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Non profit, l’ultima passione di Caracciolo

Persone Il nostro addio al "principe" dell'editoria italiana

di Riccardo Bonacina

Nell'aprile 2007 decise di entrare nell'azionariato di Vita.

Pensava che il nostro potesse essere un modello per dare futuro all'informazione e alla società civile. Nei prossimi mesi avremmo voluto discutere con lui il nuovo piano d'impresa da presentare a settembre 2009. Invece, Carlo Caracciolo se n'è andato la sera del 15 dicembre, provato da una lunga malattia. Così dovremo cavarcela da soli anche se non ci scorderemo i suoi consigli, leggeri, offerti con un sorriso quasi consapevole che comunque nella vita, come nel lavoro, nulla è definitivo, e tutto è provvisorio. «Cambiare formato? Ma perché?», mi chiese l'ultima volta che ci incontrammo. «Non vorrete diventare come gli altri?».

Il nostro rapporto con Carlo Caracciolo data dalla fine del 2006 grazie all'incontro favorito da Maurizio Carrara. Editore vero, intelligente, coraggioso, e innovativo, rimase colpito dalla nostra esperienza di piccoli editori indipendenti che riuscivano a vivere di solo "mercato", senza contributi pubblici e senza padroni. «Significa che la vostra esperienza informativa è credibile e che c'è un pubblico che la vuole, oltre che degli inserzionisti che capiscono l'utilità di apparire sulle vostre pagine e sui vostri mezzi», mi disse la prima volta che c'incontrammo.
Soprattutto, Caracciolo era colpito dalla vastità e dalla capacità di generare fatti nuovi ed essenziali alla vita del Paese del mondo che raccontavamo. Nelle cene nella sua casa davanti all'isola Tiberina a Roma, voleva sapere di più, ci faceva domande, si stupiva come un giovane, era interessato alla nostra redazione multimediale. Già, perché il cuore e la testa di Carlo Caracciolo erano quelle di un giovane anche se aveva più di 80 anni. Da parte sua ci raccontava pezzi di storia vissuti in prima persona, una vita fatta di incontri, senza preclusioni, con la capacità di stupirsi perché sempre pronto ad imparare.

Incontri con politici, giornalisti, imprenditori. In quel suo salotto i pregiudizi cadevano di fronte al suo realismo, alla sua voglia di fare e alla sua passione per i prodotti editoriali. Riuscì a far digerire a Carlo De Benedetti persino la mediazione di Ciarrapico sulla guerra che oppose Fininvest e Gruppo L'Espresso per la Mondadori, spiegando l'irragionevolezza di una guerra che bloccava (con un'amministrazione controllata dalla magistratura) il più grande gruppo editoriale italiano.

La sua vita e la sua casa erano aperte, voler capire significava per lui voler incontrare. Che grande insegnamento, il suo! Così raccontava anche di quel sacerdote (don Luigi Giussani) che aveva l'abitudine di passare da lui per dialogare su cosa sia la fede e il cristianesimo, raccontandogli come imparò a pregare recitando una poesia di Leopardi, Alla mia donna . Curioso di tutto e attento ad ogni cosa reale, oggi possiamo dirlo, voleva che il Gruppo L'Espresso entrasse nella nostra società editoriale e in tal senso si mosse organizzando incontri e analisi di fattibilità. La nostra esperienza gli era parsa un obiettivo fatto di novità in un panorama editoriale che cominciava ad arrancare e che stava entrando in crisi profonda. Ma il Gruppo L'Espresso era interessato solo ad una partecipazione di maggioranza, e noi eravamo contrari sapendo che l'indipendenza è un valore fondante la nostra vicenda editoriale. Così, nell'aprile 2007, Caracciolo si risolse ad entrare come persona nel nostro azionariato.


Giovedì 19 aprile 2007 le agenzie di stampa battevano la notizia di quella che rimarrà la sua ultima iniziativa editoriale. «Carlo Caracciolo fa ancora shopping nell'editoria dopo l'acquisto di una quota del 30% del quotdiano francese Libération a gennaio; questa volta il Principe è interessato al non profit, il presidente onorario dell'Editoriale L'Espresso è entrato con il 6% nella Società editoriale Vita che da 12 anni pubblica il settimanale del non profit Vita . "Credo", recita un comunicato di Carlo Caracciolo, "che la progressiva globalizzazione e la crescente esasperazione dei conflitti mondiali richieda una maggior presenza attiva delle organizzazioni non profit della società civile, in Italia e altrove. Questo è il senso che vorrei dare alla mia partecipazione a Vita "». In quelle poche righe, l'uomo che aveva attraversato cinquant'anni di editoria cercando di tenere sempre viva la vocazione prima di ogni vero editore, quella di essere al servizio dei lettori e della società civile, ed evocò il nostro compito: dare voce a chi oggi, al tempo della globalizzazione e dei conflitti, costruisce legami sociali pacificati e perciò capaci di costruzione.
Principe, ce ne ricorderemo.


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