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Attivismo civico & Terzo settore

Italiani pessimisti, ma non troppo

Presentata l'indagine dell'Acri. La crisi fa paura, ma Pensando al futuro, rispetto alla propria situazione personale gli ottimisti prevalgono

di Redazione

In occasione della Giornata Mondiale del Risparmio, da otto anni Acri, l’Associazione delle Casse di risparmio Spa e delle Fondazioni di origine bancaria, presenta un’indagine sugli Italiani e il risparmio, realizzata in collaborazione con Ipsos. Dalle risposte raccolte emerge che la percezione del futuro dell’economia rimane improntata a un forte pessimismo, ma non è particolarmente peggiore di quello del 2007, già estremamente diffuso. E’ come se gli Italiani avessero già introiettato la percezione della crisi e le preoccupazioni degli ultimi giorni non stiano aggiungendo nuovi elementi di negatività. La percentuale dei soddisfatti della propria situazione economica rimane attestata al 51%; ma ciò non vuole dire che la crisi internazionale non abbia determinato effetti negativi.

Come lo scorso anno, il tenore di vita è ritenuto peggiorato negli ultimi due/tre anni dal 65% del campione: nell’ultimo anno due terzi degli Italiani hanno sperimentato disagi o difficoltà, sostanzialmente in linea con i dati registrati nel 2007, ma è aumentato del 2% il numero di coloro che sono passati da una situazione di difficoltà a uno stato di difficoltà grave (sono il 21%; i pensionati in difficoltà grave sono circa uno su quattro). E’ da sottolineare che gli Italiani in maggiore difficoltà dichiarano una riduzione sensibile di tutti i propri consumi, ed anche coloro che sperimentano difficoltà più lievi, o non le sperimentano affatto, si ritengono più accorti negli acquisti rispetto al passato.

Pensando al futuro, rispetto alla propria situazione personale gli ottimisti prevalgono sui pessimisti (28% di ottimisti contro 21%), mentre c’è pessimismo circa la situazione economica dell’Italia (49% contro 24% di ottimisti, ma nel 2007 la situazione era peggiore e il saldo negativo ammontava a 35 punti percentuali), dell’Europa (33% di pessimisti e 28% di ottimisti: 5 punti percentuali di saldo negativo contro i 7 punti percentuali di saldo positivo del 2007 e i 19 punti di saldo positivo del 2006), del mondo (37% di pessimisti e 27% di ottimisti: 10 punti percentuali di saldo negativo contro i 5 punti del 2007). Come dato generale: gli ottimisti sono ancora il 34%, mentre il numero dei pessimisti è aumentato dal 46% al 48%.

Peraltro, la percezione dei problemi che sul fronte di questa crisi finanziaria stanno avendo gli altri paesi, da un lato, ha portato a un miglioramento dell’opinione riguardo alle regole e ai controlli presenti in Italia, anche se la maggioranza degli Italiani rimane critica (il 56% contro il 69% del 2007), dall’altro ha ridato spazio alla fiducia nell’Europa: crescono i fiduciosi, che tornano ad essere i 2/3 della popolazione (67%, erano il 60% nel 2007 e il 67% nel 2006), anche se i delusi (29%) superano gli entusiasti (11%).

Inoltre la globalizzazione della crisi porta molti Italiani (il 59%) ad avere fiducia in un suo efficace superamento, perché c’è l’attesa che i governi si impegnino nella ricerca di regole e di comportamenti virtuosi che determineranno un sistema economico mondiale migliore nel quale l’Italia sarà direttamente coinvolta. Ciò non avverrà, però, in tempi brevi: in media gli Italiani si attendono almeno 3 anni di crisi (per il 54% 3 anni o più), mentre sono pochi quelli che prevedono una veloce uscita (13% entro 1 anno, 26% entro 2 anni).
C’è la percezione che per rilanciare lo sviluppo del Paese bisognerà puntare molto sulla formazione e la ricerca scientifica: per il 76% degli Italiani sono fondamentali; seguite a brevissima distanza (73%) dal senso civico e dal rispetto delle regole, cui si deve accompagnare un sistema giuridico efficace, con leggi chiare (70%). A questi fattori ritenuti prioritari se ne aggiungono altri, quali: lavoratori affidabili (per il 64% del campione), un sistema bancario efficiente (56%), imprenditori capaci e coraggiosi (55%), una classe politica con una visione strategica (49%). Non è in contraddizione con questa graduatoria il fatto che, nel confronto con gli altri cittadini europei, gli Italiani si sentano indietro nel senso civico e nel rispetto delle regole (68%), nella crescita economica (66%), nella classe dirigente politica e imprenditoriale (52%).

In questo contesto il cittadino italiano sembra confermare la sua tradizionale prudenza: rimane molto alta la propensione al risparmio (87% di propensi) e si mantiene elevata la preferenza per la liquidità (60%), con la speranza di poter investire magari nel mattone (56%) o quantomeno negli strumenti considerati più sicuri (24%). Riguardo poi agli impieghi del proprio risparmio, se metà degli Italiani (49%, erano il 50% nel 2007) dichiara che terrebbe conto solo degli aspetti economici (rischio, rendimento), un’altra metà (49%, erano il 44%) afferma di essere interessata a sapere in quale ambito verrà investito. Costoro desiderano soprattutto che con i propri soldi non si finanzino attività illecite (26%), che si contribuisca allo sviluppo dell’Italia (25%) e della zona dove essi risiedono (21%).

La Giornata Mondiale del Risparmio, che è giunta alla sua 84ª edizione, verrà celebrata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, domani, venerdì 31 ottobre, a Roma presso il Palazzo della Cancelleria. Intervengono: il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, il Presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti, il Presidente dell’Abi Corrado Faissola.

La ricerca
Metodologia.  L’indagine è stata realizzata, nella prima settimana di ottobre, tramite interviste telefoniche con tecnologia Cati – Computer Aided Telephone Interviews ed è stata arricchita di alcuni dei risultati delle indagini congiunturali prodotte dall’Isae e da altre indagini condotte da Ipsos nel 2008. Sono state svolte 1.000 interviste, presso un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta.

Il futuro dell’economia, personale e globale

Gli Italiani non sono certo contenti, ma neanche sconvolti più di tanto dalla crisi degli ultimi mesi: come se vi fossero abituati, come se in questo contesto fossero in grado di muoversi meglio rispetto ai cittadini degli altri paesi. Infatti il 51% degli Italiani si dichiara soddisfatto circa la propria situazione economica, un dato in linea col 2007 (51%) e superiore al minimo toccato nel 2005 (49%). Nel Nord Est si registra un miglioramento rispetto al 2007, anno in cui c’era stato un calo (sono soddisfatti il 63% contro il 54% del 2007; erano il 59% nel 2006), mentre i soddisfatti regrediscono lievemente al Centro (50%, contro il 53% del 2007) e rimangono molto bassi al Sud (41%, erano il 42% nel  2007).

Costante è anche il numero di Italiani che ritengono peggiorato il proprio tenore di vita: sono il 65%. Si riduce la percentuale di coloro che hanno sperimentato lievi difficoltà (il 44% contro il 46% del 2007) mentre aumenta quella di coloro che hanno sperimentato difficoltà gravi (dal 19% sono passati al 21%). In questo gruppo rispetto al 2007 sono aumentati i pensionati: se nel 2007 il 18% dei pensionati dichiarava difficoltà gravi (meno della media nazionale che era del 19%) nel 2008 il 23% dei pensionati dichiara difficoltà, quasi 1 su 4 e più della media nazionale (21%).

In sintesi: nell’ultimo anno due terzi degli Italiani hanno sperimentato disagi o difficoltà, sostanzialmente in linea con i dati registrati nel 2007; ma in questa quota è aumentato del 2% il numero di coloro che sono passati da una situazione di difficoltà a una di difficoltà grave.

Pensando al futuro, rispetto alla propria situazione personale, gli ottimisti prevalgono sui pessimisti (28% di ottimisti e 21% di pessimisti: saldo positivo di 7 punti percentuali; il 51% pensa che non ci saranno variazioni o non sa); circa la situazione economica dell’Italia permane il pessimismo (anche se in misura minore rispetto al 2007 quando il saldo negativo ammontava a 35 punti percentuali; oggi invece i pessimisti sono il 49% contro il 24% di ottimisti); cresce il pessimismo riguardo alla situazione economica internazionale (37% di pessimisti e 27% di ottimisti: 10 punti percentuali di saldo negativo contro i 5 punti del 2007) e dell’Europa (33% di pessimisti e 28% di ottimisti: 5 punti percentuali di saldo negativo contro i 7 punti percentuali di saldo positivo del 2007 e i 19 punti di saldo positivo del 2006!).

Come dato generale: il numero di ottimisti e di pessimisti rimane grossomodo costante rispetto allo scorso anno: gli ottimisti sono ancora il 34%, mentre il numero dei pessimisti aumenta dal 46% al 48%. L’indice Isae sulla fiducia dei consumatori, che si attesta a 102 (era 101 in settembre: il dato più basso dal 2001) contro il 107 del settembre-ottobre 2007, conferma il forte calo di fiducia, peraltro più contenuto rispetto a quello della media europea, in più sensibile contrazione.

Il risparmio

Questa situazione di pessimismo “strutturale” sembra generare una cristallizzazione delle percezioni riguardo il risparmio e l’investimento. I dati rilevati nel 2008 non si discostano molto da quelli del 2007: il numero di coloro che riescono a risparmiare (34%, 1 punto percentuale in più rispetto al 2007) e quello di coloro che hanno consumato tutto il reddito (38%, 1 punto percentuale in meno rispetto al 2007) rimane grossomodo costante, come pure il numero di coloro che consumano più di quanto incassano (27%, più di una persona su quattro).

Tra questi ultimi si nota una riduzione di coloro che ricorrono ai risparmi accumulati (forse già utilizzati in passato) e un incremento di chi ha dovuto ricorrere a prestiti (sono il 9%: quasi un Italiano su dieci). Dal 2001 sono triplicati gli Italiani che sono ricorsi a prestiti, e dal 2004 sono più che raddoppiati. Nonostante ciò, molti vivono il prestito con timore: per la maggior parte degli Italiani, infatti, anche forme leggere di prestito, quali il credito al consumo e le carte revolving, sono strumenti da “maneggiare con cura” in quanto potenzialmente pericolosi.

Il 64% degli Italiani ritiene il credito al consumo più un rischio che un opportunità (solo il 36% lo ritiene un’opportunità) e ancor più forte è la diffidenza verso le carte revolving: per il 75% è un rischio e solamente per il 25% un’opportunità. Ad ulteriore conferma della percezione di “rischio” rispetto alle carte revolving, solo il 15% degli Italiani dichiara di possederne una, ma di questi poco più della metà (8% degli Italiani) dichiara di usarla: il 5% dichiara di usarla saltuariamente, il 3% la utilizza spesso.

In questa situazione di stabilità, il numero di coloro che ritengono di riuscire a risparmiare di più in futuro (il 15% degli Italiani) è costante, mentre cresce lievemente il numero di coloro che temono di non riuscire a risparmiare altrettanto nei prossimi dodici mesi (44%, il 42% nel 2007).

Combinando l’andamento del risparmio nell’ultimo anno e le previsioni per quello futuro, si delineano – come in passato – sei gruppi di tendenza rispetto al risparmio:

•    Famiglie con trend di risparmio positivo – hanno risparmiato nell’ultimo anno e lo faranno di più o nella stessa misura anche nei prossimi dodici mesi: sono il 19%, 1 punto percentuale in più rispetto al 2007;

•    Famiglie con risparmio in risalita – hanno speso tutto senza fare ricorso a risparmi/debiti, ma nei prossimi dodici mesi pensano di risparmiare di più: sono il 4%, in lieve diminuzione (erano il 5% nel 2007);

•    Famiglie che galleggiano – hanno speso tutto senza fare ricorso a risparmi/debiti e pensano che lo stesso avverrà nel prossimo anno o hanno fatto ricorso a risparmi/debiti ma pensano di risparmiare di più nei prossimi dodici mesi: sono il 21%, come nel 2007;

•    Famiglie col risparmio in discesa – sono riuscite a risparmiare, ma risparmieranno meno nei prossimi dodici mesi: sono il 14%, 1 punto percentuale in più rispetto allo scorso anno;

•    Famiglie in crisi moderata di risparmio – quest’anno hanno consumato tutto il reddito e nei prossimi dodici mesi pensano di risparmiare meno: sono il 15%, come nel 2007; 

•    Famiglie in crisi grave – hanno fatto ricorso a risparmi accumulati e a debiti (famiglie in “saldo negativo”) e pensano che la situazione del prossimo anno sarà identica o si aggraverà: sono il 22%, 1 punto percentuale in meno rispetto al 2007. 

Relativamente alla capacità di risparmio, dunque, e di aspettative circa il risparmio futuro non si rilevano sostanziali differenze rispetto al 2007, anche se si registra una crescita tendenziale di famiglie indebitate. In sintesi: più di un terzo degli Italiani consuma più di quello che guadagna e non ritiene che riuscirà ad invertire il trend nel prossimo futuro (crisi moderata + crisi grave, pari al 37%; sono maggiormente al Centro e al Sud e più presenti fra gli operai e i pensionati); un po’ meno di un sesto (14%) si percepisce in discesa (con un’accentuazione geografica nel Nord Est; e maggiormente fra i lavoratori dipendenti e gli insegnanti); un quinto (21%) “galleggia” in una situazione di equilibrio precario; circa un quarto invece ha risparmiato nell’ultimo anno e pensa che risparmierà in egual misura o di più nel prossimo (trend positivo + risalita, pari al 23%).

Nonostante molti Italiani in questi ultimi dodici mesi non abbiano risparmiato, e non ritengano di riuscire a farlo neanche nei prossimi, la propensione al risparmio degli Italiani rimane molto elevata. L’87% vorrebbe risparmiare: il 42% non vive tranquillo senza risparmi, mentre il 45% vorrebbe risparmiare ma senza eccessive rinunce. Solamente 1 Italiano su 10 preferisce godersi la vita, piuttosto che mettere da parte risorse per il futuro.

L’investimento

Come per il risparmio, anche nell’investimento il tema comune è una certa costanza rispetto al 2007, con un lieve aumento dell’incertezza circa le proprie scelte e un minore pessimismo sul futuro della tutela del risparmio, che però non è ancora ottimismo.

La preferenza per la liquidità rimane il tratto che caratterizza gli Italiani: il 60% tiene o terrebbe i risparmi liquidi, mentre il 35% (un punto percentuale in più rispetto al 2007) li investe o li investirebbe. L’anno scorso coloro che manifestavano una preferenza per la liquidità erano il 64%: i 4 punti percentuali in meno di quest’anno sono da assegnare a coloro che non sanno bene cosa fare in una situazione come l’attuale, con incertezze che hanno toccato anche i conti correnti e con il rischio di inflazione (gli indecisi sono in totale il 5%). Nella composizione del gruppo di coloro che preferiscono l’investimento alla liquidità si registra una variazione: cresce di 3 punti percentuali il numero di coloro che investono la gran parte dei loro risparmi (il 12% del campione, era il 9% nel 2007), mentre diminuisce (23%, era il 25% nel 2007) il numero di chi ne investe solo una piccola parte, come se fosse considerato un rischio anche rimanere liquidi.

Se riguardo agli impieghi del proprio risparmio metà degli Italiani (49%, erano il 50% nel 2007) dichiara che terrebbe conto solo degli aspetti economici (rischio, rendimento), un’altra metà (49%, erano il 44%) afferma di essere interessata a sapere in quale ambito verrà investito. Costoro desiderano soprattutto che con i propri soldi non si finanzino attività illecite (26%), che si contribuisca allo sviluppo dell’Italia (25%) e della zona dove essi risiedono (21%), che si finanzino enti e realtà internazionali che si occupano di sostegno allo sviluppo o di chi è in difficoltà (20%). Meno enfasi c’è nella volontà di non sostenere industrie di cui non si condivide l’attività (8%).

Questo 49% di Italiani interessati alla finalità dell’investimento sconta però una seria difficoltà a trovare strumenti finanziari ritenuti adeguati alle esigenze e/o che consentano di comprendere facilmente dove verrà investito il denaro. Di questi soltanto il 12% (pari al 6% del totale del campione) dichiara che saprebbe come fare per investire con piena contezza. Esiste quindi un’esigenza non soddisfatta di una migliore informazione sulla destinazione degli investimenti, e quindi la possibilità di offrire e di fare conoscere a questo tipo di potenziali investitori – quasi la metà del campione – soluzioni che consentano di verificare e scegliere la destinazione d’uso del proprio risparmio.

Nel 2008 le scelte degli Italiani riguardo agli strumenti finanziari non si discostano da quelle del 2007, se non per un incremento del numero di coloro che investono in titoli di stato (+3 punti percentuali). Quando gli Italiani si devono pronunciare sull’investimento “ideale” domina ancora il mattone: lo preferisce il 56% del campione (la percentuale scende al 53% presso coloro che sono effettivamente riusciti a risparmiare nel 2008), mentre gli strumenti finanziari considerati più sicuri sono preferiti dal 24% (la percentuale sale al 29% se ci si riferisce solo a coloro che sono riusciti a risparmiare); il 17% (11% tra chi è riuscito a risparmiare) si terrebbe lontano da qualsiasi forma di investimento. E’ da notare che il 7% di coloro che hanno effettivamente risparmiato è ancora orientato sugli strumenti a maggiore rischio. Restano quasi immutate le opinioni circa l’investimento del TFR, che per il 60% (58% nel 2007) è bene rimanga in azienda.

Gli Italiani dichiarano di avere attenzione soprattutto alla rischiosità dell’investimento (38%) e alla solidità del proponente (23%). Se, però, si chiede loro di immaginare come ragionino gli altri Italiani, il 41% ritiene che i propri connazionali guardino principalmente al rendimento, mentre solo il 26% pensa che gli altri siano realmente attenti alla rischiosità.

Gli eventi degli ultimi tempi hanno portato a un miglioramento dell’opinione riguardo alle regole e ai controlli presenti in Italia, anche se la maggioranza degli Italiani rimane critica. Nel 2007 il 31% riteneva regole e controlli efficaci, ora il dato è salito al 44%. Il voto medio assegnato ai controlli è cresciuto da 4,4 a 5,1 e i critici sono scesi dal 69% al 56%. Alcuni Italiani sembrano essersi accorti che il resto del mondo non era poi realmente avanti rispetto all’Italia, e che tutti i grandi paesi hanno sperimentato al riguardo problemi, spesso più grandi dei nostri.
Inoltre si è sensibilmente ridotto anche il numero dei pessimisti sul futuro della tutela del risparmio: se nel 2007 il 52% degli Italiani riteneva che nei successivi cinque anni il risparmiatore sarebbe stato meno tutelato, oggi solamente il 44% è pessimista, mentre i fiduciosi sono cresciuti dal 26% al 35%; tra questi troviamo soprattutto coloro che investono in titoli di Stato, ma anche in azioni e obbligazioni. La riduzione di pessimisti circa la tutela del risparmio (dal 52% al 44%) lascia la sensazione che per  alcuni cittadini la crisi possa profilarsi quasi come un male necessario, salutare per una futura infrastruttura finanziaria di migliore qualità.

L’europeismo e l’Euro

L’Unione Europea riconquista spazi nella fiducia degli Italiani. Rispetto allo scorso anno crescono i fiduciosi, che tornano ad essere i 2/3 della popolazione (67%, erano il 60% nel 2007 e il  67% nel 2006), anche se i delusi (29%) superano ancora gli entusiasti (11%). La globalità della crisi e la maggiore percezione del ruolo positivo che può giocare il coordinamento europeo sono probabilmente alla base di questa rinnovata fiducia, che rimane comunque assai contenuta nel Nord-Est.

Anche l’Euro segnala un recupero di soddisfatti, che passano in un anno dal 23% al 31%: una buona ripresa anche se il 69% della popolazione ne è tuttora insoddisfatto. La maggioranza degli Italiani (61%) ritiene tuttavia che avere l’Euro fra vent’anni sarà un vantaggio. Questo dato cresce di 4 punti percentuali rispetto a quello registrato nel 2007: in particolare è molto elevato tra coloro che svolgono una professione direttiva (75%), ossia imprenditori, manager, professionisti.

Produttività, risparmio, sviluppo

Ma per gli Italiani che cosa è importante per la crescita e lo sviluppo dell’economia del Paese? Per il 76% sono fondamentali l’istruzione e la ricerca scientifica, seguite a brevissima distanza (73%) dal senso civico e dal rispetto delle regole, cui si deve accompagnare un sistema giuridico efficace, con leggi chiare (70%). Per la gran maggioranza degli Italiani, dunque, innanzitutto si dovrebbe: fare formazione e ricerca; avere un sistema sia formale sia  informale di regole capaci di preservare il rispetto e la fiducia reciproci.

A questi fattori ritenuti prioritari se ne aggiungono altri utili per lo sviluppo del Paese: lavoratori affidabili (per il 64% del campione), un sistema bancario efficiente (56%), imprenditori capaci e coraggiosi (55%), una classe politica con una visione strategica (49%). Le infrastrutture economiche e politiche, sia pur importanti, sembrano perciò giocare un ruolo di secondo piano, o meglio: non sono ritenute sufficienti a generare sviluppo economico e sociale se mancano formazione, ricerca e rispetto delle regole.

Importanza minore viene data ai consumi (sono importanti per il 43%) e alla capacità di risparmio (40%). Infine per il 40% è importante uno Stato molto presente nell’economia; e solo per il 24% è importante creare le condizioni affinché il mercato abbia molto spazio e sia libero.

Come vedono i cittadini lo sviluppo dell’Italia in confronto con quello dei maggiori paesi europei? 

•    La maggior parte degli Italiani non si sente inferiore agli altri paesi per qualità della vita (59% contro 38% che pensano che la situazione in Italia sia peggiore) e certamente questo genera un orgoglio di appartenenza.

•    Non si sente “indietro” come capacità di risparmio (53% contro 40% che si sente indietro) né come produttività delle aziende e dei lavoratori (50% contro 43%). 
•    Più in equilibrio è l’opinione rispetto allo sviluppo sociale dell’Italia: per un 48% che ritiene la nostra situazione peggiore c’è un 47% che non si sente affatto di vivere in un paese con un livello inferiore di sviluppo sociale.

•    L’Italiano si sente invece indietro agli altri cittadini europei nel senso civico e nel rispetto delle regole (68%), nella crescita economica (66%), nella classe dirigente politica e imprenditoriale (52%).

Analizzando infine la percezione di come sia cambiato il Paese negli ultimi anni, gli Italiani ritengono che siano peggiorate soprattutto la classe dirigente (22%), il senso civico (18%), la crescita economica (16%), la qualità della vita (11%) e la produttività del sistema (9%). Solamente il 9%  pensa che non sia peggiorato nulla, o non sa indicare. Chiedendo invece di evidenziare gli elementi di miglioramento del “sistema Italia” negli ultimi anni, colpisce che il 42% degli intervistati non sappia indicare miglioramenti in nessun ambito; gli altri invece hanno avvertito progressi nella produttività del sistema (14%) e nella capacità di risparmio dei cittadini (13%), nella classe dirigente e nella qualità della vita (entrambi all’8%), nel rispetto delle regole e nello sviluppo sociale (entrambi al 7%).

La crisi: approfondimento

In questo contesto, la crisi finanziaria internazionale sembra giocare un ruolo ambivalente. Da una parte genera un cambiamento nel basket dei consumi, dall’altra pare far intravedere l’ineludibilità di riforme che potrebbero condurre nella giusta direzione. Giova ricordare che gli Italiani non si sentono in crisi da pochi mesi: le prime avvisaglie, in anticipo rispetto a tutti i principali paesi, si avvertirono in Italia nel marzo-aprile 2007, con la flessione di molti indici di fiducia. Come già accennato, il coinvolgimento in una situazione di caos degli altri paesi – lungi dall’essere un “mal comune, mezzo gaudio” – ha forse condotto a relativizzare la propria situazione di difficoltà; inoltre la crisi mondiale è arrivata quando l’Italiano, già immerso in una crisi di fiducia “domestica”, era ad essa preparato.

Chi ha visto diminuire il proprio potere d’acquisto si è trovato a dover ridurre tutti i consumi in modo notevole, compresi quelli afferenti ad alcuni ambiti – legati all’auto, alle telecomunicazioni o ai prodotti per la casa – che nel 2007 venivano mantenuti costanti quando non incrementati. Anche coloro che hanno mantenuto con fatica il proprio tenore di vita sono stati costretti a drastici ridimensionamenti, in particolare sul “fuori casa” e sui piccoli e grandi lussi. Nel 2008 non è bastata, come nel 2007, una modesta riallocazione delle risorse: gli interventi sono stati più incisivi. Persino chi non ha subito molto la crisi sembra avere ora un atteggiamento molto più prudente nei consumi: riducendo là dove possibile e riallocando la spesa in modo da riuscire a mantenere la propria qualità di vita anche in futuro.

Per il 48% degli Italiani la crisi è grave e per il 37% è addirittura più grave di come appare: in media gli Italiani si attendono almeno 3 anni di crisi (per il 54% 3 anni o più), mentre sono pochi quelli che prevedono una veloce uscita (13% entro 1 anno, 26% entro 2 anni). Gli Italiani attribuiscono la responsabilità della crisi soprattutto ai governi (48%) più che alle banche (33%), alle società finanziarie (21%), agli organismi di controllo (21%). Ma proprio questa supposta responsabilità dei governi spinge gli Italiani ad essere fiduciosi, se non sui tempi dell’uscita dalla crisi, almeno sul suo esito: il 59% degli Italiani ritiene che i governi responsabili si “responsabilizzeranno”, che verrà imparata la lezione, ci saranno norme più severe e controlli più efficaci, che consentiranno la nascita di una nuova fiducia. Solamente il 33% degli Italiani rimane scettico sul futuro della crisi. In sintesi, sull’esito finale gli ottimisti sono più dei pessimisti, anche se la crisi sarà grave e lunga.


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