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Sanità & Ricerca

ABORTO. Dal 2010 dati su Ivg e diagnosi di malformazione

Lo ha annuciato ieri il sottosegretario Roccella

di Sara De Carli

A decorrere dal 2010, verranno raccolte anche informazioni sull’eventuale presenza di diagnosi di malformazioni nel caso di IVG dopo i 90 giorni. Lo ha annunciato il sottosegretrario Eugenia Roccella ieri, presentando la relazione annuale sull’attuazione della legge 194.

I dati infatti parlano di una leggera crescita degli aborti terapeutici, effettuati cioè dopo i 90 giorni, oggi al 2,8% del totale. La crescita è di pochi decimi percentuali l’anno (era del 2,7 nel 2005), ma costante: nel 1997 era pari all’1,7%. Nel 2007 rispetto al 2005 sono aumentate soprattutto le Ivg tra le 16 e le 20 settimane.

«A differenza delle interruzioni di gravidanza effettute entro i 90 giorni», dice la relazione, «quelle effettuate dopo tale termine riguardano nella gran parte dei casi gravidanze interrotte in seguito a risultati sfavorevoli delle analisi prenatali a cui le donne straniere hanno generalmente minore accesso per difficoltà di conoscenza e costi non trascurabili. Non desta quindi meraviglia che tra le donne di cittadinanza estera che sono ricorse all’IVG nel 2007 si osservino percentuali più basse di interventi oltre le 12 settimane, per il motivo sopra citato e forse anche per la maggior presenza di donne giovani nella popolazione immigrata. Si sottolinea anche la diversità per area geografica che potrebbe essere giustificata da una maggiore disponibilità di servizi che effettuano IVG oltre 90 giorni nel Nord e Centro Italia»: le IVG effettuate dopo la 12esima settimana sono infatti il 3,6% del totale IVG effettuate al Nord (con picchi del 7,1% in Fiuli Venezia Giulia e del 6,9% in Veneto), il 2,9% di quelle al Centro, mentre scendono all’1% nell’Italia meridionale (il dato più basso è quello campano, lo 0,4%) e al 2,5% nelle Isole (con la Sardegna al 3,9%). Il dato italiano di IVG a elevate età gestazionali è in media con quello danese: la Francia si ferma al 2,2%, la Germania all’1,7. L’Inghilterra sale al 10,3%, gli Usa al 10,8%, l’Olanda al 14,5%.

In allegato la relazione.


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