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Solidarietà & Volontariato

Il mio summit nella tenda 17

La prima giornata del vertice raccontata da Cocetta Trecco terremotata e direttrice Csv Aquila

di Lorenzo Alvaro

«Il G8 è a 300 metri in linea d’aria ma sono anni luce, dentro ai campi il summit arriva solo attraverso la stampa». E’ il primo commento che arriva dalla tenda numero 17 del campo Acquasanta, quello famoso nello stadio dell’Aquila rugby, dove vive dal 6 aprile scorso Concetta Trecco, la direttrice del Csv Aquila.
«In questo momento mi occupo della rimodulazione delle nostre attività che hanno dovuto adeguarsi alla situazione», dopo il terremoto il Csv, cha ha due tensostrutture come ufficio sempre ad Acquasanta, ha cominciato un’attività di sostegno alla popolazione.
In questi giorni, l’attenzione è dominata dal summit degli otto grandi, e tutto gli occhi del mondo sono rivolti a L’Aquila, teatro ancora segnato dal recente terremoto. In molti si occupano di politica in queste ore, in pochi di chi vive da tre mesi nelle tende come dimostra l’ironia dei comitati cittadini che hanno esposto un’enorme scritta, facendo il verso alla campagna del neo presidente Usa Obama «Yes we camp».
Ma come si vive l’evento nelle tendopoli? Quali speranze, se ci sono, gli aquilani hanno sulle decisioni dei grandi della terra? Insomma qual’è il polso di un popolo di una piccola città italiana che per la seconda volta in pochi mesi si trova al primo posto nell’agenda dei media di tutto il mondo?
Concetta Trecco ha provato a dipingere la situazione. «Il fatto che non sia una settimana come le altre lo si capisce dalle regole molto più rigide, dai controlli in entrata e in uscitra dai campi e dallo spiegamento di forze in città». Per entrare nelle tendopoli infatti bisogna esibire dei pass, sia per residenti che per visitatori e in città si circola difficilmente a causa delle zone blindate «l’altra sera, volendo proiettare un film sul terremoto, siamo dovuti andare a prendere il dvd al campo Murata gestito dalla Cgil che sta nel paese di Coppito parallelo alla scuola della guardia di Finanza e vicino alla zona rossa. Siamo dovuti entrare accompagnati e sottostare a diversi controlli». L’unica aspettativa che la gente ha è legata alla ricostruzione «noi ci aspettiamo che i grandi adottino i monumenti e i paesi, altrimenti tutto questo sarà inutile» sopratutto alla luce della situazione in cui versa la città. «Qui è il deserto. Ci sono solo poliziotti, militari e i volontari della protezione civile. Gli aquilani o sono in tenda o si sono rifugiati in montagna e al mare. Non ci sono attività commerciali funzionanti a parte rari casi. E’ tutto fermo».
Insomma «c’è un errore di prospettiva, il G8 è fuori, lontano e al massimo è un problema in più che si aggiunge ad una quotidianità già molto difficoltosa. L’unica speranza è che tutto questo serva veramente. Serva a far vedere la realtà di un paese messo in ginocchio e a smuovere la ricostruzione».


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