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Summit ed Enciclica chi vincerà la sfida?

Il documento "sociale" del Papa uscirà negli stessi giorni del G8. Parla Andrea Riccardi

di Giuseppe Frangi

Spiega il fondatore della Comunità di Sant’Egidio: «Mi auguro che il testo del Papa diventi come una bandiera. Che stimoli ragionamenti ed esperienze nuove» Vincerà l’Enciclica o vincerà il G8? Per una coincidenza, chissà quanto voluta, l’atteso documento “sociale” del Papa esce proprio alla vigilia del vertice degli otto Grandi. Una sovrapposizione mediatica che un po’ inquieta Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e certamente uno dei testimoni più ascoltati del cattolicesimo sociale. Riccardi è reduce da un viaggio in Nicaragua e ha negli occhi immagini di immensa povertà. L’attesa dell’Enciclica, per lui, si lega proprio al destino di quei milioni di uomini che la globalizzazione ha lasciato ai margini.
Vita: La Caritas in veritate arriva in un momento di crisi profonda dei modelli che hanno dominato gli ultimi decenni. Si può dire che anche per la Chiesa si chiude una stagione cominciata con l’ottimismo della Centesimus annus, l’enciclica di papa Wojtyla scritta dopo la caduta del Muro?
Andrea Riccardi: Ma anche Giovanni Paolo II, pur nell’euforia di quel momento, aveva avvertito il pericolo che si correva e aveva messo dei paletti, per dire quanto fosse importante il requisito della giustizia sociale. È indubbio comunque che per tutti questi anni abbiamo vissuto una forma di euforia, quasi di provvidenzialismo del mercato che per forza propria avrebbe garantito la democrazia, la libertà, lo sviluppo. Come abbiamo constatato, le cose sono andate molto diversamente.
Vita: Quella visione provvidenzialistica aveva contaminato anche i cattolici?
Riccardi: Direi proprio di sì. E le conseguenze le misuriamo sul piano delle scelte e dei comportamenti. In questi anni abbiamo assistito ad un arretramento della presenza del povero nella vita ecclesiale: la Chiesa ha il “sacramento” del povero, perché in lui Gesù si riconosce. Certo, il discorso della Chiesa non può essere ridotto a quello di un’agenzia solidaristica. Ma se non si concepisce l’azione come approfondimento del mistero del povero, l’impegno si inaridisce. Anche per questo l’uscita dell’Enciclica oggi assume un grande valore.
Vita: In che senso? Non l’abbiamo ancora tra le mani…
Riccardi: Ne sono sicuro, perché questo testo ci aiuterà a ragionare. Ad andare oltre quegli opposti provvidenzialismi che hanno tenuto in ostaggio tanti cattolici in questi anni: quello marxista e quello mercatista, come lo definisce Tremonti.
Vita: Il Papa nel discorso ai parroci romani nel febbraio scorso, aveva detto che l’aspetto delicato di un’Enciclica come questa è dimostrare piena competenza sulla materia che tratta?
Riccardi: Sottolineatura giustissima. Non è più tempo di fare solo discorsi sui valori. E poi dobbiamo capire che cos’è un’Enciclica. Se prendiamo il caso di un documento analogo a quello che sta per uscire, la Rerum novarum, scopriamo come avesse recepito le istanze dei cattolici di allora, ed è diventata una specie di bandiera, un augurio perché certe posizioni ed esperienze crescessero e diventassero forti. Oggi la cultura cattolica invece è un po’ disarmata, è tentata dall’arroccamento esclusivamente su certi temi. Per cui mi auguro che l’Enciclica possa avere un effetto alla Rerum Novarum: che sia l’inizio di un ragionamento che intellettuali, operatori, realtà sociali e comunità faranno. E un inizio di esperienze nuove.
Vita: E un’Enciclica può creare un simile movimento?
Riccardi: Può dare una spinta, può diventare una bandiera, come dicevo. Io non sono un economista ma constato come la consapevolezza e l’alfabetizzazione dei singoli oggi siano altissime. Eppure il mondo economico è travolto da una desoggettivizzazione. Il provvidenzialismo del mercato ha liberato dalla fatica del pensare. Ma ora è arrivato il momento del “redde rationem”. La crisi ha aperto delle crepe in quei meccanismi che credevamo capaci di autogovernarsi. L’Enciclica quindi arriva per stimolare a pensare. A inquietarci. C’è una capacità critica che scaturisce dalla fede che ci spinge a vigilare senza essere infallibili.
Vita: La coincidenza con il G8 la preoccupa? Il documento del Papa finirà in un cono d’ombra mediatico?
Riccardi: È un rischio, inutile nasconderselo. Ma c’è anche un altro fattore che gioca a suo favore: viene pubblicata a Roma, nel Paese che ospita gli otto Grandi. E sul loro tavolo finirà senz’altro la questione delle nuove regole da dare al sistema finanziario. L’Enciclica su questo dirà cose importanti. Confido che ci sarà un “trasporto di pensieri”.
Vita: A quanto sembra, per la prima volta in un documento di questa importanza entrano le categorie di non profit e terzo settore?
Riccardi: È sintomatico di quanto sia urgente cercare anche nuove forme di organizzazione economica. Però su questo voglio aggiungere una cosa. Io conosco il non profit soprattutto per quanto riguarda le ong. Ebbene, mi sembra di vedere una crescente autoreferenzialità, vedo troppe istituzioni che vivono per alimentare se stesse, dimenticando quegli angoli del mondo dove milioni di uomini vivono schiacciati dalla povertà.
Vita: Una critica severa?
Riccardi: Non voglio scandalizzare, voglio solo indurre una riflessione. La cultura del sociale diventa decisiva se implica innovazione e coinvolgimento.
Vita: Un altro grande tema che sarà sul tavolo dei Grandi e che verrà trattato dall’Enciclica: l’immigrazione. Che ne pensa di quest’Europa che alza barriere?
Riccardi: Penso che sia una politica del tutto improduttiva. È illusorio pensare a innalzare dei muri, perché chi emigra è già in rete con il nostro mondo. Sa come si vive qui, vede quanto e come consumiamo. È un uomo che sa, che conosce. Ma che è costretto a vivere con un pugno di riso. È in rete con il mondo, ma solo a livello virtuale. A livello reale resta sprofondato nella povertà. È una situazione che non potrà reggere a lungo. E la soluzione è una sola: creare imprese là dove questi milioni di uomini vivono. Investire sulle ricchezze che l’Africa ha e che sono la soluzione ai suoi problemi.


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