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Mercificazione del lavoro, parole da profeta

L'Enciclica letta da Nichi Vendola, governatore della Puglia

di Sara De Carli

«Il Papa colpisce nel segno quando rileva che la precarizzazione
dei processi produttivi è una mina per la coesione sociale. Solo sull’immigrazione mi sarei aspattato parole più coraggiose» Il punto più alto e innovativo dell’Enciclica, il più radicale, per Nichi Vendola è quello che salda la destrutturazione del mercato del lavoro con il rischio di una crisi antropologica. Anzi, per essere precisi – cita il passo a memoria, ma lo cita alla perfezione – con il «degrado umano». «C’è un’ispirazione da profeta veterotestamentario, in questo passaggio, che apprezzo profondamente», dice. «Mentre fino a oggi abbiamo visto progressivamente attenuarsi lo spirito di indignazione, la capacità di testimoniare il dolore dei poveri e il coraggio di indicare ai ricchi più volgari che storia abbia mai conosciuto, quelli arricchiti da un’economia che ha messo in primo piano la finanza e marginalizzato il lavoro, la strettissima latitudine della cruna dell’ago». Il governatore della Puglia, primo presidente di Regione eletto nelle liste di Rifondazione comunista, oggi leader di Sinistra e Libertà, a poche ore dalla pubblicazione dell’enciclica sociale di Benedetto XVI ha già le idee chiare.
Vita: Cosa la colpisce in particolare?
Nichi Vendola: Una scelta che precede l’articolazione dello scritto: l’idea che il punto più acuto di una crisi economico-finanziaria che ha chiuso una stagione della globalizzazione sia la scena adeguata per una riflessione sulla povertà e la ricchezza. È in sé una scelta forte, perché ricchezza e povertà sono state nozioni sottratte alla storicità, assunte quasi come dati di natura. Il punto più forte, in questo contesto, è quello che definisce la precarizzazione dei processi produttivi e la precarietà come condizione soggettiva, attentato alla coesione sociale, una mina per tutti gli istituti che fanno vivere la socialità, lo spirito di comunità e i progetti di cooperazione fra esseri umani.
Vita: Un giudizio molto duro, il suo?
Vendola: Questa Encliclica va collegata alla Sollecitudo rei socialis, la scultura più bella della dottrina sociale della Chiesa, una radiografia definitiva dei mali della società contemporanea che già riusciva a tirar fuori dalla camera oscura e a imprimere su pellicola la patologia intrinseca del capitalismo: la centralità del profitto, la mercificazione del mondo e della vita, la reificazione e l’alienazione degli esseri umani. Oggi la Chiesa ha la necessità di guardare in profondità il cuore di tenebra di questo mondo secolarizzato, che può essere anche essere molto lusinghiero, adulatore nei confronti della Chiesa o della fede, perché li ingloba come spazi di mercato. Si può costruire l’industria della santità, e tutto sommato un certo spiritualismo commerciale non contraddice la secolarizzazione integrale che viviamo. In questo quadro è necessario cercare di capire perché il terreno ci sta franando sotto i piedi, perché altrimenti ci ritroviamo una Chiesa che trionfa mentre Dio muore. Un Papa, di fronte a questo rischio, non può che gettare il cuore oltre l’ostacolo e andare a sondare gli abissi del male.
Vita: Per vedere cosa?
Vendola: Che la caratteristica di questi abissi è la perdita del senso della giustizia. Il pontefice ci ricorda che la caritas – che non è la carità pelosa ma lo sguardo stesso di Dio, che è caritas sine modo, amore smodato – non consente di essere ridotta a una specie di galateo, a un codice deontologico o a una riserva di buoni sentimenti. L’amore ha un nesso indissolubile con la verità e la giustizia non è che il cammino che mette insieme le due.
Vita: Dell’Enciclica si può dare anche una lettura politica, di un Ratzinger conservatore nel campo dell’etica e della morale e innovativo nel giudizio storico. La cosa la stupisce?
Vendola: Le due cose convivono. Anche in questa Enciclica ci sono molte parti conservatrici, per esempio la parte sulla sessualità, lo sviluppo demografico e il terzo mondo, più attenta a presidiare i dogmi della dottrina che a indagare quel che accade lì. Il Papa fa un passo importante quando dice che ci sono beni come il cibo e l’acqua che non sono merci, che dovrebbero essere diritti universali, è molto forte quando definisce cosa è il “bene comune”, ma quando si occupa di sessualità e demografia o di crisi ambientale il suo sguardo è più sulla dottrina che sulla storia, più preoccupato della diffusione dei contraccettivi che di capire cosa determina l’esclusione di tanti mondi dalla possibilità di vivere degnamente.
Vita: Perché l’ambiente?
Vendola: Ribadisce che non si può sacralizzare la natura, un punto su cui cristianesimo e marxismo vanno d’accordo, ma non affronta il nodo: la crisi ambientale non ci concederà i tempi supplementari. Ci vuole un ripensamento neofrancescano, nel senso di una passione assoluta per il vivente che riscriva l’agenda della politica. Onestamente questi sono i pezzi che ho trovato più deludenti. Anzi ce n’è anche un altro.
Vita: Quale?
Vendola: Quello sui migranti. Il Papa accetta il senso comune della realpolitik. Sostanzialmente dice che il fenomeno delle migrazioni è molto complesso, che bisogna governarlo ma senza dimenticarsi dei diritti umani. È un atteggiamento emendativo rispetto alle politiche migratorie, che invece, per come si sono determinate, sono strutturalmente nemiche dei diritti umani: non è una cattiva applicazione di buone leggi a determinare la strage dei migranti nei nostri mari. Dal mio ufficio vedo il mare e non posso fare a meno di pensare che queste onde sono le twin towers dei poveri e che i 4mila cadaveri persi nel Mediterraneo non sono un effetto collaterale ma la logica coseguenza di una politica della globalizzazione che prevede la sacralità della libera circolazione di merci e capitali e per gli esseri umani prevede barriere, dogane, documenti e respingimenti.
Vita: E quindi?
Vendola: Quindi io mi aspetterei un grido più profetico da parte della Chiesa, tanto più ora, che siamo tutti concentrati a guardare l’ombelico della nostra crisi economico-finanziaria e non ci poniamo alcun problema su cosa questo riverbera nei continenti della povertà.
Vita: Paolo VI è il Papa il più citato. Qual è il Papa che le fa più battere il cuore?
Vendola: Se chiudo gli occhi e immagino di essere sul punto limite della mia vita, avrei voglia di essere accompagnato dal Papa buono e dal suo discorso alla luna.


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