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L’azienda del pizzo

Estorsione e usura: calano le denunce nelle regioni del Sud

di Gabriella Meroni

«L’attività imprenditoriale delle mafie ha prodotto un’organizzazione interna tipicamente aziendale con tanto di manager, dirigenti, addetti e consulenti». Lo sottolinea l’undicesino Rapporto Sos Impresa presentato oggi dalla Confesercenti. «È ormai superata abbondantemente l’idea della vecchia banda che si riuniva in occasione del colpo, e solo quando questo andava a buon fine, spartiva il bottino tra i suoi componenti, riconoscendo parti diverse a secondo del compito sv«olto». Oggi, i clan più potenti agiscono in un universo completamente diverso – si legge nel Rapporto – Prima di tutto, le attività criminali da casuali diventano permanenti, quotidiane. La gestione delle estorsioni, dell’usura, dell’imposizione di merce, dello spaccio di stupefacenti, necessita di un organico in pianta stabile, che ogni giorno curi la riscossione del pizzo, allarghi la “clientela”, diversifichi le opportunità, conosca e tenga a bada la concorrenza, salvaguardi regolare la sicurezza dell’organizzazione dai componenti infedeli o dal controllo delle forze dell’ordine, gestisca e reinvesta il patrimonio». «Per questo gli affiliati sono inseriti con mansioni ben precise, percependo un stipendio: la “mesata”, che varia in base all’inquadramento, al livello di responsabilità ed alla floridità economica del clan di appartenenza. Quindi, è del tutto naturale che clan diversi riconoscano “mesate” diverse per lo stesso lavoro svolto, a cominciare dagli stessi capi», afferm ancora il Rapporto che quantifica le mesate in base ai ruoli, con una forbice che va dai 10mila-40mila euro del capo clan, di fatto un amministratore delegato, fino ai 1.000 euro del gradino più basso della scala gerarchica, quello rappresentato dagli spacciatori minorenni.

Nel 2007 sono calate le denunce per estorsione nelle regioni del Sud: il 17,2%  era concentrato in Campania (19,9% nel 2005), l’11,1% in Sicilia (15% nel 2005), il 9% in Puglia (10,2% nel 2005), il 5,6% in Calabria (9,6% nel 2005). Il restante 42,5% era distribuito sul resto d’Italia (55,2% nel 2005). «Le denunce di estorsione al Sud sono quasi esclusivamente legate al pagamento del pizzo e quindi si riferiscono direttamente a una organizzazione criminale strutturata che si avvale di una forte intimidazione e agisce in un clima di condizionamento ambientale. Al centro-nord – si legge nel Rapporto – è forte la presenza di denunce di estorsioni finalizzate all’usura, o casi di truffe denunciate come estorsioni, ovvero estorsioni tentate da singoli (malavitosi, tossicodipendenti, extracomunitari) verso soggetti imprenditoriali. Infine non può sottovalutarsi la qualità delle denunce». «In questi ultimi anni è aumentata la collaborazione degli imprenditori che rendono testimonianze sempre più complete e precise. Ciò consente di avviare indagini più efficienti che conducono all’arresto di boss importanti, che prima si omettevano limitandosi alle mezze-figure, nonché alla disarticolazione di intere famiglie e clan», rileva ancora il Rapporto.


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