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Testamento biologico: i medici cattolici dicono sì a una legge

L'AMCI invita la politica a fare una legge senza battaglie ideologiche. «In alcuni casi anche alimentazione e idtratazione possono essere accanimento»

di Redazione

L’A.M.C.I. – Associazione Medici Cattolici Italiani, sezione di Milano, saluta con  favore la riapertura del dibattito sulla questione relativa all’introduzione in Italia del “Testamento biologico”, o meglio delle “Dichiarazioni anticipate di fine vita”.
 
  I Medici Cattolici di Milano – dice un comunicato – hanno letto con estremo piacere le recenti interviste al “Corriere” dal Meeting di Rimini dell’Onorevole Maurizio Lupi e di Mons. Rino Fisichella, neopresidente della pontificia Accademia per la Vita. Nel corso del luglio 2007 il Presidente dei Medici Cattolici di Milano, Professor Giorgio Lambertenghi Deliliers, si era espresso a favore di una legge che regolamenti il Testamento biologico attraverso due diverse interviste al “Corriere della Sera”
 
Non dimentichiamo le reazioni a quegli interventi: moltissime decisamente positive, altre contrarie a priori (provenienti anche dai nostri ambienti di appartenenza). In seguito abbiamo sollecitato a prendere una posizione su questa vitale questione non aspettando che casi di cronaca (non ultimo la vicenda “Englaro”) richiamassero l’opinione pubblica a questa dura realtà. Non si può più attendere; invitiamo tutte le forze politiche ad aprire sin da subito un dibattito sia in sede parlamentare che nelle competenti commissioni.
 
Gli elementi da cui partire sono tanti e molteplici: il documento del Comitato Nazionale di Bioetica approvato il 18 dicembre 2003 che riscosse un generale apprezzamento e i lavori condotti durante la scorsa legislatura nella Commissione presieduta dal Senatore Ignazio Marino. Invitiamo – chiude il comunicato – tutti gli schieramenti a evitare sterili battaglie ideologiche, ma a confrontarsi su una proposta di legge condivisa e che raccolga il contributo di tutti.

I punti cruciali

Il Parlamento deve affrontare alcune vitali questioni non più procrastinabili: cosa è eutanasia e cosa è accanimento terapeutico. E’ pur vero che la valutazione deve rimanere sempre in ultimo ai medici, ma non si può dimenticare l’attuale quadro previsto dall’ordinamento giuridico in sede di responsabilità penale. Qui l’ultima voce spetta al legislatore.
 
Come Medici Cattolici di Milano condividiamo  in toto l’obbligo di non considerare l’alimentazione e l’idratazione una terapia, ma al contempo non possiamo evitare la riflessione che in alcuni casi – forse – anche questo atto può rivelarsi una sorta di accanimento terapeutico.
 
In questo richiamiamo il punto 120 della “Carta degli operatori sanitari” promossa dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari che indica come: “l’alimentazione e l’idratazione, anche artificialmente amministrate, rientrano tra le cure normali dovute sempre all’ammalato quando non risultano gravose per lui; la loro indebita sospensione può avere il significato di vera e propria eutanasia”.
 
Come abbiamo già scritto auspichiamo un dibattito pacato; invitiamo per questo a rileggere le parole misurate e attente scritte dal Cardinale Dionigi Tettamanzi in occasione della vicenda “Englaro”. Il nostro Arcivescovo non è voluto entrare nell’agone politico, ma ha indicato un metodo per affrontare questi casi, un’indicazione alta che può essere un buon punto di partenza per avviare un confronto civile e serio.
 
 In ultimo ci riconosciamo nelle parole scritte dal Professor Francesco D’Agostino sulle pagine di “Avvenire” dell’8 agosto scorso: “….se si deve arrivare ad emanare una legge, questa sia una legge intelligente, che, ribadito il principio essenziale della indisponibilità della vita riconosca valore legale non a “direttive” vincolanti, ma solo a “dichiarazioni” precise e inequivocabili, scritte in data certa da pazienti maggiorenni, informati e competenti, dando loro la certezza che essere verranno prese in considerazione dai medici, ma lasciando peraltro solo  agli stessi medici il compito di vagliare e di decidere in ultima istanza sui singoli casi concreti”.
 
E’ ora di agire. Non si può più attendere: il Parlamento deve battere un colpo.


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