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Famiglia & Minori

famiglia affidataria, cioè normale

Anche tu puoi aprire le porte di casa

di Redazione

Con la nascita dei nostri due figli, ci eravamo accorti che nulla era più come prima. Il nostro modo di vivere il lavoro era diverso, il nostro sentirci cittadini era cambiato, le relazioni con gli amici si erano modificate. Insomma, il nostro “essere una famiglia” e non più una coppia, non era indifferente.
Pian piano, riflettendo sul nostro essere famiglia e su quale famiglia volevamo essere, ci siamo accorti che nella nostra testa e nei nostri cuori, ma anche nella nostra casa e nei nostri tempi, c’era posto per qualcuno d’altro, oltre a noi due e ai nostri due figli. Da qui è nata l’idea che potevamo diventare dei genitori affidatari e i nostri figli… fratelli affidatari.

Quando suona il telefono
In seguito al percorso di discernimento e selezione con i servizi del Comune di Milano, veniamo inseriti nella banca dati. Poi tutto tace per quasi un anno.
All’improvviso un giorno suona il telefono. È l’assistente sociale: «C’è un bambino di 4 anni che potrebbe essere un buon abbinamento con voi». Il momento tanto atteso era arrivato.
È stato il panico. Saremo adatti? Ce la faremo? Ma proprio adesso che… (il momento non sembra mai quello giusto). Saremo capaci di volere bene ad un bambino non nostro? E i nostri figli, ne soffriranno? Tante domande, tanta paura ma anche tanta voglia di provare.
È stato allora che abbiamo sentito il bisogno di non essere soli, di avere qualcuno con cui confrontarci, a cui confidare le paure e con cui condividere gli slanci, qualcuno che ci aiutasse a scegliere. Avevamo sentito parlare di Pàzol-Una rete per l’accoglienza: abbiamo telefonato e siamo stati invitati alla riunione della settimana seguente. Da allora siamo entrati a farne parte. Pochi giorni prima di Natale M. è arrivato a casa nostra.
Due anni di avventura
Sono stati due anni belli pieni. Non possiamo nascondere che ci siano stati momenti di difficoltà e di stanchezza, ma le gioie e le soddisfazioni sono state maggiori. Il vedere un bimbo di 4 anni crescere e cambiare grazie a delle normali relazioni famigliari che prima non aveva potuto sperimentare, l’accorgersi della profondità delle relazioni di cura, della capacità di noi adulti di “innamorarci” di un figlio non nostro, dei bei rapporti fraterni creati fra M. e i nostri due figli, verificare la nostra e la sua capacità di contraccambiare affetto: sono tutte cose che danno non poca gioia.
Ora l’affido è finito e M. è stato definitivamente adottato da una famiglia, insieme ai suoi due fratelli. Oggi possiamo dire che non è stata un passeggiata, ma sicuramente è stata una bella avventura, a volte faticosa, ma certamente ricca di soddisfazioni. Noi e i nostri figli siamo cambiati e cresciuti, una relazione con un bambino non ti lascia mai uguale a prima. Anche i nostri figli hanno acquisito delle sensibilità rispetto alle relazioni ed alle storie di chi gli sta accanto, che altri loro coetanei non hanno.

Niente eroi, please
Per fare un affido non bisogna essere degli eroi, anzi diremmo che per fare un affido bisogna essere una famiglia normale, semplicemente una famiglia che non ama la routine e abbia un po’ di voglia di incasinarsi la vita, ma diversamente che noia sarebbe! È proprio la normalità delle relazioni di cura che si vivono all’interno della famiglia la risorsa fondamentale per fare un buon affido.
Di un’altra cosa siamo certi, la nostra partecipazione prima a Pàzol-Una rete per l’accoglienza, che è la rete di famiglie affidatarie di Milano e poi a La Carovana- Famiglie accoglienti in movimento, che è l’associazione che raccoglie diverse reti lombarde, è stato uno degli elementi indispensabili per vivere appieno e serenamente il periodo dell’affido.

Perché le reti
Le reti di famiglie rappresentano una nuova modalità operativa per rendere possibili e duraturi interventi di aiuto ai minori in difficoltà. Le persone che le compongono sentono la necessità di condividere questi interventi di sostegno sia sotto forma di confronto, sostegno e incoraggiamento reciproco, sia da un punto di vista più operativo.
Gli obiettivi delle reti sono molteplici: superare l’isolamento delle famiglie affidatarie, trasformando le diverse forme dell’affido in un’esperienza condivisa; rafforzare le competenze delle famiglie affidatarie con percorsi di formazione; attivare e sostenere il protagonismo delle famiglie per promuovere nelle comunità locali una cultura dell’accoglienza.
Proprio a partire dai saperi costruiti in questi anni, La Carovana organizza un convegno il 10 ottobre 2009 a Milano: «Sognando con la porta aperta. La famiglia come attore di cura sociale».


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