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Geldof: ma l’Italia è inaffidabile

Duro j'accuse del cantante e attivista irlandese alla vigilia del summit: «mantenete solo il 3% degli impegni»

di Carlotta Jesi

La povertà deve sparire. Se non la eliminiamo, non avremo mai un mondo stabile. L’architettura finanziaria globale è collassata e ora dobbiamo ricostruirla. Uno dei motivi per cui si è trattato di un crollo del sistema, e non interno al sistema, è che il 50% del pianeta, quello che vive con meno di 2 dollari al giorno, era escluso dal sistema. Non riesci a vivere con meno di 2 dollari al giorno. E c’è di più: escludendo dall’economia mondiale questo 50% di mondo, escludi la sua creatività, il suo dinamismo, le sue idee e la sua produttività. Abbiamo fatto un grande danno a noi stessi escludendolo finora.

Ora che ci accingiamo a costruire una nuova economia mondiale, non dobbiamo compiere gli stessi errori. Dobbiamo includere le persone che vivono nelle periferie delle economie marginali, dobbiamo includere l’Africa e gli africani, fosse anche solo perché possano comprare i nostri prodotti e noi i loro. E a quel punto, come è già accaduto nel resto del mondo, la questione “aiuti” scompare. Diventa inutile.

Oggi, però, non lo è. Non ci siamo ancora arrivati. Oggi l’aiuto stabilizza i poveri a un livello base. Riesce, talvolta, a raggiungere qualcuno e ad aiutarlo a stare in vita con un po’ di soldi, o un po’ di medicine, a fargli avere un po’ di educazione. A quel punto, può cominciare ad andare avanti con le sue gambe. Per riuscire a farlo, oggi guardiamo innanzitutto alle economie più ricche del mondo.

Come si stanno comportando nei confronti dei poveri? Gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone stanno rispettando, o superando, obiettivi modesti. Obiettivi meno ambiziosi di quelli che si sono dati i membri europei del G8.

Il Regno Unito e la Germania hanno fatto promesse molto ambiziose e si sono dati parecchio da fare per riuscire a mantenerle. Anche se, adesso, sono entrambi ancora un po’ indietro rispetto all’obiettivo prefissato, sia il laburista Gordon Brown sia il conservatore David Cameron nel Regno Unito hanno confermato il loro impegno a raggiungere la percentuale di aiuto allo sviluppo promessa ai poveri e hanno inserito nel budget le risorse necessarie per riuscirci.  Il che, in un momento di crisi interna è politicamente molto coraggioso e, al tempo stesso politicamente sensato.  La Germania  ha previsto nel suo budget un continuo aumento dell’aiuto allo sviluppo, ma probabilmente, e sfortunatamente, non riuscirà a raggiungere il suo target.

A parte qualche investimento in programmi di salute globale, la Francia ha fatto pochi progressi verso il raggiungimento del suo ambizioso obiettivo. Il che, considerato lo stato dell’economia francese e il suo forte legame culturale e storico con l’Africa, è patetico. E’ davvero patetico che quest’anno, per la prima volta nella storia, la Germania abbia superato la Francia nella sua co-operazione economica con l’Africa.

Poi c’è l’Italia, padrone di casa del G8 di quest’anno. I padroni di casa dell’anno scorso hanno mantenuto le promesse. I padroni di casa dell’anno prossimo hanno mantenuto le promesse.  L’Italia, invece, ha fatto solo il 3% di quanto il primo ministro Silvio Berlusconi ha promesso, a livello personale e come Paese, nel 2005. Ripeterò questa cifra di profonda disonestà: 3%. Quindi mi sembra quanto mai appropriato chiedere: cosa legittima l’Italia a ospitare e gestire il G8 di quest’anno? Come potremmo mai fidarci di un governo che fa promesse, non le mantiene e si aspetta di guidare le economie più ricche del mondo? Soprattutto quando stiamo parlando di una promessa solenne tra i ricchi e i poveri del mondo? Tra i potenti e i fragili. Se un indicatore per giudicare i governi è come si prendono cura dei fragili e come salvaguardano i deboli, l’Italia ha certamente fallito questa prova.


Sulla cancellazione del debito, i G8 stanno facendo bene, consentendo a 34 milioni di bambini di andare a scuola per la prima volta.  Sono 34 milioni di nuovi cervelli attivati sul nostro mondo. La crisi economica, tuttavia, potrebbe fermare il buon operato sul debito estero. E questo va evitato.

Ognuno di noi sa che solo attraverso il commercio le economie possono sopravvivere e garantire al vita ai loro cittadini. La buona economia e la buona società vanno a braccetto. L’Africa oggi produce appena il 3.5% del commercio globale, la percentuale più bassa in ogni regione del mondo. E questo nonostante l’economia africana sia la decima al mondo. Più grande del Brasile, dell’India, del Messico o della Russia. A ben guardare, l’unica economia emergente più grande dell’Africa è la Cina. Ma siccome si tratta di Africa, nessuno lo sa e nessuno ne parla. Sono noccioline.

C’è una forte urgenza nel rispettare le promesse fatte dai G8. Se non portiamo le persone che vivono ai margini e le loro economie all’interno del sistema dell’economia mondiale, se non le coinvolgiamo nel processo decisionale, qualunque tipo di sistema costruiremo dalle ceneri di quello che è appena collassato sarà sempre asimmetrico.  Calato dall’alto. Instabile. E quindi collasserà  ancora. E ovunque le persone soffriranno ancora. E qualcuno scenderà dal livello di sopravvivenza al livello di non esistenza, perché quando i ricchi diventano meno ricchi i poveri diventano anche meno poveri.

Nei prossimi giorni l’attenzione di tutti sarà rivolta verso l’Italia. Perché gli Stati Uniti e il resto dei G8, ad accezione della Francia, devono mantenere la solenne promessa fatta all’Africa e l’Italia no?

Vediamo se il Primo ministro Italiano presenterà un piano d’azione. Ma questa volta vorremo vedere la sua firma su un assegno prima di credergli un’altra volta. Vediamo se Berlusconi comprende la responsabilità globale che ha.  Vediamo se l’Italia mantiene le promesse con i poveri del mondo.

Bob Geldof (dal sito www.huffingtonpost.com)

 


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