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Economia & Impresa sociale 

Le piccole Bcc bper le grandi città

Banche Il Credito cooperativo cresce anche nel contesto di crisi

di Redazione

«Siamo presenti a Roma, ci allargheremo a Milano.
A gennaio apriamo a Napoli». Parla Alessandro Azzi, presidente di Federcasse N eanche un anno fa le davano per spacciate. Un anacronismo economico, banchette sulla via del tramonto. Era il tempo della dittatura del Roe, il return on equity, massima sintesi dell’indice di redditività, risultato di un’equazione raggiungibile grazie al risiko, la crescita per fusioni e acquisizioni, all’efficienza a ogni costo e alla finanza strutturata. Dal Nord intanto piombavano i tedeschi di Dz Bank, banche coop tedesche, entrando nel capitale della Cassa centrale del Nord-Est, provocando una frattura all’interno del sistema cooperativo italiano. Oggi, a 12 mesi di distanza, la tempesta finanziaria ha spazzato via i sudditi del Roe. Al suo posto c’è il Core Tier I e il Capital Tier, rapporti tra patrimonio e attivi, ovvero i pilastri che tengono in piedi una banca. Da cenerentole del settore bancario, le 441 banche di credito cooperativo diventano emblema di sostenibilità. Tanto che le Bcc italiane aumentano gli sportelli dell’1,8% (3.691), con una presenza sempre più fitta nei piccoli comuni (2.557), raccolgono la fiducia dei soci (+7,7% pari a 89.260) e servono 5,3 milioni di clienti. Migliorano anche la raccolta diretta (125 miliardi di euro, +10,9%) e gli impieghi (108 miliardi, +12,2%). Ma soprattutto, a differenza di tutte le altre banche, «non manca grano in cascina», dice Alessandro Azzi, presidente di Federcasse. Il patrimonio delle Bcc oggi vale 15,9 miliardi (8,8%) con una disponibilità di free capital pari a 3,5 miliardi e un coefficiente di patrimonializzazione del 15%, il tutto tutelato da tre fondi di garanzia, l’ultimo sarà operativo a partire da gennaio.
Vita: Alessandro Azzi, i big perdono i pezzi, mentre a vincere sono le banche di campagna. Contento?
Alessandro Azzi: Non c’è da fregarsi le mani. La crisi finanziaria penalizzerà l’economia globale e quella dei territori. Ma siamo comunque confortati dal fatto che la nostra strategia di sviluppo si sta rivelando azzeccata. Non ci siamo mai fatti incantare da certe sirene. Proseguiamo il nostro percorso puntando a incrementare quote di mercato in modo ragionevole. Il nostro modello, fino a poco tempo fa percepito come rara avis, risulta vincente. E di ciò siamo contenti perché c’è una voglia di ritornare all’economia reale, ai bisogni concreti dell’impresa, delle famiglie e dei consumatori.
Vita: Le Bcc crescono, ma fuori dalle grandi città. Perché?
Azzi: Non siamo rimasti fuori, ci stiamo arrivando. Evidentemente le ex casse rurali, come suggerisce il nome, hanno il loro raggio d’azione nelle province. Ma già da qualche anno crescono i presidi anche nei grandi centri. E non mancano le eccezioni, come la più grande Bcc d’Italia, quella di Roma, mentre a Milano stiamo incrementando la presenza. Procediamo con passo ragionato. Il nostro obiettivo non è remunerare gli azionisti, ma tutelare i soci. Questa è la grande differenza. E perciò credo che vedremo nascere spontaneamente altre Bcc urbane. Come sta accadendo a Napoli, dove un gruppo di imprenditori, artigiani e professionisti aprirà a gennaio il primo sportello.
Vita: È possibile che tra 12 mesi la vecchia finanza tornerà a governare il mondo. Non state giocando troppo in difesa?
Azzi: Poco tempo fa ci rimproveravano di essere troppo prudenti. Perché non mettiamo a frutto, quindi non investiamo in Borsa o in grandi partecipazioni, il nostro free capital, il patrimonio netto che una banca è disponibile a rischiare. Bene, oggi le banche propense al risparmio come le nostre, sono sane e salve e possono guardare con fiducia al futuro continuando a erogare credito ai soci – clienti.
Vita: La stretta del credito è ormai un dato di fatto. Un guaio per le imprese profit, un incubo per il terzo settore, tanto più che le fondazioni bancarie potrebbero allentare i contributi. Le Bcc come rispondono?
Azzi: Non faremo mancare il nostro sostegno. Naturalmente sulla base di attente valutazioni dei progetti imprenditoriali, sui fondamentali. Vogliamo mantenere e possibilmente migliorare la quota del 10,7% di mercato di credito nei confronti del terzo settore, un comparto a cui siamo particolarmente vicini, in quando banca espressione dei territorio e delle esigenze dei soci.


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