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Cooperazione & Relazioni internazionali

PESCA. Malta: aggrediti attivisti di Greenpeace

La Ong denuncia lo sfruttamento dei mari e il rischio di estinzione dei tonni rossi

di Redazione

Attivisti di Greenpeace, impegnati in un tour a bordo della nave Rainbow Warrior, sono stati violentemente aggrediti al porto di Malta mentre cercavano di effettuare un’ispezione pacifica del peschereccio spagnolo Cabo Tinoso Dos. Una di loro è stata presa a pugni sul viso dai pescatori, insieme agli altri strattonati con gli idranti. A scatenare la rabbia degli spagnoli è stato uno striscione che recava la scritta «Bluefin Tuna Massacre» (Massacro del tonno rosso), issato a denunciare la pesca pirata di una flotta industriale che minaccia l’intera industria del tonno rosso.

Il malessere manifestato da Greenpeace, però, non riguarda esclusivamente il recentissimo episodio, ma il «paradossale “piano di recupero”» gestito dall’Icaat, Commissione internazionale per la conservazione dei tonni dell’Atlantico (un’organizzazione intergovernativa di cui l’Unione europea è membro attivo), che consente di pescare il 47% in più rispetto al limite massimo sostenibile.

«La pesca eccessiva di questa flotta industriale, rischia di far scomparire completamente il tonno rosso», denuncia Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia. «I Governi dovrebbero istituire riserve marine protette nelle zone di riproduzione delle specie per cominciare a dare una chance di recupero alla popolazione».

Dal 2006, proprio gli scienziati dell’Iccat hanno suonato il campanello d’allarme sullo stato dello stock del tonno rosso. Hanno raccomandato di non pescare al di sopra di 15mila tonnellate e di proteggere le zone di riproduzione durante i mesi cruciali di maggio e giugno. La pescata effettiva per il 2007 è stata stimata a 61mila tonnellate, il doppio del limite legale consentito per quell’anno, e più di quattro volte il livello raccomandato per evitare il collasso della popolazione.

Mentre le flotte industriali continuano a saccheggiare nelle aree di riproduzione, le comunità locali, che pescano da generazioni, sono state ridotte a trasferire nelle gabbie gli ultimi esemplari di una specie minacciata, per metterli all’ingrasso prima di esportarli dall’altra parte del mondo.

http://www.greenpeace.org/international/press/video-previews


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