Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Solidarietà & Volontariato

Io, sindacalista esule

Intervista a Li Qiang: rifugiato a New York: «L'occidente continui a premere sulle compagnie perchè rispettino i diritti degli operai cinesi»

di Riccardo Bianchi

In un paese senza libertà d’espressione, anche la critica è vietata. Ancora di più se questa riguarda i diritti dei lavoratori e la loro possibilità di far valore la propria voce in un’economia in continua crescita, ma i cui frutti non sono in tanti a goderseli.



Li Qiang è un sindacalista cinese, che nel 2000 ha lasciato la sua terra per rifugiarsi a New York. «C’erano troppe pressioni, non riuscivo più a lavorare» ammette «Ho capito che era meglio andarsene». In America ha fondato il China Labor Watch, un centro di ricerca, impegnato a promuovere i diritti dei lavoratori cinesi.

Mister Li, come valuta la situazione dei lavoratori in Cina

Negativa, molti operai guadagnano solo 60 centesimi di dollaro all’ora e non hanno gli straordinari pagati. Gran parte di questi dorme in degli stanzoni. Vivono e lavorano in pessime condizioni, da tutti i punti di vista.

Qual è il più problema più grande?
La mancanza di libertà di associazione

Un modo per togliere forza ai dipendenti?
Sì, se non possono unirsi quando occorre, avranno comunque difficoltà a confrontarsi con i datori.

La Cina ha leggi molto dure a favore dei lavoratori…
È vero, ne sono nate molte negli ultimi anni. Però arrivano dall’alto, non da un confronto con i lavoratori. In ogni caso se c’è uno scontro tra sviluppo economico e diritti delle persone, le autorità non sacrificano mai lo sviluppo.

Eppure gli scioperi non mancano…
Ma non c’è una vera libertà di sciopero. La gente si organizza e manifesta, anche se è illegale. Nel governo si parla di aprire a questa possibilità, ma ancora sono solo parole.

Le morti bianche sono sempre tante, ma stanno calando…
Certo, molto è migliorato rispetto al passato. Ma non so per quanto continuerà questo trend positivo. Sicuramente i contratti regolari sono aumentati, e chi ne ha uno gode anche di uno stipendio regolare e di un’assicurazione contro gli incidenti.

Sono in molti, però, a dormire dentro l’azienda. È legale?
Nelle zone rurali è un’abitudine diffusa, soprattutto per i migranti, quelli che arrivano da lontano. La legge lo prevede, anche se dormono in 20 in una stanza e hanno un solo bagno per 100 persone.

Come giudica il lavoro del sindacato ufficiale cinese?
Anche loro stanno aumentando il proprio impegno. Non è un vero sindacato, perché non può organizzare scioperi o criticare apertamente le autorità, ma gioca un grande ruolo per migliorare la politica del governo.

I datori che non rispettano la legge vengono puniti?
Non ho notizia di denunce penali, spesso gli incidenti si risolvono con dei risarcimenti economici. Se poi vanno davanti a un giudice, quasi sempre questo dà ragione al lavoratore.

Chi è che le passa le informazioni con cui hanno preso il via in occidente molte proteste (come nel caso Wal-Mart) e boicottaggi?

Ci sono organizzazioni in Cina che fungono da sindacati [ovviamente clandestini].

Ma queste persone non rischiano parlando con lei?
Ci sono molti rischi, dobbiamo essere molto attenti. Ma, per ora, nessuno dei nostri “amici” ha avuto problemi.

Le compagnie che avete accusato di lavorare con società cinesi che non rispettavano i diritti umani, come Hasbro e Disney, hanno detto che avrebbero preso provvedimenti. L’hanno fatto?
Sì, Hasbro e Disney si sono discretamente impegnate per migliorare le condizioni di lavoro nelle loro aziende cinesi. Di solito i nostri reportage hanno sempre portato qualche frutto.

Cosa dovrebbero fare i governi e i movimenti occidentali?
Premere sulle proprie compagnie nazionali affinché rispettino i diritti dei lavoratori nelle loro fabbriche in Cina.

Crede che gli operai cinesi possano essere protagonisti di un cambiamento politico, come in Polonia?

È difficile, la cultura è diversa, così come il sistema di governo. Credo che col tempo otterranno nuovi diritti, ma è più facile che siano di tipo economico, piuttosto che politico.

Le Olimpiadi saranno utili per portare una svolta?
Potranno aiutare la popolazione ad avere maggiore accesso a un’informazione libera, a conoscere qualcosa di più sui diritti che sono loro negati. Possono servire per influenzare il governo, in qualche modo.


Per saperne di più:
www.chinalaborwatch.org


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA