentano, anche se calano i casi di infezione.
I dati dicono che gli anti-retrovirali abbassano il rischio di contagio per i sieropositivi. Perciò dobbiamo puntare sulle cure e sulla prevenzione per le persone più vulnerabili.

E chi sono?
In Africa sono le donne, soprattutto quelle sposate, e noi le invitiamo a usare il preservativo femminile. Però questi soggetti cambiano in ogni società. Servono politiche mirate e differenti.
Da noi come vanno le cose?
Da noi la maggior parte delle nuove infezioni avviene tra gli eterosessuali, in tutte le fasce di età. Solo tra i drogati i casi sono in netto calo.

Le soluzioni?

Una buona prevenzione sessuale, che parli di comportamenti a rischio e non di categorie a rischio, spiegando come potersi divertire senza prendersi malattie sessualmente trasmissibili.


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