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Attivismo civico & Terzo settore

Eluana, una vita contesa

La sentenza del Tar della Lombardia, le reazioni politiche, la proposta di legge sul testamento biologico.

di Franco Bomprezzi

 

Eluana: una vita appesa alle sentenze, ai ricorsi, ai pronunciamenti, alle decisioni sempre impugnabili, che dividono le coscienze. Tutto anche perché manca una legge che regolamenti per quanto possibile. Non a caso proprio oggi arriva al Senato il disegno di legge proposto dal Pdl sul testamento biologico. I giornali affrontano entrambi i temi.

La rassegna stampa oggi si occupa anche di: LEFEBVRIANI, GIORNATA DELLA MEMORIA, FONDAZIONI BANCARIE, OBAMA, GAZA.

Titolo di spalla sulla prima di LA REPUBBLICA: “Il Tar dà ragione a papà Englaro: Eluana può morire”. La cronaca è a pagina 4, a firma di Piero Colaprico. Dopo 6 mesi dalla decisione della Corte d’appello, il Tar dà ragione a Peppino Englaro. Il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, risponde: «è strabiliante che si pretenda di deliberare sulla vita e la morte di una persona per via amministrativa. Decideremo cosa fare in giunta, forse faremo ricorso al Consiglio di Stato, forse ci sono altre strade. Vogliamo difendere quelle che sono le nostre profonde convinzioni giuridiche». Questa sentenza arriva dopo una lunga serie, nota il giornalista, di decisioni tutte omogenee nel dar ragione al padre di Eluana. Il Tar respinge anche la lettera di Sacconi e boccia l’ipotesi di ogni obiezione di coscienza (non vi sono, afferma, «ragioni attinenti»). In un pezzetto d’appoggio, il punto di vista di Peppino Englaro: «non posso che essere soddisfatto, ma non sono sorpreso. Anzi per me se la sono andata a cercare, hanno avuto la risposta che meritavano in uno stato di diritto». Di contro, “Bagnasco: è eutanasia morire non è un diritto”. Ieri il presidente della Cei ha ribadito le ragioni della Chiesa: «togliere l’alimentazione e l’idratazione a una persona ammalata è un inaccettabile atto eutanasico». L’editoriale (dalla prima a pagina  25) è del senatore  Ignazio Marino, “Dal Pd una parola chiara”. Torna sulla necessità di un rapido intervento legislativo sul testamento biologico.

“Il testamento biologico scade ogni tre anni”, così in prima pagina nel titolo il CORRIERE DELLA SERA illustra il disegno di legge sul testamento biologico preparato dal pdl che incomincia il cammino in Commissione Sanità al Senato. «Il testo ne riunisce altri dieci e prevede che il testamento dovrà essere firmato da un medico e depositato dal notaio e sarà valido per tre anni. Avrà una gestazione lunga e già affiorano le prime divisioni». All’interno i servizi sono a pag.20. Ben fatta l’infografica. Questi i quattro punti chiave del progetto: 1/il testamento biologico dovrà essere firmato da un medico e depositato presso un notaio. 2/il documento dovrà avere una validità di tre anni, al cui scadere andrà riconfermato con atto ufficiale oppure modificato. 3/il fiduciario dovrà essere maggiorenne e collaborare col medico per attualizzare le disposizioni di fine vita. Ma non sarà vincolato. 4/Alimentazione e idratazione sono escluse dalle terapie di cui sarà possibile richiedere la sospensione.
Intanto sulla sentenza del Tar lombardo, che ha infatti riconosciuto il diritto a rifiutare le cure in una struttura regionale, il CORRIERE scrive: «Eluana può morire in Lombardia. Se il suo tutore, papà Beppino, volesse farlo davvero, la Regione sarebbe obbligata a trovargli persino una struttura sanitaria confacente per l’esecuzione del decreto che lo autorizza a interrompere alimentazione e idratazione artificiali».

“Una legge dopo Eluana” titola ITALIA OGGI dando risalto alla bozza di legge che regola il trattamento sanitario sulla fine della vita  che sarà depositata oggi in Senato. Paradossalmente, il testo nasce  dal caso Eluana ma non sarà applicabile alla vicenda della famiglia Englaro. La legge, avrebbe reso impossibile la sentenza stessa che ha accolto le richieste di Beppino Englaro.  
Secondo la bozza preparata dal relatore pdl Raffaele Calabrò, infatti, non saranno considerati trattamento terapeutico e quindi non ci sarà accanimento né la nutrizione, né l’idratazione. Il testo unificato sul consenso informato e le dichiarazione di volontà anticipate nei trattamenti sanitari, escludendo nutrizione e idratazione dall’elenco dei trattamenti avrebbe tenuto in vita la Englaro anche contro l’intenzione dei familiari o un suo eventuale testamento biologico. Non solo, sempre secondo le linee guida del testo base, l’ultima parola sull’accanimento terapeutico spetterà non al paziente o ai suoi tutori di volontà, ma al medico responsabile della terapia. E come commento, Franco Bechis, che ha firmato questo editoriale, lamenta il fatto che il primo vero passo della politica  su una materia delicata ma non assente dall’ordinamento di numerosi altri paesi arriva dunque all’indomani dell’ennesima sentenza sul caso Englaro. «L’ultima sentenza – scrive Bechis – è stata confermata in ogni ordine e grado, e quindi sembra persino banale la considerazione fatta in altri tribunali sul dovere di applicarla. La giustizia d’altra parte si basa sulle norme in essere e non su quelle che sono nelle testa o nell’immaginazione del legislatore e quindi è chiaro che il destino di Eluana più che dai tribunali sia stato segnato dall’assenza colpevole della politica, che ha preferito lavarsene le mani per non mettersi di traverso  ora all’uno ora all’altro  dai propri possibili sostenitori (la Chiesa come i movimenti per i diritti civili)».

Sul caso Englaro AVVENIRE  continua la sua battaglia e alla notizia “choc” circa la sentenza del Tar lombardo fra precedere a pag. 10 quella di esposto giunto alla Procura della Repubblica di Milano, presentato ieri da due avvocati napoletani, Rosario Elefante e Alfredo Granata. I due legali offrono un quadro della vicenda che collide con le conclusioni della Corte d’Appello meneghina e che, secondo loro, non soddisfa le due condizioni poste dalla Cassazione, ossia, l’irreversibilità accertata dello stato vegetativo permanente e la volontà di Eluana di morire. Molto scarsa, secondo Elefante e Granata, la documentazione medica che proverebbe l’impossibilità di un miglioramento; equivoca anche la supposta intenzione espressa dalla giovane donna: ci sono infatti quattro testimonianze di persone vicine ad Eluana (tre compagne di liceo e un’insegnante) che smentirebbero apertamente quanto dichiarato dalle tre voci citate nel decreto. Mentre il presidente Formigoni si affretta a dire che non esistono protocolli regionali per portare Eluana alla fine e la politica della Sanità è decisa proprio dalle regioni, contro la sentenza del Tar si scaglia anche il professor Piero Sandulli, docente di diritto processuale civile all’Università di Teramo e alla Sapienza di Roma, frutto di «una serie impressionante di forzature giuridiche».

“Il TAR alla Lombardia: Trovate la clinica per Eluana” titola oggi IL GIORNALE: per il Tar della Lombardia rifiutare le cure è un diritto costituzionale. Con 7 pagine depositate ieri, il Tar della Lombardia accoglie il ricorso di Beppino Englaro e annulla il provvedimento con cui la Regione Lombardia, il 3 settembre, aveva negato alle cliniche lombarde l’autorizzazione a interrompere l’alimentazione di Eluana. E’ l’ennesima vittoria giudiziaria per il padre della ragazza. «Siamo in uno stato di diritto, questa sentenza conferma le nostre ragioni» ha detto Beppino Englaro, dopo la sentenza. In effetti, per il padre di Eluana, si tratta di una vittoria netta e in tre mosse. Primo, perché, sostiene il tribunale, «il diritto costituzionale di rifiutare le cure è un diritto di libertà assoluta». Secondo, perché «il rifiuto opposto dall’amministrazione non può giustificarsi in base a ragioni attinenti l’obiezione di coscienza». Terzo, perché la Regione, «in ossequio ai principi di legalità, buon andamento, imparzialità e correttezza, dovrà indicare la struttura sanitaria dotata di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi tali da renderla confacente agli interventi e alle prestazioni strumentali all’esercizio della libertà costituzionale di rifiutare la cure». Così, quando Eluana sarà ricoverata nella struttura sanitaria regionale, potrà esercitare il proprio diritto assoluto a rifiutare il trattamento sanitario di idratazione e alimentazione artificiali e quale malata in fase terminale avrà anche il diritto che «le  siano apprestate tutte le misure che le garantiscono un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della persona, durante tutto il periodo successivo alla sospensione del trattamento di sostegno vitale».

Al caso Englaro LA STAMPA dedica un titolo in copertina e un primo piano. Alla cronaca sulla sentenza del Tar della Lombardia è affiancata l’intervista a un medico obiettore alla Mangiagalli di Milano, Ambrogio Frigerio, che ribadisce che non interromperebbe l’alimentazione forzata di Eluana. Sulla sentenza dice: «L’obiezione di coscienza la facciamo noi medici, non può farla un ente. E’ probabile che la Regione Lombardia sia costretta a trovare una struttura adeguata come ha stabilito il Tar» e su Formigoni dice: «Stiamo valutando, oggi ci sarà una riunione di giunta già programmata dove affronteremo il problema. Ricorso al consiglio di Stato o Corte Costituzionale? Consideriamo queste due possibilità ma anche altre strade».

E inoltre sui giornali di oggi:

 

LEFEBVRIANI

LA REPUBBLICA – Andrea Tarquini intervista Hans Kung. “L’attacco del ‘teologo ribelle’ Kung: «Nella Chiesa in corso una restaurazione». La questione dei quattro vescovi è da vedere in questa ottica complessiva, nel contesto generale che è di restaurazione. «Nel contesto generale gli ultimi eventi sono il segno del continuo irrigidimento del Vaticano, la continua marcia indietro». Al di là dell’antisemitismo (quindi Williamson), «stiamo parlando di persone che non hanno ancora sottoscritto la dichiarazione sulla libertà di religione e il decreto sugli ebrei» (i documenti conciliari, n.d.r.). «Il Papa vive nel suo mondo, si è allontanato dagli uomini, e oltre a grandi processioni e pompose cerimonie, non vede più i problemi dei fedeli…Benedetto non vede che sta alienando se stesso dalla gran parte della Chiesa cattolica e della cristianità».

CORRIERE DELLA SERA – Scrive nell’editoriale di oggi Pierluigi Battista: «Il negazionismo sulla Shoah non è un’opinione personale…È in questa tragica guerra non conclusa che gli ebrei, proprio quando si celebra il giorno della memoria, apprendono sgomenti che un negazionista dichiarato come il lefebvriano Richard Williamson («neppure un ebreo è stato uccisono nelle camere a gas») possa diventare, per effetto della revoca della scomunica…, un vescovo della chiesa cattolica. Conforta certo sapere che nel mondo cattolico le parole di Williamson siano considerate aberranti…Ma il negazionismo, appunto, non è un’opinione privata…Non è un affare interno alla Chiesa…E le comunità ebraiche saggiamente non entrano nel merito delle scelte dottrinarie della Chiesa: chiedono solo che il negazionista Williamson non sia più vescovo». A pag 2 e 3 i servizi di attualità con un faccia a faccia fra gli storici Alberto Melloni («riassorbire i negazionisti? Così si disorienta la Chiesa») e Paolo Prodi («Il ritorno all’ovile può servire a battere l’antisemitismo»). Nel titolo di apertura di pag. 2, il capo della Cei Bagnasco replica alle accuse: “Contro il papa accuse strumentali”.

 

GIORNATA DELLA MEMORIA

AVVENIRE – Intervista al massimo storico dell’Olocausto, Saul Friedlander, secondo cui la Shoah è una memoria spontanea: «Il ricordo non può mai essere imposto, ma solo trasmesso. E quello del genocidio resta vivo».

LA STAMPA – «E se gli italiani fossero più antisemiti oggi che al tempo del fascismo, delle leggi razziali, e della caccia agli ebrei per mandarli a morire nelle camere a gas?». E’ il terribile dubbio che apre l’editoriale di Arrigo Levi oggi in prima pagina, «un dubbio che mi pesa sull’anima» scrive il giornalista, dopo l’inchiesta sull’antisemitismo in Italia pubblicata ieri da Il Corriere della Sera. «Lo stesso Corriere è rimasto così sconcertato dai dati da minimizzarli nel titolo, che dice “Sono antisemiti 12 italiani su 100″». In realtà non è così. A dirsi “a vario grado” antisemiti in Italia sono il 45%: chi (10%) per antigiudaismo “puro”, di matrice culturale o religiosa, chi «perché ritiene gli ebrei troppo potenti e poco patrioti» (11%); chi «perché ce l’ha con Israele e quella scocciatura che è la Shoah» chiosa Levi (12%). La storia sembra non aver insegnato nulla e a questo, secondo Levi, serve la Giornata della memoria, serve soprattutto ai non-ebrei: «la Shoah non ricorda una tragedia ebraica, ma una tragedia europea. Non riguarda le vittime ma i colpevoli. Il giorno della memoria non è fatto per ricordare gli ebrei morti, ma i non ebrei che li hanno ammazzati. E’ fatto per mettervi in guardia contro le idee ignobili dei carnefici, nella speranza che queste idee siano morte. Sembra che non lo siano».

 

FONDAZIONI BANCARIE

IL SOLE 24 ORE – Clamoroso (e quindi in prima pagina): le fondazioni bancarie non sono enti non profit. Lo dice la Cassazione, che quindi le esclude dalle agevolazioni dovute appunto al non profit. Cosa sono quindi? «Banche», risponde la suprema Corte, per l’influenza che hanno sull’attività di queste. Conseguenze? Niente esoneri dalla ritenuta sui dividendi e soprattutto niente sconto del 50% sull’Irpeg. L’impatto economico di questa sentenza per il SOLE è «difficile da quantificare» anche una scappatoia c’è: gli sconti sarebbero validi se la fondazione dimostrasse di aver dismesso, entro il 31 dicembre 2005 – come prevedeva la legge Ciampi – le partecipazioni di controllo dalle banche, e se dimostrassero altresì di aver perseguito in misura «prevalente» fini di interesse pubblico e utilità sociale invece che attività d’impresa.

 

OBAMA

IL MANIFESTO – Apre in prima con un articolo di Guglielmo Ragazzino che spiega l’importanza della scelta di Obama di puntare sul risparmio energetico e indirizzare la produzione di automobili americana verso modelli ibridi, alimentati cioè a gas e benzina. Tutto l’articolo è costruito sulla contrapposizione tra vecchio e nuovo, tra Bush e Obama. Tramonta quindi, secondo il giornalista, la Washington del petroliere W. Bush cedendo il passo a quella di un Obama ecologista e sensibile al problema dell’inquinamento. Inequivocabile la chiusura in cui i primi dieci giorni di Obama varrebbero più di cento di qualcun altro (Bush).

 

GAZA

IL MANIFESTO – Una pagina è dedicata all’accusa che solleva Amnesty International nei confronti di Israele. L’organizzazione non governativa infatti sostiene che Israele abbia usato, sui civili palestinesi, bombe al fosforo bianco. Cosa ancor più grave per Amnesty è che questo negare l’evidenza da parte dello stato israeliano non abbia permesso un tempestivo intervento e la possibilità di soccorrere in maniera adeguata i feriti che, in alcuni casi, hanno rischiato di morire. Amnesty sta valutando le azioni da fare. Prima porterà un rapporto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, poi si penserà ad eventuali azioni legali.

 


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