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Sussidiarietà, la svolta di Ratzinger

Una parola chiave della «Caritas in veritate»

di Gregorio Arena (Cittadinanza Attiva)

Il Papa imprime una notevole innovazione a questo principio cardine. E lo collega a carità e libertà. In una propettiva personale e relazionale L’Enciclica Caritas in veritate introduce una notevole innovazione per quanto riguarda l’interpretazione del principio di sussidiarietà. Essa infatti supera l’originaria concezione “antagonistica” che di tale principio diede Pio XI nel 1931 nell’enciclica Quadragesimo Anno, per sottolineare invece da un lato il nesso strettissimo fra la sussidiarietà e la libertà e dignità della persona, dall’altro i profili relazionali di un principio cui viene attribuita in questa Enciclica la valenza di «manifestazione particolare della carità».
Sebbene il termine sussidiarietà ricorra per 13 volte nell’intera Enciclica, la trattazione più importante ed impegnativa di tale concetto si trova nel Capitolo V, dedicato alla «Collaborazione della famiglia umana».

Una nuova definizione
di sussidiarietà
Nel Capitolo V, dopo aver a lungo e da diverse prospettive sottolineato l’importanza della relazionalità come elemento essenziale dell’umano, l’Enciclica afferma che «manifestazione particolare della carità e criterio guida per la collaborazione fraterna di credenti e non credenti è senz’altro il principio di sussidiarietà, espressione dell’inalienabile libertà umana. La sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perché favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità. La sussidiarietà rispetta la dignità della persona, nella quale vede un soggetto sempre capace di dare qualcosa agli altri. Riconoscendo nella reciprocità l’intima costituzione dell’essere umano, la sussidiarietà è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista. Essa può dar conto sia della molteplice articolazione dei piani e quindi della pluralità dei soggetti, sia di un loro coordinamento».

Sussidiarietà come
manifestazione di amore
Risalta, in questo brano, come la definizione della sussidiarietà sia costruita intrecciando fra loro tre concetti diversi.
In primo luogo, essa è «manifestazione particolare della carità». Tenendo conto che «la carità è amore ricevuto e donato» (par. 5), ciò equivale a dire che «la sussidiarietà è un modo particolare per manifestare amore» verso gli altri. Lo è perché «la sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perché favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità».
La sussidiarietà è un modo particolare di amare gli altri in quanto, facendo leva sull’autonomia dei corpi intermedi, li aiuta a sviluppare le proprie capacità, a realizzare se stessi, rendendoli pienamente autonomi. Essa «implica sempre finalità emancipatrici», cioè letteralmente finalità di liberazione, tant’è vero che poco dopo viene definita «l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista». La sussidiarietà inoltre favorendo «la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità», favorisce lo sviluppo di soggetti liberi, attivi, responsabili e solidali, capaci di prendersi cura del bene comune.
Questa concezione della sussidiarietà come principio suscitatore di energie, di capacità, in una parola di sviluppo, è poi ulteriormente rafforzata dall’affermazione secondo la quale «la sussidiarietà rispetta la dignità della persona, nella quale vede un soggetto sempre capace di dare qualcosa agli altri».
È dunque un principio rispettoso da un lato dell’autonomia di ciascuno, intesa come capacità di operare scelte di cui ci si può assumere la responsabilità, dall’altro della sua dignità, perché ogni essere umano ha risorse che possono contribuire al proprio ed altrui sviluppo, ovvero è «sempre capace di dare qualcosa agli altri».
Il nesso fra sussidiarietà e sviluppo in questa Enciclica è fortissimo, in quanto «lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli: nessuna struttura può garantire tale sviluppo al di fuori e al di sopra della responsabilità umana» (par. 17). E dunque la sussidiarietà favorendo «la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità» favorisce lo sviluppo di ciascuno e di tutti.

La collaborazione di tutti
per il bene comune
Non è del resto un caso se la sussidiarietà viene trattata all’interno del capitolo riguardante la «Collaborazione della famiglia umana». Perché questo principio è anche «criterio guida per la collaborazione fraterna di credenti e non credenti» nel perseguimento del bene comune, definito come «il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale (…). Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni» (par. 7).

Espressione di libertà
Ma la sussidiarietà non è soltanto manifestazione di carità e criterio ispiratore della collaborazione all’interno della grande famiglia umana in vista del pieno sviluppo di ciascuno. Essa è anche «espressione dell’inalienabile libertà umana». «Solo se libero, lo sviluppo può essere integralmente umano; solo in un regime di libertà responsabile esso può crescere in maniera adeguata» (par. 17).

Sussidiarietà e solidarietà
In conclusione, emerge nella Caritas in veritate una prospettiva nuova della sussidiarietà, che si potrebbe definire al tempo stesso personalista e relazionale. Da un lato infatti il principio viene in più modi fortemente ancorato alla persona umana, alla sua libertà e dignità, alle sue aspettative di sviluppo. Dall’altro, questa stessa persona è sempre considerata come parte attiva di una comunità, all’interno di una fitta rete di relazioni intessuta di diritti e di doveri.
Anche per questo il paragrafo successivo a quello esaminato afferma con chiarezza che «il principio di sussidiarietà va mantenuto strettamente connesso con il principio di solidarietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno» (par. 58). E la solidarietà è definita con una bella espressione: «Sentirsi tutti responsabili di tutti» (par. 38).


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